Università, l’offerta è globale: chi non fa sistema è perduto

Università, l’offerta è globale: chi non fa sistema è perduto

di Donato Iacobucci
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 29 Marzo 2023, 06:15

La scorsa settimana è stato pubblicato il QS World University Rankings, una delle più note e accreditate classifiche delle università, che prende in considerazione 1400 atenei a livello mondiale. Le università italiane presenti nella classifica sono 41, meno della metà dei quasi 100 atenei del nostro paese. Delle università marchigiane l’unica presente è l’Università Politecnica delle Marche, classificata nella fascia fra 800 e 1000 e al ventiquattresimo posto fra le università italiane.

Tutte le classifiche sono opinabili poiché dipendono dai parametri presi in considerazione. Le classifiche QS pongono particolare rilevanza all’eccellenza nella ricerca ma anche ad altri aspetti, fra i quali il grado di internazionalizzazione dei docenti e degli studenti. Questi ultimi aspetti penalizzano notevolmente le università italiane, che salvo poche eccezioni sono poco internazionalizzate. La condizione necessaria per attirare docenti e studenti stranieri è, infatti, l’erogazione di corsi in lingua inglese. Una condizione che avvantaggia le università dei paesi di lingua inglese. Nelle università italiane è aumenta l’offerta di corsi in lingua inglese, ma il loro numero continua ad essere limitato rispetto al totale dei corsi. Per rimanere nella nostra regione, l’Università Politecnica delle Marche ha al momento una laurea triennale e cinque lauree magistrali interamente in lingua inglese e diversi corsi di laurea che prevedono insegnamenti in lingua inglese. La diffusione dei corsi in lingua inglese non è né semplice né condivisa.

Qualcuno ricorderà le polemiche, arrivate fino al contenzioso giudiziario, per la decisione degli organi di governo del Politecnico di Milano di erogare in lingua inglese tutte le lauree magistrali. Alla fine l’ateneo ha dovuto fare marcia indietro e procedere con maggiore cautela. Il Politecnico di Milano è comunque fra i più internazionalizzati in Italia e non a caso figura al primo posto fra gli atenei italiani del QS Ranking; seguono al secondo posto l’Università di Bologna e al terzo La Sapienza di Roma. Con posizioni che, però, non sono fra le prime a livello mondiale: il Politecnico di Milano è al posto 139, l’Università di Bologna al 167 e La Sapienza al 171.

Queste posizioni non rendono giustizia alla qualità della ricerca e della formazione svolta nelle università italiane, penalizzate dal diverso contesto istituzionale di cui i ranking non tengono conto. Per rendere un’idea di queste diversità è utile riferirsi alla prima università del QS Ranking: il MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. A fine ottobre 2022 il MIT dichiarava 11.858 studenti, meno di quelli dell’Università Politecnica delle Marche. Frutto di una selezione feroce; ogni anno è ammesso meno del 10% degli studenti che fanno domanda. A fronte di questo numero di studenti il MIT ha oltre 16.000 dipendenti, dei quali circa 2.000 docenti.

Nel 2022 il MIT ha dichiarato entrate per 4,3 miliardi di dollari, che equivalgono all’incirca alla metà degli 8,6 miliardi di Euro che il Ministero dell’Università e della Ricerca ha destinato nel 2022 all’intero sistema universitario italiano. Se si facesse una graduatoria che considera i risultati di ricerca e di formazione in rapporto alle risorse disponibili gli atenei italiani finirebbero sicuramente ai primi posti. E’ ovvio che con questa scarsa dotazione di risorse gli atenei italiani faranno sempre più fatica a reggere la competizione internazionale; con l’ulteriore rischio di accentuare le disparità all’interno del nostro paese fra i principali atenei e quelli localizzati nelle regioni periferiche. Il sistema della formazione terziaria va rapidamente internazionalizzandosi.

E’ in crescita la quota di studenti che si muove in un contesto internazionale, soprattutto nella scelta dei master e dei dottorati. Per le università italiane, e ancor più per le università della nostra regione, sarà sempre più importante la capacità di attrarre flussi da fuori regione e dall’estero. E’ una sfida fondamentale, soprattutto per una regione periferica come le Marche. E che non potrà essere vinta dai singoli atenei ma solo agendo come sistema: sistema delle università e sistema delle istituzioni.

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

© RIPRODUZIONE RISERVATA