Aiutiamo a nascere nuove imprese con progetti come NextAppennino

Aiutiamo a nascere nuove imprese con progetti come NextAppennino

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 5 Ottobre 2022, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 00:15

Ieri pomeriggio a Fabriano è stato presentato il Rapporto sull’imprenditorialità nelle Marche realizzato in collaborazione fra l’Università Politecnica delle Marche e la Fondazione Aristide Merloni. Lo studio prende in considerazione la nascita di nuove imprese. Non è l’unica manifestazione dell’imprenditorialità ma ne è sicuramente l’aspetto più significativo. Ad esso corrisponde l’interesse delle persone ad impegnarsi nell’avvio e nello sviluppo di nuove iniziative, con quanto questo comporta in termini di impegno e coinvolgimento individuale, di assunzione di responsabilità verso fornitori e collaboratori, e di rischio associato al mancato raggiungimento degli obiettivi.

L’attenzione per l’avvio di nuove imprese nasce dal fatto che la vivacità imprenditoriale di un territorio è il principale fattore che ne condiziona le possibilità di sviluppo economico e sociale poiché influisce sulla capacità di creare occupazione, reddito e innovazione. L’avvio e lo sviluppo di nuove imprese è anche un potente strumento di mobilità sociale e di democrazia economica, poiché consente l’ingresso di nuovi protagonisti. La motivazione ad impegnarsi nell’avvio di una nuova impresa non è quasi mai esclusivamente economica e fa perno soprattutto sulla ricerca di indipendenza, sull’autorealizzazione e sul riconoscimento delle proprie capacità. E’ difficile capire se si hanno attitudini imprenditoriali prima di averle sperimentate; per questo è importante che un numero quanto più elevato di persone, soprattutto di giovani, sia coinvolto nell’avvio di una nuova impresa. Purtroppo, il nostro paese è diventato negli anni un terreno sempre meno accogliente per l’avvio di nuove imprese.

L’ultima edizione del “Doing Business”, la classifica della World Bank che misura la facilità nell’avvio e nella gestione d’impresa, pone l’Italia al cinquantottesimo posto su 190 paesi. Non siamo nelle parti basse della classifica ma siamo significativamente più in basso di quasi tutti i paesi industrializzati. Non è un caso che da diversi anni i confronti internazionali ci pongono agli ultimi posti negli indicatori di vivacità imprenditoriale della popolazione.

Le cause di questa situazione sono molte e complesse. A partire da un sistema dell’istruzione poco attento a favorire creatività e spirito di iniziativa, fino ad un sistema normativo e regolatorio complesso e farraginoso, al limite del vessatorio.

La regione Marche non fa eccezione rispetto a questo quadro e nell’ultimo decennio ha seguito il trend negativo nell’avvio di nuove imprese che si è registrato a livello nazionale. Tuttavia, vi sono degli aspetti di vivacità imprenditoriale nella nostra regione che vanno sottolineati e sostenuti. Il primo riguarda la maggiore vivacità rispetto alla media nazionale nell’avvio di imprese nel settore manifatturiero; il secondo è la notevole vivacità nell’avvio di imprese a più alto contenuto di conoscenza (le attività cosiddette high-tech). Si tratta in entrambi i casi di un ottimo segnale poiché ai fini dell’impatto sull’occupazione, sul reddito e sulla capacità innovativa la qualità delle nuove iniziative è più importante della quantità. Le imprese che si avviano in questi settori richiedono competenze e conoscenze specifiche oltre che un maggiore impiego di capitale rispetto alla media.

Per questa tipologia di imprese, più di altre, si evidenzia però una tendenza alla concentrazione territoriale nelle principali aree urbane e nelle aree in cui è più elevata la presenza di distretti manifatturieri. Ciò rischia di allargare le disparità territoriali all’interno della regione, soprattutto verso le aree interne. Su questi aspetti si è posta specifica attenzione nell’incontro di Fabriano nel quale sono state illustrate le misure previste nel programma NextAppennino il programma per il rilancio economico e sociale delle aree del centro Italia colpite dai terremoti del 2009 e del 2016, finanziato dal Fondo Complementare al Pnrr per le Aree Sisma. Settecento milioni di euro sono destinati a sostenere l’avvio e lo sviluppo delle imprese in queste aree. Si tratta di risorse importanti e che se ben indirizzate potranno effettivamente determinare un’inversione di tendenza rispetto al passato.

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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