Il rischio dell’accoglienza e la salvaguardia dei figli

Il rischio dell’accoglienza e la salvaguardia dei figli

di Don Aldo Buonaiuto
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Domenica 9 Gennaio 2022, 10:05

«Quanti bambini nel mondo aspettano che qualcuno si prenda cura di loro! E quanti coniugi desiderano essere padri e madri ma non riescono per motivi biologici; o, pur avendo già dei figli, vogliono condividere l’affetto familiare con chi ne è rimasto privo. Non bisogna avere paura di scegliere la via dell’adozione, di assumere il ‘rischio’ dell’accoglienza». È un passaggio della catechesi che Papa Francesco, nella prima udienza generale del 2022, ha dedicato alla figura di San Giuseppe, sposo di Maria Vergine e padre putativo di Gesù. Subito dopo il Natale il Pontefice ci invita a contemplare un Dio che si è fatto bambino per permettere a ognuno di imparare ad accogliere il piccolo, l’ultimo, colui che, strappandoci dalla nostra indifferenza, ci salva dalla solitudine.

L’uomo non dovrebbe mai chiudersi in se stesso, ma aprire il cuore verso l’altro per un amore più grande, senza limiti, educandosi alla comprensione reciproca e alla capacità di condividere con gioia. La sterilità fisica, inoltre, non preclude all’uomo o alla donna di divenire padre e madre: tanti bambini, ogni giorno, vengono abbandonati dai propri genitori naturali per problemi economici, sociali o perché i neonati sono malati e con malformazioni più o meno gravi. Per tali motivi numerosi orfani attendono persone con una genitorialità grande, che travalica i confini dei consueti legami parentali, pronte ad accoglierli in casa e ancor prima nel proprio cuore, strappandoli dalla solitudine e dalla sofferenza causata dal non aver nessuno con cui crescere. Gesù ci ha insegnato una forma di Amore rivoluzionaria, impressionante; il Suo modo di amare ha fatto da ponte per spingere le umane creature a credere in un Dio-famiglia, un Dio Trinitario, che abbraccia sul serio chiunque, senza preferenze, indistintamente, e che non si arrende mai a nessuna forma di odio.

La maternità di Dio fa crescere l’individuo rendendolo amabile, mentre la sua paternità spinge la persona a essere coraggiosamente alterocentrista. Sono questi i principi che dovrebbero sollecitare l’intera collettività e soprattutto le istituzioni a soccorrere i nuclei familiari più fragili e salvaguardare i figli affinché crescano in modo sano ed equilibrato.

I bambini, purtroppo, sono l’anello più debole della catena e spesso non si pensa adeguatamente al loro futuro e ai drammi che vivono. Secondo una visione veramente inclusiva dello Stato il lavoro, l’economia e l’organizzazione sociale sono al servizio e tutelano l’uomo non lasciando indietro nessuno e prendendosi cura del creato, delle sofferenze degli esclusi, di ogni vita soprattutto quando è indifesa, fragile e debole. Dare una risposta al grido dei poveri significa attuare un’economia solidale, rispettosa del pianeta e della dignità delle persone soppiantando strutture finanziarie ingiuste, politiche a breve termine e pratiche obsolete.

Grazie a Dio sono molte le famiglie che scelgono di rigenerare i figli nell’amore accogliendo, oltre alla propria prole naturale, i bambini con gravi handicap e disagi, quelli che nessuno vuole, e rendendosi aperte anche a chi è solo, abbandonato, vive ai margini della società e chiede soltanto un po’ di attenzione e di calore umano. Sono questi i segni visibili di una Chiesa, una società che sente il senso di appartenenza scegliendo di mettere la propria vita con quella degli ultimi, coloro che non hanno voce e quasi chiedono scusa di esistere. Come è bello vedere una comunità ecclesiale pronta a seguire libera il soffio leggero dello Spirito Santo spogliandosi del superfluo per non rimanere appesantita, impantanata nella melma dello spirito del mondo! Chi testimonia autenticamente la vita cristiana non può lasciar correre in maniera rassegnata un mondo individualista che elimina il “noi” a favore dell’“io”, ma deve adoperarsi affinché prevalga la pratica dell’amore gratuito e incondizionato. Guardiamo a questo nuovo anno con speranza e ottimismo: nell’uomo c’è ancora tanta voglia di condividere il bene. Solo questa è la strada per non perdere mai la forza e la voglia di sognare, il desiderio di verità, l’amore che non delude e la giustizia che non illude.

* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII 

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