Amore e fede soccorrono un mondo scosso da guerre, ingiustizie e violenze

Amore e fede soccorrono un mondo scosso da guerre, ingiustizie e violenze

di don Aldo Buonaiuto
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Domenica 11 Dicembre 2022, 06:20

L’Immacolata Concezione è la più luminosa delle solennità mariane. Il dogma diventa sequela quotidiana, stella polare nell’esistenza individuale e collettiva dei singoli credenti e della comunità dei fedeli. La festa dell’Immacolata che la Chiesa ha celebrato offre, infatti, un’opportunità unica all’umanità indicando la via d’uscita dal buio attraverso la contemplazione di un “singolare privilegio”. È il dono grazie al quale la Madonna è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento.

«Pur vivendo nel mondo segnato dal peccato, non ne viene toccata – evidenziò Papa Francesco durante un Angelus con i pellegrini convenuti per l’apertura del Giubileo straordinario della misericordia -. Maria è nostra sorella nella sofferenza, ma non nel male e nel peccato. Anzi, il male in lei è stato sconfitto prima ancora di sfiorarla perché Dio l’ha ricolmata di grazia». Perciò la madre del Risorto è messaggera di speranza e testimone di luce al di là del buio, oltre le tenebre. Il nome di Maria è sempre stato sinonimo di misericordia. Si può avvertire la sua materna guida lungo ogni tornante del sentiero di questa umanità. L’Immacolata Concezione significa proprio che la Vergine è la prima salvata dall’infinita misericordia del Padre. Quindi anticipa la salvezza che Dio vuole donare in Cristo a ognuno di noi. L’Immacolata, ci insegna il bimillenario Magistero della Chiesa, è icona della misericordia divina che ha vinto sul peccato. Amore e fede soccorrono un mondo scosso da guerre, ingiustizie, violenze. «Costa fatica scegliere il bene; costa fatica custodire il bene che è in noi – ha affermato il Papa venerdì scorso in piazza San Pietro -. Pensiamo a quante volte l’abbiamo sciupato cedendo alle lusinghe del male, facendo i furbi per i nostri interessi o facendo qualcosa che ci avrebbe inquinato il cuore; o anche buttando via tempo in cose inutili e dannose, rimandando la preghiera, o dicendo ‘non posso’ a chi aveva bisogno di noi, quando invece potevamo».

Seguire le orme di Maria equivale a vincere il nostro egoismo, asciugare lacrime e donare gioia.

L’Immacolata è il modello della Chiesa e, per sua intercessione, la misericordia può prendere possesso dei nostri cuori e trasformare l’intera vita di tutti e di ciascuno. All’indomani del Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, il Pontefice ha affidato il cammino della Chiesa alla premurosa intercessione della Madre di Dio. Perché ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rigeneratrice della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’empatia e la condivisione non sono virtù dei deboli ma dei forti, che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti. Scopriamo così la dinamica di giustizia e di tenerezza, di contemplazione e di cammino verso gli altri che fa dell’Immacolata un paradigma ecclesiale per l’evangelizzazione. È sulla scia della devozione mariana che Papa Francesco ci ridesta alla centralità di una “Chiesa povera per i poveri” che segue con coerenza il Vangelo uscendo da sé stessa e raggiungendo le periferie esistenziali e geografiche. Infatti, solo una Chiesa povera potrà camminare con i poveri, facendosi voce dei loro diritti negati. Il riferimento costante sono i poveri non solamente in senso economico, ma nel senso complessivo con cui la Sacra Scrittura determina la categoria. A partire appunto dall’Immacolata fino a tutti coloro ai quali è rivolto l’annuncio del Regno. Nasce qui la “conversione ecclesiale” invocata dal Santo Padre ad Assisi durante la visita alla sala della spoliazione.

Sull’esempio di Maria si rinnova una Chiesa umile, inquieta, accanto agli ultimi, non narcisista né autoreferenziale, non ossessionata dall’attaccamento a qualunque forma di potere. Maria nel Vangelo pronuncia poche ma decisive parole. Il suo messaggio più forte e universale, però, è la presenza ai piedi della croce, quando quasi tutti hanno abbandonato Gesù sul calvario. “Chi ha Maria per madre, ha Cristo per fratello”, insegna San Massimiliano Kolbe che nel tremendo abisso del lager dimostrò che la morte non ha mai l’ultima parola.

* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

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