La storia della famiglia di Mustafà aiuta a non perdersi mai d’animo

La storia della famiglia di Mustafà aiuta a non perdersi mai d’animo

di Don Aldo Buonaiuto
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Domenica 23 Gennaio 2022, 09:00

L’immagine sorridente di un bambino siriano di 6 anni, senza braccia e gambe, tenuto in braccio e alzato al cielo in modo giocoso dal padre, mutilato di una gamba. Una foto che ha fatto il giro del mondo, uno scatto simbolo della drammatica situazione del conflitto siriano e al contempo un’icona di speranza. L’intera famiglia, infatti, composta dal piccolo Mustafa, il padre Munzir, la mamma Zeibab e due sorelline più piccole, sono state accolte in questi giorni a Siena dopo un lungo calvario. Muznir e sua moglie si trovavano nel bazar di Idlib nel 2016 quando deflagrò un ordigno sganciato dagli aerei del regime di Assad.

L’uomo perse la gamba destra rimanendo ferito gravemente mentre la donna, che all’epoca era incinta di Mustafa, respirò il gas nervino sprigionato dagli ordigni con conseguenze irreparabili per il feto che nacque affetto da tetramelia. Nel 2019 la famiglia fuggì, come altri rifugiati, nel sud della Turchia, accanto al confine siriano. Ora, finalmente, l’odissea è conclusa: i cinque profughi sono ospitati in un appartamento, grazie all’arcidiocesi di Siena-Colle, Val d’Elsa-Montalcino e alla Caritas locale, e riceveranno le cure e l’assistenza adeguate. Il padre avrà la possibilità di lavorare, i bambini potranno imparare l’italiano, crescere con la mamma e giocare con i coetanei. La presenza di Mustafa sarà preziosa per tutto il territorio nel quale vivrà, in particolare nella scuola che frequenterà. Nelle classi dove ci sono dei disabili si sviluppa una forte integrazione: il bambino condivide le stesse esperienze degli altri e i compagni si sentono stimolati nella loro coscienza comunitaria, nell’assunzione di responsabilità. È forte il richiamo ad aprirsi alle persone diversamente abili che devono essere accettate senza pregiudizi e mai essere discriminate. Dalla città del Palio in precedenza era partita una gara di solidarietà che aveva portato alla raccolta di 100mila euro.

La possibilità di un percorso di cure nel Centro protesi di Budrio, a Bologna, a questo punto si sta realmente concretizzando! Un cammino di rinascita dinanzi al «dramma umano di una famiglia che è diretta conseguenza della guerra, follia distruttiva ed efferata», come affermato dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, il vescovo della diocesi di Siena che si è attivata per assicurare loro un futuro dignitoso.

Quando accadono gravi difficoltà numerosi sono gli interrogativi che si affollano e si insinuano nella mente e nel cuore dell’uomo: «Perché è successo a me? Perché questa malattia, questo lutto? Come è possibile che Dio abbia permesso tale sofferenza?». Spesso si provano a dare delle risposte razionali a tali questioni, ma all’individuo, creatura con dei limiti, mancano i mezzi per capire appieno la volontà e i disegni di Dio. Il dolore fisico, l’abbandono, la paura del domani, l’isolamento sono aspetti che possono interessare l’esistenza di ogni persona.

Ogni sofferente incarna il volto del Cristo e anche “i poveri di salute” sono una ricchezza per la Chiesa e per l’intera umanità. È vergognoso l’atteggiamento di chi vorrebbe tenere i disabili in qualche “recinto” dorato o sbarazzarsene quanto prima, perché diventano “un peso economico” insostenibile in tempo di crisi. Nelle case della Comunità Giovanni XXIII condividiamo la vita con tanti bambini malati, affetti da gravissime patologie, e addirittura totalmente immobili, che sorridono e gioiscono per una piccola carezza, rigenerati dall’amore di famiglie accoglienti! Una felicità unica, da diffondere e gridare fino agli estremi confini del mondo! Purtroppo alcuni, invece, tendono a considerare la fragilità fisica un problema da nascondere e il disabile come del “materiale umano”, oggetto soltanto di un diffuso assistenzialismo pietistico.

L’esempio di questa famiglia siriana ci aiuta a comprendere l’importanza di non perdersi d’animo affidandosi alla mano misericordiosa e potente del Padre Celeste. Ci permette anche di comprendere il valore di quelle membra che, secondo quanto scrive San Paolo, sembrano le più deboli ma in realtà sono le più necessarie perché ci restituiscono il senso della dignità umana che il mondo ha tanto bisogno di riscoprire.

* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

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