L’ombra delle serie televisive e il rischio di greenwashing

L’ombra delle serie televisive e il rischio di greenwashing

di Roberto Danovaro
4 Minuti di Lettura
Giovedì 3 Febbraio 2022, 08:30

Uno degli effetti del Covid è stato l’esplosione del cinema a casa, basti vedere l’impennata di abbonamenti a Netflix, Prime video, Sky e quant’altro. Le serie televisive stanno progressivamente sostituendo il classico film, creando schiere di nuovi appassionati. C’è l’imbarazzo della scelta, ma oggi vorrei condividere qualche riflessione su una serie che offre spunti interessanti per la rivoluzione in corso nell’era della transizione ecologica. Si tratta di un tema chiave per il piano nazionale di ripresa e resilienza che mette al centro il binomio salute dell’uomo e del pianeta, al posto della vecchia visione vetero-economica basata sul Pil.

Parlo di Yellowstone, la serie con Kevin Costner, che impersona John Dutton un grande proprietario di terre del Montana, strenuo difensore di una vita del passato, fatta di cowboy e di praterie sterminate. Si potrebbe dire un autentico modello della destra conservatrice in lotta con la “modernità”. La serie racconta di un mondo in apparente declino, assediato da imprenditori d’assalto che vogliono trasformare terre incontaminate e parchi naturali in aeroporti, città e piste sciistiche. Come in ogni storia esistono molteplici chiavi di lettura: la guerra tra passato e futuro, la lotta contro l’inesorabile avanzare del progresso insostenibile e distruttivo, la nostalgia del passato, di un mondo fatto di scontri ma anche di orgoglio e valori, la lotta per il potere, la famiglia tra amore e odio, l’incrocio tra politica e affari. Apparentemente nulla di rivoluzionario, a una prima valutazione. Ma la prima impressione del western contemporaneo non è la lettura più profonda della serie televisiva. Yellowstone, infatti, rappresenta una rivoluzione culturale perché lega, per la prima volta, la visione della destra conservatrice americana alla conservazione della natura e dell’ambiente.

Quella destra repubblicana, che abbiamo sempre immaginato a Wall Street, si cala nel Montana per difendere, non solo e non tanto i valori del passato, quanto piuttosto una natura e una biodiversità che hanno un valore unico e irrinunciabile anche se intangibile per gli affari. La storia, quindi, non rappresenta uno scontro tra passato e presente, ma tra un presente da difendere e un futuro sbagliato fatto di cemento e affari senza sostenibilità che proietterebbe queste terre verso un destino drammatico e irreversibile.

Da un certo punto di vista, questa serie fornisce nuovi riferimenti culturali alla destra conservatrice ma apre uno spiraglio alla possibilità di capire che la difesa dell’ambiente e della biodiversità del Pianeta, non può essere un tema di parte, difeso solo da un’area politica, ma deve essere un tema trasversale a tutte le visioni politiche poiché il capitale naturale è un bene di tutti. La perdita di boschi, parchi e natura, come evidente anche nella serie Yellowstone, non fa bene alle persone, fa solo diventare più ricchi gli imprenditori senza scrupoli. Ovviamente tutti i progetti insostenibili sono conditi di prospettive di occupazione e benessere che però quasi mai trovano riscontro.

È una lunga storia, anche italiana, che conosciamo purtroppo tutti molto bene. Chi non ha ancora visto la serie Yellowstone non se la perda, e non perda l’occasione di ragionare su quanto siano importanti e irreversibili alcune scelte. Così come appare sempre più ineluttabile il destino del Pianeta alla luce di impegni solenni presi davanti alle telecamere e poi sistematicamente disattesi, come quelli per il clima, per la protezione della natura, per lo sviluppo sostenibile. Anche “il non fare” ha un prezzo, perché mentre non agiamo, il bilancio complessivo della salute dell’ambiente diventa sempre più negativo.

Le scelte che faremo segneranno in modo irreversibile il futuro, un po’ come gli scempi dell’edilizia italiana degli anni ’60 e ’70 che hanno deturpato il territorio e il paesaggio più bello del mondo. Il riferimento al presente della Next generation dell’Unione Europea, al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono evidenti. Quando ci sono tanti, tantissimi fondi come quelli prospettati per l’Italia, da spendere molto rapidamente, il rischio di greenwashing, ovvero di dare l’apparenza di qualcosa di ecologico e sostenibile a qualcosa che non lo è per niente, è molto alto. Dobbiamo essere responsabili e fare le scelte giuste. Ma non mi sembra che per ora ci siano le idee molto chiare su questo.

* Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine

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