Fiumi dragati e argini alti? Meglio affidarsi alla natura

Fiumi dragati e argini alti? Meglio affidarsi alla natura

di Roberto Danovaro
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Martedì 6 Giugno 2023, 06:00

A pochi giorni dall’emergenza alluvione in Emilia-Romagna, siamo purtroppo di fronte a nuove piogge intense che ci preoccupano. Il timore è che il terreno ancora bagnato e coperto di fango possa rispondere, rispetto al passato, ancor peggio alla caduta di nuova acqua portata dalle piogge intense appena abbattute sul centro Italia. Nei giorni scorsi abbiamo assistito a diversi commenti e ipotesi su quali siano stati i costi in termini di vite umane e di perdite economiche, oltre alle conseguenze ambientali. Abbiamo sentito la solita sequela di buoni propositi e di opinioni, alcune delle quali non solo erano contro ogni evidenza scientifica ma erano anche contro il buon senso. Intendo con buon senso l’esperienza derivante da decenni di errori che hanno ormai dimostrato in modo chiaro cosa non si dovrebbe fare con il territorio.

Ce lo hanno ricordato anche le alluvioni di Genova e poi l’alluvione delle Marche nel settembre 2022 e, ancor più recentemente, il tragico dissesto idrogeologico di Ischia. Ma noi niente. Tendiamo a rimuovere il problema, piangiamo morti, ci lamentiamo e poi torniamo a fare gli stessi errori o non correggiamo quelli fatti. E mentre piangiamo sull’ennesimo disastro ambientale, imprecando al destino, manca una strategia fatta di politiche efficaci e basate sulle migliori conoscenze scientifiche per contrastare i crescenti disastri ambientali che si abbatteranno sul nostro territorio.

Spero che una corretta informazione su questioni così importanti ci permetta di fare scelte giuste e lungimiranti e aiuti a smascherare la sequenza di fake news che circolano e che potrebbero solo aumentare il rischio di maggiori danni a persone e cose in futuro. Alcune stupidaggini che ho sentito in questi giorni includono: 1) per prevenire disastri dobbiamo dragare i fiumi e scavare in alveo. Niente di più sbagliato, i fiumi ricchi di sabbia frenano la corsa dell’acqua e i danni che può produrre. Dragare i fiumi serve solo all’industria edilizia che ha bisogno di sabbia; 2) bisogna tagliare la vegetazione intorno ai fiumi. Al contrario, la vegetazione serve a rallentare il flusso delle acque in piena e riduce il rischio di smottamenti del terreno; 3) bisogna alzare gli argini del fiume con pareti di cemento armato. Questo avrebbe l’effetto di rendere ancor più impetuoso e devastante il flusso dell’acqua in piena.

Serve, invece, meno cementificazione perché è questa che impedisce alle acque di penetrare nelle faglie.

Quando la presidente dell’Unione Europea è venuta in visita alle zone alluvionate ha subito dichiarato il supporto dell’Europa all’Italia e ha incoraggiato lo sviluppo di soluzioni basate sulla natura. Si tratta di soluzioni che preferiscono una corretta gestione, ad esempio con l’utilizzo di piane alluvionali ampie per favorire il deflusso delle acque, più alberi per contrastare il dissesto idrogeologico e così via. Le soluzioni basate sulla Natura costano meno del cemento e funzionano meglio e più a lungo, senza bisogno di continua manutenzione. Ci permettono di risparmiare soldi utili per altre attività, per la scuola, gli asili, o qualunque altra necessità del Paese. L’approccio basato sulla Natura è il più performante e consolidato secondo tutti gli studi scientifici disponibili: recentemente è stato proposto dalle Nazioni Unite ed è sempre più adottato a livello mondiale.

Questo approccio è stato incluso proprio nel Green Deal Europeo e nella transizione ecologica che sono la condizione per l’erogazione dei (tantissimi) fondi del PNRR. Ebbene, appena ha parlato di soluzioni naturali la Presidente Europea è stata assalita da alcuni giornalisti che, dall’alto della loro competenza di materia, la contestavano e chiedevano a gran voce più cemento e argini dei fiumi sempre più alti. Il dissesto idrogeologico è dovuto agli errori dell’uomo nel suo utilizzo del territorio e alla crisi climatica.

Pensare che si possa costruire sull’alveo di un fiume o su una zona franosa è follia. Pensare di condonare l’abusivismo edilizio in aree a rischio è irresponsabile. Pensare di non dover fare nulla per adattarsi al clima che cambia, accettando con rassegnazione morti e disastri è sbagliato. Ma è quello che preferisce fare questo Paese. Anziché prevenire, preferiamo intervenire d’urgenza dopo con costi umani ed economici maggiori.

*  Professore ordinario all’Università Politecnica delle Marche, titolare dei corsi di Biologia Marina, Ecologia ed Etica ambientale 

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