Papa Francesco

Una Chiesa china sui poveri che si spalanca all’umanità

di don Aldo Buonaiuto
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Domenica 19 Marzo 2023, 05:55 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 18:04

Il decennale dell’elezione di Papa Francesco al Soglio di Pietro offre l’occasione per inquadrarne la ricca e provvidenziale missione. Quella testimoniata dal Pontefice è una Chiesa aperta, che esce da sé stessa, si china sui poveri, si spalanca al mondo e all’umanità, sentendosene parte e sapendo di condividere la sorte e di avere contratto, in Cristo, un debito di servizio nei suoi confronti. In dieci anni Francesco ha inserito la Chiesa in uno stato di perenne revisione del suo operato, testimoniando un atteggiamento di conversione interiore che costa fatica ma che purifica la memoria e l’identità e che non potrà più essere accantonato. La predisposizione a mettersi sempre in discussione serve a rimanere spiritualmente giovani e gioiosi e fa sì che tutti possano vedere e accogliere la Buona Novella. Il Papa esorta ad essere una “Chiesa povera per i poveri” secondo il mandato del Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”.

È l’unica maniera per “essere sacramento in Cristo”, ossia “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. La preghiera solitaria in una piazza San Pietro resa deserta dall’emergenza sanitaria e le lacrime alla solennità dell’Immacolata per i conflitti in corso confermano l’amore quale imprescindibile vocazione dell’Ecclesia. Il sangue degli innocenti è sofferenza costante per il Papa, come Gesù stesso ha insegnato proclamando il comandamento della carità. Solo attraverso la compassione, infatti, la Chiesa può realizzare il suo compito di essere strumento di unità così da superare l’odio. Francesco valorizza ciò che unisce e oltrepassa ciò che divide, richiamando laici e consacrati all’urgenza interiore di vivere la carità in ogni momento, facendo di essa il motivo propulsore di ciascuna iniziativa solidale e il parametro di verifica delle attività dei singoli e della comunità. In questo modo il Papa offre un esempio credibile per sperimentare la speranza. E ci esorta a verificare se viviamo o meno secondo l’afflato della misericordia. Lo storico risultato è il ripensamento del posto della Chiesa nella società affinché divenga uno specchio, quanto più possibile terso, capace di riflettere l’amore ricevuto da Gesù.

Solo un’Ecclesia che pone al centro la carità può essere veramente sé stessa.

Solo riscoprendo la centralità della solidarietà può attuare la vocazione evangelica e farsi vera promotrice di unità. Perciò nell’instancabile missione contro ogni guerra Francesco dà prova della sensibilità ecumenica riflessa nella “Unitatis Redintegratio”, sulle orme del Concilio e facendo proprio il desiderio di incontro e dialogo con le altre religioni espresso nella “Nostra Aetate”. In linea con i suoi predecessori e per volontà di comunione, il Papa si prepara al Giubileo del 2025 dimostrando personalmente la scelta di fondo della fraternità. E compiendo gesti significativi e fecondi, come lo storico colloquio con il patriarca russo Kirill. Francesco realizza così la “Gaudium et Spes” che incarica la Chiesa ad aprirsi al mondo. Non per perdere la sua identità, ma appunto per trovarla. Servire la Chiesa e non servirsene, dunque.

L’Ecclesia esiste per la missione che compie. La condivisione, infatti, non è altra cosa rispetto ai dogmi, anzi ne è la naturale prosecuzione e il compimento. Francesco indica così alla Chiesa la via della solidarietà con il genere umano in modo da adempiere al mandato di Cristo. È la “caritas” a dover animare la Chiesa al suo interno e a renderla sacramento di salvezza. Ed è la chiamata alla misericordia la spinge verso l’esterno per trasmettere ciò che ha ricevuto dal Risorto. L’unità negli intenti e nella prassi, dunque, è il punto focale del ministero di Francesco. E costituisce anche il criterio fondante di una concezione geopoliticamente inclusiva.

Lo stesso linguaggio del Magistero si ispira alla regola suprema dell’empatia cristiana. Per Jorge Mario Bergoglio, infatti, la misericordia non cancella le esigenze della giustizia, bensì le presuppone e le compie. E laddove una giustizia piena non sia possibile a causa di antiche ingiustizie che si sono già consumate, si apre una strada: la richiesta di perdono.

*  Associazione Comunità  Papa Giovanni XXIII

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