Le promesse e la realtà nella campagna elettorale

Le promesse e la realtà nella campagna elettorale

di Rossano Buccioni
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Martedì 6 Settembre 2022, 06:10

L’età moderna si oppone alle identità stabili che vengono soppiantate da una struttura inconscia di appartenenze multiple. Tale struttura è costantemente attiva nel disegnare la mappa delle competenze sociali in cui ogni individuo è inserito ed emerge come criterio prestazionale in un ordine sociale iper-competitivo, ultra-individualizzato ed estremamente sensibile alla tecnicizzazione e velocizzazione dei flussi di informazioni. In questo quadro generale assistiamo alla messa in atto di fenomeni tradizionali come le campagne elettorali che spesso vivono di riesumazioni ideologiche ed ammannicoli propagandistici allo scopo di indirizzare su specifici obiettivi di corto raggio la rabbia accumulata nella consapevolezza di sentirci incapaci di comprendere e governare una società/mondo che stabilisce in modo non-psicologico le proprie logiche organizzative generali.

Insomma, la società ha il ruolo, il denaro, il rapporto di informazione, ecc. per entrare in contatto con gli individui e condizionarli (magari facendoli sentire sé stessi….) e se qualche volto dipinto sceglie un armamentario linguistico o dei simboli accattivanti per fondare un partito – promettendo pure una de-differenziazione sociale che garantisce sfracelli nel rapporto individuo/società - varrà la pena ricordargli la solitudine siderale dell’individuo nella civiltà funzionalmente integrata, espressione di una logica di frammentazione e ricomposizione dei processi in funzione di scopi che mutano solo in base a criteri di efficientamento e di performance. In questo quadro i criteri di umanizzazione o di ritorno al legame sociale attraverso la rivitalizzazione del conflitto politico contano poco o nulla, anche se ci piace pensare il contrario. La critica politica agli effetti – normalizzati – della complessità socio-strutturale è solita organizzarsi attorno alla diade semplificatoria destra/sinistra.

Si tratta di rappresentazioni speculari dell’umano che trovano nei diversi schieramenti elettoralistici una sorta di precipitato propagandistico vacuo ed inconsistente, come se le logiche definitive e fortemente globalizzate della differenziazione funzionale (poteri forti) non sapessero come riassorbire lo stupido solletico demagogico che infarcisce di idiozie un confronto elettorale scandito più dal collasso energetico di un Paese eminentemente manifatturiero che dall’aspro cimento tra visioni dicotomiche dell’uomo e del mondo. Snocciolando sui media le perle nere di questa campagna elettorale chiaramente inopinata, si assiste alla costante riaffermazione del principio della dominanza economica (globale) sulla scelta politica (soggettivistico-localistica), con forme estreme di feticizzazione della spesa pubblica, conseguenti alla sacralizzazione del mercato, intento a costruire la monetizzazione quasi completa di ciò che resta delle libertà individuali. Gli opposti feticismi che il gioco politico ama incontrovertibilmente omaggiare, si basano su totem ideologici stantii che rasentano la necrofilia, come nel caso dei concetti di Patria, Onore o Famiglia.

E’ appena il caso di ricordare che sul concetto di famiglia, la stessa Chiesa Cattolica ha da tempo assunto posizioni che potremmo definire a normazione debole, preferendo mettere in latenza la venerabile tradizione che definiva attorno al suo perimetro denotativo una rigida struttura “Law and Order”.

Il politico alle prime armi – ma anche quello più navigato – farebbe bene a rileggersi qualche libro di sociologia dell’opinione pubblica, in particolare quelli dove, più di altri, si insiste sulla selezione storico-sociale dei criteri della complessità strutturale con la conseguente trasformazione – all’insegna di un crescente senso di residualità – che l’umano subisce di fronte al dislivello prometeico, l’ammissione di incapacità nel controllare le conseguenze di azioni private e pubbliche che pur deliberiamo consapevolmente. Il mondo socialmente differenziato potrebbe andare in modo del tutto diverso da come sta andando, ma il vero problema è che per il singolo individuo diventa sempre più difficile semplicemente pensare di modificare anche il minimo dispositivo della realtà di cui è entrato a far parte. A fronte di questa condizione antropologica pesantemente negativa, la scelta politica si nutre di un vuoto sentimento risarcitorio, consegnando al singolo elettore l’illusione di poter ancora contare su qualcosa di non scritto nel gioco economico/politico di costruzione della realtà. La politica disegna la giusta illusione terapeutica.

Viene in mente la vicenda del Wiener Kreis (circolo di Vienna), associazione di filosofi riuniti attorno a Moritz Schlick, prof. di filosofia della natura nell’ateneo viennese sino al 1938. I giovani fondatori della corrente del positivismo logico, convinti dell’esistenza di invarianti logico-formali del linguaggio, frequentavano convegni filosofici e letterari per scagliare dal fondo della platea i loro anatemi: “metafisica, non senso!”, gridavano, ascoltando teorizzazioni inverosimili, lontane da ogni controllo di veridicità e basate su un arbitrio locutorio falsamente ispirato. Lo stesso principio critico potrebbe essere utilizzato per tutte le campagne elettorali dove ha trionfato l’iperbole della promessa senza verifica e l’imbonimento infantilistico senza ritegno. Sarebbe bene che i promettitori di professione adottassero dei criteri logico-analitici da utilizzare in campagna elettorale, cercando di non prospettare scenari che sarà estremamente difficile realizzare. Farebbero anche un favore agli insegnanti dato che presto toccherà nuovamente a loro spiegare a dei diciassettenni perché, pur essendo nati ieri, abbiano già contratto un debito di quarantamila euro con lo Stato Italiano.

* Sociologo della devianza e del mutamento sociale

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