La campagna elettorale avanza, ma cacciate fuori 'sti manifesti

La campagna elettorale avanza, ma cacciate fuori 'sti manifesti

di Giovanni Guidi Buffarini
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Venerdì 9 Settembre 2022, 11:06 - Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 18:36

Ce l’ho messa tutta, ho esaminato ogni possibile scappatoia pur di non parlare della campagna elettorale, non me ne andava, non me ne va. Ho pensato dieci pezzi e venti, sui più disparati argomenti, alcuni sarebbero pure potuti riuscir leggibili. Avrei parlato volentieri di quel concorso di pittura - in Colorado, credo - che non da un pittore è stato vinto bensì da un quadro generato da un’intelligenza artificiale - il programma si chiama Midjourney - e vai coi signora mia, dove andremo a finire, con gli alti lai sulla (ennesima, milionesima) morte dell’arte, stavolta per mano dell’orrida, glaciale tecnologia, un diluvio di frasi fatte, costernazioni di maniera, e nessuno che si sia accertato, per esempio, di qual livello fossero i quadri degli sconfitti, nel mondo mancano mica gli imbrattatele. Mi sarei dilungato con piacere su quella faccenda ma poi ho visto questa pagina, negli ultimi giorni, regolarmente occupata dalle riflessioni elettorali dei nostri opinionisti e ho concluso che non potevo esimermi dall’aggiungere una mia riflessione, illuminante, va da sé, anzi definitiva.

Negandovela, cari lettori, v’avrei procurato delusione troppo grande, lo so: intollerabile affatto. È una campagna stranissima, quella che stiamo vivendo. Cominciata sotto il solleone, e gli elettori comprensibilmente più interessati alla temperatura dell’acqua e alla scelta del ristorante che a promesse e programmi. Campagna sprint, cui i partiti son tuttavia giunti impreparati: coalizioni da costruire, coalizioni da sfasciare, partitini neonati alla disperata ricerca di una identità una ragion d’essere, alleanze sperimentate che proseguono as usual: sorrisi e pacche sulle spalle sopra il tavolo, coltellate sotto, e sferrate a tutto braccio. Una campagna dominata dell’attualità energetica, e si capisce. E tuttavia sarebbe bello se almeno in queste ultime due settimane le forze politiche ci facessero capire quale idea di Paese si ripromettono di incarnare per i prossimi cinque anni: finora non si è granché capito. E i manifesti, signori, i manifesti che aspettate a cacciarli? Ottobre? Si son visti quelli dei leader, d’accordo.

Cieli azzurri, sfondi rossi, slogan d’una e una sola parola, photoshop come se non ci fosse un domani, domande che illustrano la drammaticità del momento, l’importanza della scelta di campo.

Pancetta o guanciale? Guanciale tutta la vita, ovvio, ma la pancetta merita rispetto. Mancano quasi del tutto all’appello i manifesti degli altri candidati. Storicamente, tre tipologie di foto. Di trequarti, lo sguardo fisso verso un punto lontanissimo (lungimiranza). Frontale con sorriso (sta per: sono come te, bro, sono tuo amico). Frontale senza sorriso (fidati di me, sono una persona seria). Le braccia il piu delle volte banalmente conserte, ma comprensibilmente, ché le braccia sono un impiccio anche per alcuni attori professionisti. Mi incant(av)o davanti ai manifesti degli aspiranti Onorevoli Peones.

Un mare di banalità interrotto qua e là da isole di creatività allucinante, spaventatevole. Un anno ormai lontano, a Roma fui ipnotizzato dal faccione di un arcigno figuro cercando di dare un senso al suo slogan, partorito, senza alcun dubbio, al termine di un epico intellettuale travaglio: “Una testa di ferro per il Comune” (o la Provincia o la Regione che fosse). Ancora mi chiedo cosa sia una testa di ferro. Pochi metri più avanti, analogo manifesto era stato corretto da qualcuno che il mistero aveva svelato e voleva farne tutti partecipi. A ferro aveva sostituito un’altra parola, sempre cinque lettere, sempre doppia consonante in terza e quarta posizione, dai che ci arrivate. Quante pepite raccolte negli anni (ma il quaderno dove le conservavo l’ho smarrito). Ne voglio altre, cacciate fuori ‘sti manifesti, please. Non limitatevi a far cattivo uso dei social. Post Facebook prolissi, dirette Instagram ombelicali, tiktok spiritosi a forza: sembra che i nostri politici, quasi tutti, siano rimasti al Novecento. Fatevi aiutare da un figlio smanettone, un nipotino decenne. O affidatevi a un algoritmo, ché gli algoritmi a dipingere non è che siano tanto capaci - il quadro trionfatore nel Colorado è una ciofeca, su - ma i social li sanno gestire. 

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