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Investire sul diritto allo studio, così il merito diventa un valore

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 28 Dicembre 2022, 01:45

Negli ultimi anni l’azione dei governi e del parlamento è stata concentrata nell’affrontare situazioni di emergenza. La pandemia prima e la crisi energetica e internazionale subito dopo. Ciò ne ha limitato la capacità di muoversi con orizzonti di lungo periodo e di affrontare riforme divenute nel tempo sempre più essenziali. Fra queste vi sono sicuramente quelle relative all’ambito dell’istruzione. E’ un ambito strategico in generale e per le prospettive di sviluppo in particolare, sempre più dipendenti dalla capacità di produrre e utilizzare conoscenze scientifiche e tecnologiche avanzate. Lo è a maggiore ragione per un paese che dichiara di voler fare dell’industria culturale uno dei suoi assi di sviluppo fondamentali.

Istruzione e formazione

Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale del nostro paese difetta sia in quantità sia in qualità. Siamo fra i paesi europei con la più bassa percentuale di laureati nella popolazione giovanile e i confronti internazionali nei livelli di preparazione dei giovani ci pongono agli ultimi posti in quasi tutte le materie e in particolare nelle competenze matematiche. La premier Giorgia Meloni ha più volte ricordato che l’attuale governo vuole essere un governo di legislatura, che si propone di modificare in modo sostanziale la direzione di marcia del nostro paese in diversi campi. Nel caso dell’istruzione l’elemento che ha fin qui suscitato maggiore dibattito è stato il cambio di nome dal ministero nel cui titolo è stato esplicitamente inserito il riferimento al merito. Era inevitabile che questo suscitasse la reazione della sinistra, da sempre paladina di una scuola inclusiva piuttosto che selettiva. È vero che il compito principale del sistema dell’istruzione è quello di formare e valorizzare le attitudini individuali piuttosto che quello di selezionare e redigere pagelle. E’ altrettanto vero, però, che procedendo nei gradi dell’istruzione il riconoscimento dell’impegno e del merito diventa sempre più rilevante. E’ ovvio che ciò dipende non solo dall’impegno e dal talento individuale ma anche dalle disponibilità economiche delle famiglie di provenienza.

Investire

Per questo occorrerebbe investire in modo molto più consistente ed efficace di quanto fin qui fatto per assicurare il diritto allo studio, soprattutto nei livelli successivi a quelli dell’obbligo.

Questo aspetto ci riporta al tema delle risorse. Il nostro paese investe poco nell’istruzione, sia in termini di spesa pubblica sia in termini di spesa privata. Nel caso del pubblico vi è l’alibi delle ristrettezze di bilancio, rispetto alle quali la scuola e il sistema dell’istruzione non sono mai state fra le priorità. Nel caso della spesa privata, il nostro paese non è fra quelli nei quali le famiglie mostrano particolare propensione a sostenere la formazione dei giovani. A spiegare questa scarsa propensione all’investimento nell’istruzione rientra anche il tema del merito. L’incentivo ad investire nell’istruzione è tanto maggiore quanto più vi è la certezza che il merito e il talento individuale saranno premiati non solo in termini di risultati nelle aule scolastiche e universitarie ma anche nell’accesso al lavoro e alle professioni e, più in generale, nelle carriere all’interno delle organizzazioni pubbliche e private.

La mobilità sociale

È evidente, da questo punto di vista, che il tema dell’istruzione e del merito è strettamente collegato al più generale tema della mobilità sociale e della concorrenza. I capaci e i meritevoli non debbono essere riconosciuti solo nelle aule scolastiche e universitarie ma soprattutto nel mondo del lavoro. In questo ambito il nostro paese sembra essere ancora più refrattario che non nel sostegno all’istruzione. Basta considerare le barriere ancora esistenti nell’accesso alle professioni o le battaglie che si scatenano contro le proposte di liberalizzazione nei tanti settori protetti. Sarà questa la vera sfida, anche culturale, per il nuovo governo e per la maggioranza che lo sostiene poiché la valorizzazione del merito è possibile se si interviene non solo nei processi interni al sistema dell’istruzione ma soprattutto nei processi che governano l’accesso alle professioni e alle carriere e la libertà di concorrenza in tutti i settori.

*Docente di Economia
alla Politecnica delle Marche
e coordinatore
Fondazione Merloni

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