Gli attuali limiti della didattica a distanza e i fraintendimenti della web generation

Gli attuali limiti della didattica a distanza e i fraintendimenti della web generation

di Rossano Buccioni
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Martedì 26 Maggio 2020, 11:31
L’emergenza sanitaria ha costretto le nostre comunità scolastiche a riadattarsi completamente alla didattica a distanza (Dad), dovendo affrontare sfide importanti. In molti sostengono che la scuola online non sia vera scuola, in quanto cessa di rappresentare quel forte punto di riferimento conosciuto da bambini ed adolescenti. Certamente la necessità di evitare i rischi della dispersione e del disadattamento scolastico ha accelerato la diffusione della Dad, ma sono presto emersi i rischi relativi alla sua sopravvalutazione, dovendo promuovere a strumento educativo normalizzato il mondo dell’online, con logiche e modelli di fruizione delle informazioni che prima dell’emergenza suscitavano non pochi interrogativi relativamente all’utilizzo che ne facevano i giovani. Il problema è che abbiamo subìto non solo un isolamento, ma una sorta di bombardamento psichico costante che ci ha precipitato nell’incertezza trasformando spesso in regola ciò che pochi mesi fa apparteneva al mondo dell’eccezione. La realtà dominata da fretta, disattenzione ed iper-protezione, espone i giovani - vissuti tra superficialità adulte e richieste di perfezione - al rischio quotidiano dell’invisibilità e del vuoto interiore, in bilico su un disagio psicologico che si va trasformando in disadattamento culturale. Per sopravvivere alla paura ed al senso di impotenza che gravano sulla quotidianità, molti ragazzi spesso si lasciano scivolare in quella dimensione gruppale di amplificazione sensoriale che ricerca paradisi artificiali di benessere, anestetizzando il dolore e trasformando compulsivamente le visioni in azioni. Ci accorgiamo come la crisi non rappresenti tanto un’eccezione, ma la regola della società complessa, esprimendosi nella mutazione del senso di continuità personale, con il futuro che da dimensione temporale della promessa diventa orizzonte di minaccia. La rete diventa uno degli strumenti privilegiati per sentirsi protagonisti, consentendo ai giovani di recitare sulla scena del mondo in un modo che spesso, ha rivelato la tragica inconsistenza della propria lettura della realtà. Opportunamente, l’architetto Andrea Bencini definisce la Rete il «luogo dell’ubiquità sedentaria», una dimensione immateriale, psicologicamente sovrapposta a quella reale, in cui vengono abbattute le barriere, sovvertendo il tempo psichico nella ricerca di un’assoluta istantaneità che sottrae consistenza al tempo sociale mutandolo in racconto biografico e privandolo di prospettive di condivisione. Il web sintetizza alla perfezione le richieste giovanili di una dimensione rigorosamente strutturata, ma allo stesso tempo anche inafferrabile ed evanescente, da sottoporre a continua revisione e rappresentabile con modalità sempre diverse, capaci di tracciare un’incerta traiettoria tra emozioni e senso di fragilità. Il mondo del web è un labirinto in cui perdersi e ritrovarsi, luogo obliquo di incessanti trasformazioni, tanto da segnare irreversibilmente una linea di demarcazione tra le generazioni, tra chi appare limitato dal proprio ancoraggio al sistema di significato della “società consistente” e chi maneggia con destrezza gli strumenti ed il linguaggio di Internet da intendere come tipica affermazione della società evanescente (Z. Bauman). Ora, con la Dad si cerca di azzerare questa distanza istituendo una direzione precisa nel labirinto. Prima dell’emergenza sanitaria, trascorrere del tempo in rete, con le sue infinite attività di scoperta e navigazione, era esperienza connotata da caratteristiche ricorrenti, alle quali l’emergenza ha sovrapposto istanze di tipo formativo che confliggono con la natura originaria dell’approccio dei giovani al web, costruito spesso su una visione della condizione adulta fondata sull’evitamento e sulla rigida messa a distanza. Se il web costituiva una certa limitazione della percettività sensoriale, associata ad un’amplificazione dell’emotività (che a scuola poteva essere riequilibrata), ora la formazione scolastica risulta spesso travolta dalla gestione del mezzo elettronico che il giovane vive come contesto naturale di socializzazione. Sul web la condizione di anonimato consentiva l’assunzione di altre identità, esprimendo parti di sé che nella realtà i ragazzi tenevano nascoste, mentre ora la scuola rende comunque difficile permanere in questa finzione perché si deve entrare in relazione con gli altri. Se la rete garantiva modalità comunicative asincrone, amplificando fantasie e proiezioni, la scuola al contrario è il luogo del senso di realtà, che a fatica potrà reggere la propria funzione sociale nel mondo della simulazione dell’online. Ridiscutendo i limiti spazio-temporali, il web annulla le distinzioni di ruolo all’interno di una relazione comunicativa, ma la web school, a partire dalla replica della scansione oraria delle lezioni, si riproporrà come portatrice di un ordine che a fatica potrà interrompere dinamiche dell’agire e dell’esperire assunte dai come autentico turnover di accessi alla realtà (reale o virtuale che sia). In ultimo, se le regole del cyberspazio erano la parità e l’orizzontalità (N. Urbinati), con la concreta possibilità di mettere in atto fantasie di trasgressione, l’istituzione di una gerarchia - innaturale nel web - costituita dall’asimmetria docente-discente, distorce le normali regole di ingaggio dell’online, scatenando frustrazione che crea evitamento, con molti studenti che inventano scuse di ogni tipo per sottrarsi dai doveri della “giga school”. Giovani e giovanissimi troppo isolati fuori e troppo connessi dentro la propria abitazione, ci interrogano sulle criticità di una didattica a distanza super-individualizzata che difficilmente potrà sostituire l’educazione e la socializzazione in classe.

*Sociologo della devianza e del mutamento sociale
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