Gli eventi catastrofici non sono mai casuali

Gli eventi catastrofici non sono mai casuali

di Roberto Danovaro
3 Minuti di Lettura
Giovedì 26 Marzo 2020, 11:55
Molte delle cosiddette malattie emergenti, come Ebola, Aids, Sars, influenza aviaria, influenza suina e oggi il nuovo Coronavirus non sono eventi catastrofici casuali, ma la conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi naturali. L’uomo con le proprie attività ha alterato in maniera significativa i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani. Molte pandemie degli ultimi decenni hanno origine nei mercati di metropoli asiatiche o africane dove si riscontra il commercio illegale o incontrollato di animali selvatici vivi, di scimmie, di pipistrelli, di carne di serpente, scaglie di pangolini, e tanti altri rettili, mammiferi e uccelli. Si creano in questo modo pericolose opportunità per il contatto tra l’uomo e le malattie di questi organismi, offrendo il fianco allo sviluppo di vecchie e nuove zoonosi, ovvero di malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo. Nel report recentemente pubblicato dal Wwf Italia e ora in traduzione in molti paesi del mondo, sono stati illustrati i collegamenti, in larga parte ancora poco noti, tra le nostre azioni sugli ecosistemi e la biodiversità e le conseguenze che queste hanno sulla diffusione di alcune malattie e quindi sulla salute pubblica, fino alle condizioni socio-economiche delle nostre società. In questa prospettiva l’attuale pandemia di coronavirus che sta mettendo in ginocchio il mondo. Ma come diceva Einstein: «La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi… E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato». Questa drammatica crisi offre molteplici spunti di riflessione e approfondimento, sia nel rapporto tra uomo e natura sempre più globalizzato, sia per la necessità di trovare soluzioni olistiche. Ovvero soluzioni che affrontino il problema nella sua complessità e globalità. Il problema Covid-19 per trovare una soluzione ha disperato bisogno, nell’immediato, di strumenti per la terapia intensiva, di ospedali, di medici. Ma serve anche una prospettiva a medio e lungo termine, serve un maggiore scambio di informazioni tra scienziati nel mondo, servono centri di calcolo e matematico per predire i contagi e la loro diffusione. Servono tecnologie per monitorare gli spostamenti dei positivi anche in futuro o per rilevare la temperatura corporea negli aeroporti. Insomma, non bastano virologi e farmaci, servono molte competenze. Servono biologi molecolari e biochimici, ma anche zoologi che spieghino come rispondono gli organismi selvatici in natura, e ci aiutino a capire perché il Covid-19 nei pipistrelli ha effetti poco più forti di un raffreddore mentre nell’uomo ha effetti anche letali. Insomma, è l’occasione per un appello alla ricerca universale dove ogni branca della ricerca può mettere a disposizione le proprie conoscenze, non solo per risolvere il problema Covid-19 nel più breve tempo possibile, ma anche per prevenire future pandemie che potranno prodursi in futuro. Solo con uno sforzo congiunto possiamo fare qualcosa di significativo salvando tante vite umane. E’ l’occasione anche per comprendere quanto sia importante la ricerca scientifica nel presente e nel futuro dell’Uomo. E’ solo grazie alla ricerca che potremo trovare delle soluzioni. Abbiamo vissuto recentemente un momento di sfiducia nella scienza, e sono state messe in dubbio tante conquiste. Si è sviluppato una diffidenza diffusa nei confronti della ricerca ambientale e biomedica. Ora la ricerca può mostrare al mondo quanto sia importante investire in questo settore per avere gli strumenti migliori per affrontare le necessità o prevenire i problemi. E’ un capitale di nuova credibilità molto importante, da non sprecare. Anche i ricercatori devono fare la loro parte. Tutte le scoperte scientifiche nascono da ipotesi, da idee, da piccoli indizi. Ma questo non è il momento per fare ipotesi e congetture. Dobbiamo lavorare alle soluzioni, che spesso richiedono tempo, lavoro e pazienza. La scienza di basa su esperimenti, prove e controprove. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo per rispondere nel modo giusto alle pressanti richieste della politica e della società, ma ce la possiamo fare. Andrà tutto bene.

*Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine
© RIPRODUZIONE RISERVATA