La centralità della carità ribadita dalla pandemia

La centralità della carità ribadita dalla pandemia

di Don Aldo Buonaiuto
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Domenica 20 Dicembre 2020, 10:20

La lezione della pandemia è racchiusa in un’immagine che l’enciclica “Fratelli tutti” trae dalla Lettera di San Paolo agli Efesini: «Siamo membra gli uni degli altri». Nessuno può pensare di uscire dall’emergenza senza curarsi del prossimo. Nel tunnel buio della crisi Covid la luce della Chiesa può essere faro fermo e visibile, ma anche fiaccola che accompagna gli uomini nel loro cammino, senza accecarli. Il faro è sulla roccia, la fiaccola invece è in mezzo al gregge. E mai quanto in questo tempo di prova, tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a raggiungere “le periferie”. Non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali che acquistano molteplici volti: economici, culturali, razziali, religiosi. Sono esse le più bisognose di cura e attenzione. Papa Francesco nel messaggio pubblicato per la 54esima Giornata mondiale della pace, che verrà celebrata il primo gennaio 2021, ha osservato come in questo periodo, «nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone della dignità della persona umana e la ‘bussola’ dei principi sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune». «Come cristiani – ha esortato il Pontefice – teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, Stella del mare e Madre della speranza. Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri». La Chiesa in uscita rispecchia proprio la vocazione di ciascun cristiano di andare incontro ai bisognosi per beneficarli e sanarli con il balsamo della misericordia. Piuttosto che condannare a priori, la barca di Pietro affronta il mare in burrasca rispondendo alle necessità del momento, testimoniando la centralità della carità cristiana ed esponendo chiaramente il valore del suo insegnamento.

E laddove emergano punti di vista diversi bisogna cercare spazi per ascoltare lo Spirito Santo e permettergli di operare in profondità. Il Natale in pandemia ci richiama alla pastoralità dell’azione ecclesiale e allo sforzo del dialogo con il mondo moderno e anche con i lontani. Nei fedeli di altre religioni la Chiesa riconosce “semi del Verbo” cioè elementi di verità e di bontà anche nella loro fede. «Le diverse religioni – si legge in ‘Fratelli tutti’ – a partire dal riconoscimento del valore di ogni persona umana come creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio, offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società». La prova collettiva dell’emergenza sanitaria globale contribuisce a farci sentire parte dell’unica famiglia umana. Quasi un antidoto epocale all’innegabile affievolirsi nei secoli del messaggio di misericordia divina che invece pervade tutto l’Antico e il Nuovo Testamento. Forse a molti è sembrato che un Dio che prova compassione venisse impoverito. E troppo spesso è stata attribuita a Dio la concezione umana di giustizia, che non è la sua, per fortuna degli uomini. Il ruolo di riferimento morale che Papa Francesco svolge in pandemia ha contribuito a questa riscoperta. Nelle difficoltà individuali e comunitarie si moltiplicano le domande di senso, soprattutto tra le nuove generazioni. E con esse lo slancio che porta a Dio e quello che si rivolge al prossimo, sia come singolo che nelle strutture sociali create dall’umanità. La tentazione è da sempre quella di dividere le due cose, mentre l’impegno nell’una è la verifica della bontà dell’altro. Scrive San Giovanni apostolo: «Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede». Ora con la pandemia non abbiamo più alibi. Nella grotta di Betlemme il figlio di Dio tra pochi giorni nasce per stare accanto all’umanità e salvarla condividendone affanni e speranze.

*Associazione comunità Papa Giovanni XXIII

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