Il sistema manifatturiero è appeso all’incognita delle piccole imprese

Il sistema manifatturiero è appeso all’incognita delle piccole imprese

di Donato Iacobucci
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 29 Aprile 2020, 11:10
La brusca interruzione delle attività originata dalla pandemia da Covid-19 ha colto il sistema manifatturiero regionale in una situazione di transizione, alla quale occorrerà porre particolare attenzione nella fase di uscita dalla crisi. Negli ultimi anni il sistema manifatturiero ha mostrato una considerevole vivacità, tornando ad essere il principale motore dell’economia regionale. Il valore aggiunto e la produttività sono cresciuti ininterrottamente dal 2014 e negli ultimi anni era ripresa anche la crescita degli occupati. La quota del manifatturiero sul Pil regionale è tornata a sfiorare il 25%; ben oltre la media nazionale e in linea con le regioni italiane ed europee più avanzate. Questa rinnovata vivacità del manifatturiero è con molta probabilità alla base della recente revisione dei conti regionali da parte dell’Istat che ha indicato le Marche come la regione italiana con il più alto tasso di crescita nel 2018. Non tutto il sistema manifatturiero si è mosso con la stessa vivacità. Alcuni settori, primo fra tutti il calzaturiero, hanno continuato a sperimentare una situazione di difficoltà. La performance è stata diversa anche per dimensione d’impresa: meglio le medie e le grandi; meno brillanti le piccole. La lunga fase di stagnazione ha accentuato le differenze settoriali e dimensionali, ma anche le differenze fra impresa e impresa facendo emergere quelle con maggiori capacità imprenditoriali e innovative e penalizzando quelle rimaste ancorate ai modelli tradizionali. La crescita degli ultimi anni è stata infatti trainata da una decisa accelerazione nella capacità innovativa delle imprese, come segnalato dal generale miglioramento degli indicatori relativi al sistema regionale dell’innovazione. A partire dal 2015 si sono registrati significativi incrementi in tutti gli indicatori: l’incidenza della spesa in ricerca e sviluppo sul Pil, il numero di addetti alla ricerca e sviluppo, la percentuale di imprese che ha introdotto innovazione, il numero di start-up innovative, ecc. I dati disponibili non sono aggiornatissimi ed è possibile che nel 2019 vi sia stato un rallentamento. Tuttavia, è evidente il cambio di marcia innestato dal sistema regionale nell’ultimo quinquennio. A ciò hanno contribuito diversi fattori. Le politiche per l’innovazione a livello regionale, che con la programmazione 2014-2020 sono state implementate all’interno della strategia di specializzazione intelligente; una strategia che ha comportato una maggiore focalizzazione degli interventi e un più stretto raccordo fra ricerca e innovazione. Un secondo stimolo è arrivato dagli interventi nazionali introdotti nel 2016 con il piano Industria 4.0 volto a favorire l’introduzione delle tecnologie digitali. Infine, vi è da considerare la maggiore consapevolezza da parte degli imprenditori della rilevanza degli investimenti in ricerca e sviluppo come leva competitiva, oltre che condizione per la sopravvivenza. La grave crisi che stiamo attraversando rischia di interrompere questo processo. Un’elevata percentuale di imprese ha annullato i programmi di investimento in ricerca e innovazione. Il fenomeno interessa maggiormente le piccole imprese, mentre le medie e grandi partivano da una situazione finanziaria più solida, che le mette in grado di confermare almeno in parte i programmi avviati. Questo rischia di accentuare ulteriormente il divario nella capacità innovativa fra piccole e grandi imprese. Per il sistema manifatturiero marchigiano l’interruzione di questo processo di trasformazione avrebbe conseguenze disastrose poiché molte delle sue imprese, in particolare quelle più piccole, hanno ancora un notevole ritardo da recuperare. E’ ovvio che in questo momento non può che prevalere l’esigenza della sopravvivenza e si deve porre l’accento alla salvaguardia dell’esistente. Dobbiamo però essere consapevoli che in prospettiva questa esigenza non potrà essere quella prevalente. Proprio i nuovi scenari aperti dalla crisi imporranno di essere più selettivi che in passato e di concentrare gli interventi a sostegno di quelle imprese, vecchie e nuove, che vorranno non solo sopravvivere ma continuare sulla strada dell’innovazione e della rivoluzione digitale.

*Docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche
© RIPRODUZIONE RISERVATA