Nel Regno Unito due fatti sono ormai evidenti. Il primo: la cancellazione di ogni misura di precauzione contro il Covid, come il distanziamento e l’uso della mascherina, con il logico incremento del numero dei contagi giornalieri, ormai sopra 50mila, e del numero dei decessi. Il secondo: l’uscita dall’Europa con il conseguente isolamento che ha portato ad una mancanza di forza lavoro, che ora rischia di frenare la crescita economica del Paese. È evidente che la scelta di isolamento imposta dal governo di Boris Johnson ha prodotto diversi problemi, l’aver deciso di frenare l’immigrazione poco qualificata ha di fatto privato il paese della forza lavoro necessaria. Gli aspetti più evidenti sono la mancanza di camionisti per rifornire di carburante le stazioni distributrici e la mancanza di cibo e bevande per aver perso con la Brexit tanti lavoratori europei impiegati in questi settori. Lo stesso problema è emerso nel settore dell’assistenza sociale per adulti. L’isolamento scelto con la Brexit sta aggravando ancora di più la crisi energetica della Gran Bretagna con aumenti dei costi del gas naturale per l’incremento della domanda dalla Cina, la riduzione delle forniture dalla Russia e l’impossibilità ad accedere ad importanti impianti di stoccaggio e alla solidarietà tra gli Stati membri dell’Ue. Questi fatti fanno prevedere serie difficoltà sulla ripresa economica post pandemia, sempre che i numeri dei contagi non continuino a crescere con la necessità di riadottare misure di contenimento soprattutto nelle aree maggiormente abitate come Londra. Anche nel nostro Paese, l’isolamento molto spesso invocato per contrastare le difficoltà economiche e sociali, e riassunto da slogan del tipo “prima gli italiani”, non porta a soluzioni sostenibili. L’isolamento può essere utile per contrastare il Covid, ma non per accrescere il benessere economico e sociale. Vediamone un esempio. Per realizzare il Pnrr, secondo stime dell’Associazione nazionale dei costruttori edili, per soddisfare le richieste provenienti dal privato mancherebbero circa 265mila lavoratori, tra ingegneri, project manager, responsabili della gestione di cantieri, autotrasportatori e operai.
*Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche
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