Il suggestivo borgo di Elcito

Lo sforzo di riflessione sui borghi e il coraggio di fare delle scelte

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 12 Maggio 2021, 09:28

È lamentela diffusa il fatto che il nostro paese non sia in grado di valorizzare in modo adeguato il suo eccezionale patrimonio storico e culturale, in particolare quello diffuso nelle piccole città e nei piccoli borghi. Anche su questo fronte ci si attende una svolta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Le misure in questo ambito sono contenute nella Missione 1: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura. All’ultima componente, denominata Turismo e Cultura 4.0, sono assegnati 6,7 miliardi di Euro.

Non sono una quota elevata; tuttavia, ciò che conta non è tanto la quantità delle risorse quanto la loro destinazione e la effettiva capacità di attivare meccanismi virtuosi di crescita. È significativo che le misure per la cultura siano inserite all’interno della prima missione, nella quale si enfatizzano gli interventi per la transizione digitale e la competitività del sistema produttivo. La valorizzazione del patrimonio storico e culturale dovrà necessariamente basarsi sull’utilizzo delle nuove tecnologie, in particolare quelle digitali.

Si tratta di un passaggio importante affinché la valorizzazione non si limiti alla sola conservazione ma favorisca la fruizione e lo sviluppo di attività e servizi complementari. Per quanto concerne il collegamento con il turismo l’obiettivo più volte richiamato nel Piano è quello di evitare la concentrazione dei flussi in pochi siti attrattivi del turismo di massa e favorire il riequilibrio della domanda verso destinazioni generalmente tagliate fuori dai grandi flussi. A quest’ultimo obiettivo rispondono gli interventi destinati alla rigenerazione dei piccoli siti culturali e del patrimonio religioso e rurale. Ad essi sono destinate le maggiori risorse: 2,7 miliardi di euro pari al 40% del totale. Le misure comprese in questo ambito sono di particolare interesse per la nostra regione.

La prima, cui è destinato 1 miliardo di euro, riguarda l’attrattività dei borghi; la seconda (0,6 miliardi) la tutela e la valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale. La prima misura prevede lo sviluppo di un “Piano Nazionale Borghi” finalizzato a valorizzare il patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni presente nelle aree interne.

Un patrimonio che nella nostra regione è particolarmente significativo. Il piano ne riconosce l’enorme valore paesaggistico-culturale e il grande potenziale per la crescita economica. Rimane, però, aperta la questione di come tradurre questo potenziale in effettiva spinta alla crescita del reddito.

Nel Piano si indicano due strade: la prima è quella dell’attivazione di iniziative imprenditoriali e commerciali (ad esempio nuove modalità ricettive) volte ad incrementare i flussi turistici; la seconda è quella della rivitalizzazione dei mestieri tradizionali e dell’artigianato. Nelle intenzioni del piano questi interventi dovrebbero favorire la conservazione del paesaggio e delle tradizioni e allo stesso tempo contrastare lo spopolamento delle aree interne.

Quest’ultimo risultato non è, però, affatto scontato. Le attività turistiche e artigianali offrono occasioni d’impiego poco attraenti dal punto di vista della continuità e del livello del reddito; da sole possono rallentare o accompagnare il lento declino ma difficilmente dar luogo a nuovi modelli di sviluppo, se non per le aree più marginali. Se consideriamo le are interne nel loro complesso, le loro prospettive di sviluppo non scaturiranno automaticamente dagli interventi di conservazione del patrimonio storico e culturale ma dalla possibilità di sviluppare attività e iniziative imprenditoriali attraenti per i giovani: non solo nel turismo e nell’artigianato ma anche nel manifatturiero e nei servizi avanzati.

Questo implica uno sforzo aggiuntivo di analisi e riflessione per capire come attrarre queste attività almeno in alcuni dei tanti borghi presenti nell’Appennino. A tal fine è necessario accettare la necessità di effettuare delle scelte e di concentrare gli interventi in alcuni luoghi piuttosto che in altri. Bisogna avere il coraggio di adattare, e se del caso modificare, la geografia degli insediamenti che si è consolidata in altra epoca ma che non sempre risulta adatta per la nostra.

* Donato Iacobucci Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni

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