Ieri 25 Aprile si è festeggiata la Liberazione, la festa della Libertà riconquistata. Come disse, all’inizio della mia generazione nel 1955, Piero Calamandrei nel discorso introduttivo sulla Costituzione agli studenti di Milano: «La Libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai». La libertà deve essere alimentata, difesa con un impegno politico e sociale costante. La Costituzione ne sancisce il valore, ne individua i confini, ne condivide lo spirito, noi dobbiamo difenderne il valore impegnandoci per abbattere ogni ingiustizia sociale ed economica, ogni discriminazione, evitando così scelte populistiche o nazionalistiche, tanto di moda in questo periodo, che portano a rinunciare all’impegno politico demandando ad altri, magari con pieni poteri, le scelte politiche e sociali, privandosi così della libertà di farlo. Il 25 Aprile è la festa dei tanti che dopo anni di dittatura, di guerra, di deportazioni in campi di sterminio, ritrovano la libertà e fondano la democrazia. Limpido il messaggio del Presidente Sergio Mattarella «ricordare il sacrificio di migliaia di connazionali che hanno lottato nelle fila della Resistenza e combattuto nelle truppe del Corpo italiano di liberazione, di quanti furono deportati, internati, sterminati nei campi di concentramento e delle donne e degli uomini di ogni ceto ed estrazione che non hanno fatto mancare il loro sostegno, pagando spesso duramente la loro scelta». Questi sono i valori che dobbiamo trasmettere alle giovani generazioni. Ragazze e ragazzi che 76 anni fa’ hanno combattuto e vinto una dura battaglia contro la dittatura per fondare un Paese democratico, inserito in un contesto europeo, e per donarci il più lungo periodo di pace e di crescita sociale e culturale oltre che economica. Senza l’impegno, spesso pagato con la morte, di queste ragazze e di questi ragazzi avremmo ancora in vigore le leggi razziali, una dittatura e l’annientamento di ogni libertà di pensiero, di espressione e l’assenza di una rappresentanza democratica liberamene eletta da tutti. Ricordiamolo, tutto questo hanno combattuto e vinto. Come sarebbe stato il nostro Paese senza il loro impegno? Questa limpida verità a volte viene negata, confusa, annebbiata da alcune persone che hanno responsabilità amministrative e politiche o, ancora più grave, responsabilità educative. Quest’anno è accaduto anche nella nostra Regione, con una lettera inviata a tutti gli Studenti dal Direttore dell’Ufficio Scolastico delle Marche, dove si omette di ricordare che fu una lotta contro l’autoritarismo, il confino, il carcere e la violenza come strumento di governo, negando di fatto quanto ricordato dal Presidente Mattarella nel suo discorso. Ai più giovani la storia va presentata nella sua coerenza e verità, senza interpretazioni o distorsioni, per evitare di riproporre gli stessi errori e orrori. Invito gli insegnanti, anche in questo periodo di didattica frammentata, di dedicare spazio per raccontare ai propri studenti la nostra recente storia, vissuta dai nostri genitori e nonni, perché solo dalla comprensione degli errori commessi si può evitare di commetterne altri.
*Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche
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