Tasi, retromarcia sulla Chiesa
Gli immobili di culto non pagheranno

Tasi, retromarcia sulla Chiesa Gli immobili di culto non pagheranno
di Luca Cifoni
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Mercoledì 5 Marzo 2014, 10:16 - Ultimo aggiornamento: 10:17
ROMA - Il governo fa retromarcia: la Chiesa e gli enti no profit si vedranno applicare sulla Tasi la stessa disciplina che vigeva con l’Imu. Dunque esenzione totale per gli edifici di culto e pagamento dell’imposta per quelle porzioni degli immobili nelle quali si svolgono attività commerciali. In più vengono esclusi dalla nuova tassa sui servizi gli immobili delle Regioni, dello Stato e dei Comuni destinati all’utilizzo istituzionale.



Per quanto riguarda il meccanismo delle detrazioni, è confermato che toccherà ai Comuni prevederle in cambio della possibilità di aumentare le aliquote oltre i tetti stabiliti, per un ulteriore margine complessivo pari allo 0,8 per mille. Nel testo c’è un riferimento esplicito alla precedente Imu: gli sgravi decisi a livello locale dovranno fare in modo di non aumentare il prelievo rispetto a quell’imposta. Si tratta di un vincolo certamente non facile da rispettare a livello di singolo contribuente.





In tema di esenzioni dunque la versione finale del decreto legge sugli enti locali ribalta l’impostazione data in precedenza: nella bozza uscita dal Consiglio dei ministri di venerdì, a cui faceva riferimento anche il comunicato di Palazzo Chigi, venivano menzionati solo i circa 25 immobili inclusi come extraterritoriali o comunque esenti da tributi nel Concordato tra Stato e Chiesa cattolica. Ora invece viene espressamente richiamata la norma applicata fin dal 1992 ai fini dell’Ici e poi dell’Imu: tra gli edifici esclusi dall’imposta ci sono anche quelli destinati all’esercizio del culto e poi ancora quelli di Stati esteri, i musei le biblioteche e le altre sedi culturali.

Quanto agli immobili delle varie associazioni senza fini di lucro, che comprendono oltre a al volontariato vero e proprio anche partiti politici e sindacati, il versamento della Tasi sarà condizionato alla verifica dell’effettivo utilizzo degli immobili: si pagherà solo per le parti destinate ad attività commerciali, con l’eccezione dei partiti i cui edifici saranno comunque soggetti all’imposta.



Vengono poi esentati - e questa è un’aggiunta rispetto al regime Ici-Imu - gli immobili pubblici destinati a compiti istituzionali. Si evitano così dei versamenti che avrebbero potuto essere causa di contenzioso tra i vari livelli statali. E sono esenti anche i terreni agricoli.



I MARGINI DEI COMUNI

Con questo decreto dovrebbe finalmente essere definita in modo completo la struttura del tributo già delineata nella legge di stabilità. Per il 2014 le aliquote potranno arrivare fino al 3,3 per mille per quanto riguarda le abitazioni principali e all’11,4 per la generalità degli immobili (compresa l’Imu): ma questi tetti non potranno essere raggiunti contemporaneamente perché il margine massimo complessivo è dello 0,8 per mille rispetto ai limiti di 2,5 e 10,6 per mille. I Comuni che sfrutteranno questa facoltà dovranno applicare detrazioni per l’abitazione principale tali da evitare un aumento del prelievo rispetto all’Imu: per rispettare alla lettera questo obiettivo servirebbero detrazioni decrescenti al crescere della rendita catastale.



Infine, a differenza di quanto previsto nella legge di stabilità, non saranno esenti aree condominiali, parcheggi, cortili e garage, che comunque normalmente rientrano nell’Imu.