Il re del cachemire Cucinelli
"Ecco perché l'Italia ce la farà"

Lo stilista Brunello Cucinelli
Lo stilista Brunello Cucinelli
di Maria Latella
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Venerdì 15 Agosto 2014, 18:04 - Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 11:41
ROMA - Brunello Cucinelli uno di quegli italiani che all'estero suscitano prima curiosit e poi ammirazione. Ha creato, e non ereditato, un'azienda del lusso apprezzata in tutto il mondo.



Essendo tutt'altro che ingenuo, l'ha quotata in Borsa al momento giusto. Dal suo punto di vista, si capisce, ha più di una ragione per essere contento. E ottimista. In quest'intervista spiega perché si spinge ad esserlo anche per l' Italia.



«Stiamo vivendo una rinascita che non può essere né nitida né immediata. I cambiamenti radicali non si percepiscono subito. La rinascita è partita con l'arrivo di questo stimatissimo Papa».



Ma nell'economia italiana la rinascita ancora non si vede.

«A me sembra che per gli imprenditori del made in Italy si dischiudano prospettive. Il prossimo meeting sul lusso si terrà a Milano ed il tema è “Ritorno in Italia”, ritorno a produrre qui per il lusso, per la meccanica di pregio, per l'alimentare di pregio. Il mondo intero è affascinato dalla qualità».



Un altro tema che da Mario Draghi a Confindustria tutti costantemente ricordano è l'eccessiva pressione fiscale che in Italia soffoca cittadini e imprese.

«La nostra azienda paga le tasse in Italia come in Germania o negli Usa e le assicuro che non sono più basse. La questione è il costo del dipendente: lo Stato porta via troppo dalla busta paga del dipendente. Renzi ha cercato di restituire qualcosa con gli 80 euro».



Che però non hanno inciso sui consumi. Perché?

«Perché sui consumi stiamo vivendo un vero ridimensionamento. Negli ultimi 20 anni si era esagerato. Come dice Epicuro, l'uomo deve vivere. E per vivere l'uomo utilizza. Oltre un certo limite, però, non si utilizza più, si consuma. Ed è quel che successo negli ultimi decenni. Ora, mi pare, c’è un ritorno al sano utilizzo e un declino del consumismo».



Detto da un industriale del cachemire, il concetto merita un approfondimento. O crede anche lei alla decrescita felice teorizzata da Gianroberto Casaleggio?

«Prima le ho citato Epicuro, ed è in lui che credo. E in quello che vedo sotto i miei occhi. Nella nostra azienda l'età media è di 35 anni. Ho fatto fare una ricerca partendo da una domanda elementare. Che cosa è cambiato per voi negli ultimi tempi? È emerso che comprano meno a rate. E che vivono di più le relazioni sociali, la famiglia, gli amici, in casa. Per anni abbiamo spinto la gente a comprare, comprare, indebitarsi a rate. Era giusto? Il benessere della società non coincide col consumismo».



Nelle nuove impetuose economie, penso alla Russia e alla Cina per esempio, il consumismo è il nuovo idolo. E, tra parantesi, i consumisti russi e cinesi tengono in piedi il made in Italy.

«Le cose si stanno moderando anche li. Tempo fa è venuto a trovarmi un mio ottimo cliente russo. “In quattro anni ho comprato 50 abiti” mi ha detto, e sembrava consapevole dell'eccesso. Una elite russa, cinese, ha raggiunto in pochi anni lo stato frenetico del consumismo che noi avevamo conquistato in decenni. Ora, mi pare, stiamo tutti tornando a vivere».



La disoccupazione giovanile è il tema ormai ineludibile. E in autunno sarà ancora lì con le sue cifre demoralizzanti.

«Faccio una scommessa: sono sicuro che la disoccupazione in tre anni scenderà. Ma solo se si cambiano molte cose. La Germania ha una disoccupazione del 5 per cento perché un ragazzo che lavora in Porsche, magari a un livello modesto, non si vergogna della sua occupazione. È fiero di dire lavoro in Porsche. Noi abbiamo tolto dignità al lavoro. Noi genitori abbiamo educato i figli a vergognarsi di fare il contadino, l'artigiano, l'operaio. Una follia. Anche qui, lentamente, le cose stanno cambiando. Per esempio, anche come imprenditori del made in Italy, stiamo cercando di far capire il valore dell'artigianalità».



Quindi la prima condizione perché la sua scommessa si realizzi è tornare a dare dignità tutti i lavori. E poi?

«Bisogna dare dignità ai luoghi in cui si lavora. Decoro. Quando abbiamo preso l'azienda, che poi è diventata Cucinelli, negli ambienti in cui avrebbero dovuto lavorare gli operai non c'erano nemmeno le finestre».



A differenza di Warren Buffett o di Bill Gates, che non lasceranno le loro aziende ai figli, lei ha creato un trust per le sue. Gli anglosassoni stanno sperimentando strade diverse dall'eredità di famiglia, gli italiani sono genitori più teneri?

«L'impresa non si eredita. Tu erediti la proprietà. Il sogno di un imprenditore è che duri nei secoli e alle mie figlie ho cercato di trasmettere questo: devono preservare i fondamentali di quest'impresa. È Il contrario del mordi e fuggi».



Il mordi e fuggi è il mantra della finanza. Lei si è quotato in Borsa. Come si conciliano i suoi principi con quelli del capitalismo più aggressivo?

«C’è una parte di finanza che definirei non sana: ha contaminato aziende che già non erano gestite sanamente. Per quel che mi riguarda, mi sono quotato in Borsa e nessuno mi ha chiesto di abbassare gli stipendi, di crescere di più o di cambiare filosofia. Industria e finanza possono convivere. Torno a Eraclito: mentre le cose si riposano, le cose si rigenerano. Negli ultimi vent'anni i grandi ideali si sono "riposati", affievoliti. Ora la rinascita degli ideali c’è. Inversamente proporzionale al consumo. Io sono per la crescita garbata. Non per la decrescita felice».
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