Tasse, nel 2021 in Italia pressione fiscale da record: solo la Francia peggio di noi

Tasse, nel 2021 in Italia pressione fiscale da record: solo la Francia peggio di noi
Tasse, nel 2021 in Italia pressione fiscale da record: solo la Francia peggio di noi
di Giusy Franzese
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Sabato 16 Aprile 2022, 16:09

La festa della liberazione in Italia, lo sanno tutti, è il 25 aprile. Ma quella della "liberazione fiscale", ovvero del giorno in cui finalmente il nostro lavoro non servirà solo a pagare le tasse ma le nostre spese personali e familiari, i nostri risparmi? Nel 2022 cadrà quasi un mese e mezzo dopo: il 7 giugno. E già andrà bene, dato che lo scorso anno, il "tax freedom day" è stato  l'8 giugno, un giorno in più lavorato esclusivamente per pagare le tasse. Lo comunica la Cgia di Mestre, sottolineando che ovviamente si tratta di un esercizio teorico. «Tuttavia, questa analisi è interessante perché dà la dimensione, quando la si compara con i risultati degli altri paesi europei, di quanto sia spaventosamente elevato il prelievo fiscale e contributivo in capo ai contribuenti italiani» affermano all'ufficio studi Cgia. E così scopriamo che in Europa solo la Francia sta messa peggio di noi.

2021 tasse record

La crescita del Pil, rimbalzato rispetto al disastro del 2020 dovuto al Covid di ben 6,6%, ha portato nelle casse dello Stato molti più introiti.

L’anno scorso la pressione fiscale in Italia ha toccato il record storico del 43,5 per cento del Pil. Nel 2022, invece, è destinata a scendere al 43,1 per cento. Si piega così l'anticipo di un giorno (7 giugno anzichè 8 giugno) del tax freedom day.  In altre parole, dopo più di 5 mesi dall’inizio del 2022 (pari a 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche), il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e dal 7 giugno inizierà a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia.

Guardando la serie storica che è stata ricostruita fino al 1995, il giorno di liberazione fiscale più “precoce” è stato nel 2005 . In quell’occasione, la pressione fiscale si attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per scrollarsi di dosso tutte le scadenze fiscali. Osservando sempre il calendario, quello più in “ritardo“, come dicevamo più sopra, si è registrato nel 2021, poichè la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il “giorno di liberazione fiscale” è slittato all’8 giugno.

Il confronto Ue

Tra i big dell’UE solo la Francia ha un fisco più esoso del nostro.  Nel 2020 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 5 giugno (quasi 157 giorni lavorativi), vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro e 6 se, invece, il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea. Se confrontiamo il “tax freedom day” italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+19), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 5 giorni prima che da noi, in Olanda 11 e in Spagna 20. Il paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 20,7 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 76 giorni lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 16 marzo: 81 giorni prima rispetto al nostro “tax freedom day”.

Il taglio nel 2022

Il governo Draghi ha introdotto una serie di misure che porteranno al taglio delle pressione fiscale.  Le principali  sono: riforma dell’Irpef (-6,4 miliardi di euro di risorse); esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile lorda inferiore a 2.692 euro (-1,1 miliardi di euro) ; esonero pagamento Irap alle persone fisiche (-1 miliardo di euro). A livello assoluto, se la crescita del Pil si confermerà come previso nel Def del 3% , il gettito aumenterà e lo  Stato nel 2022 incasserà 39,7 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021. «Segnaliamo che una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che, secondo le previsioni, quest’anno potrebbe sfiorare il 6 per cento» si legge nel report Cgia. 

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