G7, tassazione globale su colossi del digitale: i punti chiave dell'accordo. Cosa sappiamo finora

I ministri delle Finanze al G7 a Londra
I ministri delle Finanze al G7 a Londra
di Roberta Amoruso
8 Minuti di Lettura
Sabato 5 Giugno 2021, 16:13 - Ultimo aggiornamento: 16:57

Un primo accordo è agli atti sulla strada della tassazione più equa nei confronti delle multinazionali, giganti del web in testa. «Un accordo storico» quello raggiunto dai ministri delle Finanze del G7 a Londra sulla tassazione globale, ha annunciato il Cancelliere dello Scacchiere inglese, Rishi Sunak. Perché dopo quattro annni di lavoro sul dossier si è arrivati a un’intesa «sul principio di una aliquota globale minima del 15% per la tassazione delle grandi imprese, applicata Paese per Paese», ha scritto su Twitter il Tesoro britannico, parlando di «una stretta sull’elusione fiscale» che farà pagare «la giusta quota» alle multinazionali di Big Tech.

Fisco, accordo al G7: tassa minima globale per le multinazionali al 15%

Secondo il Tesoro, «le maggiori imprese globali, con margini di profitto di almeno il 10%, vedranno il 20% di tutti gli utili al di sopra di tale soglia riallocato e tassato nei Paesi dove effettuano vendite». Una nota della presidenza britannica parla poi di «giusto livello» di tassazione per le multinazionali del settore tecnologico che «pagheranno le tasse in ognuno dei paesi in cui operano» e «non solo dove hanno la loro sede».

Una linea frutto di «una leadership collettiva in questo momento cruciale della ripresa economica globale» di cui Sunak si dice «orgoglioso». Nel dettaglio, un primo pilastro prevede l’applicazione delle nuove regole alle aziende globali con almeno un profitto del 10%: il 20% della quota di profitto superiore al 10% diventerebbe così soggetto a tassazione nei paesi in cui operano.

Il secondo pilastro prevede invece il principio di una aliquota minima globale di almeno il 15% imposta paese per paese, «creando - sottolinea Londra - condizioni di parità per le imprese britanniche e abbattendo l’elusione fiscale».

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La svolta è decisiva ma è destinata ad avere ulteriori passaggi cruciali. L’ambizione è quella di «cambiare il mondo», come evocato dal ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz. Soprattutto laddove fosse poi adottato anche nella sede più estesa del G20 a presidenza italiana, di cui fanno parte fra gli altri pure Cina o Russia. «In vista del G20 in Italia, ho parlato con il ministro delle Finanze italiano, Daniele Franco, dell’importanza di entrambe le nostre presidenze nell’affrontare il cambiamento climatico, e delle nostre priorità condivise su standard globali sanitari e una forte risposta economica alla crisi pandemica», ha dichiarato infatti sempre su Twitter il Cancelliere dello Scacchiere inglese, Sunak, a conclusione dei lavori del G7 finanziario.

LO SCENARIO

Il cuore dell’intesa è l’avvio della «riforma del sistema fiscale globale».

Un modo, ha precisato Sunak su Twitter, per «renderlo adatto all’era digitale» e soprattutto per «assicurare che tutte le aziende siano sottoposte ad una giusta tassazione, nei luoghi giusti». Ringraziando i colleghi ministri «per la loro disponibilità a lavorare insieme e cogliere il momento», il Cancelliere Sunak non ha poi escluso che in futuro l’aliquota del 15% possa anche aumentare. «L’accordo odierno prevede “almeno il 15 per cento”, e questo è solo il primo passo. Si parlava di questo progetto da quasi un decennio, e qui per la prima volta, abbiamo un’intesa sui principi tangibili di questa riforma». Un progresso enorme, lo ha definito il ministro britannico, ricordando la prossima tappa che attende la global minimum tax, il G20 di luglio in Italia. «Sarà l’occasione per compiere ulteriori passi avanti. Perché penso che il punto cruciale da stabilire sia un principio di equità, che garantisca parità di condizioni a tutti i tipi di società. Sia che si tratti di persone che operano nei paradisi fiscali sia che siano società digitali: livelleremo le condizioni e introdurremo il principio di equità nel nostro sistema fiscale globale».

LE REAZIONI

Soddisfatto anche il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni: «Oggi a Londra abbiamo compiuto un grande passo verso un accordo globale senza precedenti sulla riforma della tassazione delle imprese. È stato un incontro molto positivo che ci ha permesso di costruire ponti su questioni cruciali». E ancora: «Le possibilità di un accordo globale sono notevolmente aumentate. Ora dobbiamo fare l’ultimo miglio per espandere questo consenso ai membri del G20 e a tutti i paesi coinvolti nel quadro inclusivo dell’Ocse. La Commissione contribuirà attivamente a queste discussioni multilaterali in corso per garantire il raggiungimento di un accordo ambizioso a luglio», ha concluso.  «Dobbiamo uscire dalla crisi del Covid-19 con maggiore uguaglianza. L'accordo al G7 sulla
tassazione globale delle multinazionali va nella giusta direzione», ha commentato il presidente del Parlamento
europeo David Sassoli. «L'Europarlamento e l'Unione europea faranno la loro parte
».

Sulla stessa linea il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. Certo, la tassazione di almeno il 15% «è un punto di partenza», ha precisato. «Nei prossimi mesi ci batteremo perché sia la più alta possibile. La battaglia proseguirà al G20, all’Ocse ma oggi è stata raggiunta una tappa storica». Per la prima volta dopo decenni, ha aggiunto il ministro, «gli Stati membri del G7 sono capaci di definire delle regole per il sistema internazionale del ventunesimo secolo. Un accordo di cui possiamo essere orgogliosi. Sono 4 anni che siamo impegnati per una giusta tassazione del digitale e per un tassazione minima delle imprese. Ci siamo. Ci sarà una tassazione sui colossi del digitale e ci sarà una tassazione minima per quanto riguarda la tassazione sulle società per evitare l’evasione e ottimizzazione fiscale». Per il ministro dell’Economia francese insomma quello trovato a Londra al G7 «è un accordo ambizioso». Un «impegno senza precedenti» per la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, «che metterà fine alla corsa al ribasso nella tassazione aziendale, assicurando equità per i lavoratori negli Stati Uniti e in tutto il mondo». Un passo avanti, «che auspico possa essere un percorso per arrivare all’abolizione dei paradisi fiscali», ha commentato l’economista Giulio Sapelli interpellato da AdnKronos sull’accordo raggiunto al G7 per una tassazione comune sulle multinazionali almeno del 15%.

«Occorrerà naturalmente verificare tutte le clausole di applicazione, ma si tratta di un elemento di cooperazione importante in una questione fondamentale che è la tassazione», ha sottolineato il professore di Storia economica all’Università degli Studi di Milano. Secondo Sapelli infatti «nessuna crisi economica può essere affrontata solo con la politica monetaria, ma occorre operare anche con la politica fiscale. Questo accordo fa auspicare che le teorie monetariste e neoliberiste comincino a sgretolarsi davanti la pandemia». Sull’Unione europea poi l’economista ribadisce che «se avessimo una Costituzione federale avremmo anche una Banca centrale e una politica fiscale veramente unitaria, che ci consentirebbe di affrontare il tema dei salari bassi in Europa e della deflazione», ha concluso Sapelli.

I CORRETTIVI

«Accogliamo con favore l’accordo raggiunto a Londra dai ministri delle Finanze G7 sulla corporate tax. Per noi è solo l’inizio di un percorso che pone fine all’incondizionata libertà delle multinazionali», ha commentato da parte sua Pierpaolo Bombardieri segretario generale Uil. «Non si tratta di una questione che ci riguarda da lontano, ma da vicino, e tocca direttamente aspetti come la giustizia sociale e fiscale, il benessere dei lavoratori italiani e europei, la sana concorrenza e il dumping di ogni forma». «I negoziati sono per definizione complicati, ma ci lasciano perplessi il gioco al ribasso che è sembrato profilarsi con il Presidente Biden, che aveva inizialmente proposto un’aliquota minima del 21%, e l’apparente posizione di molti Paesi europei che, per tutelare lo status quo, avrebbero spinto per aliquote ancora più basse. Questa situazione non è più tollerabile: decine di miliardi, ogni anno, vengono sottratti al benessere della collettività, alla sanità, alle politiche sociali. Elusione fiscale e paradisi fiscali non sono più tollerabili all’interno dell’Unione Europea. Tutte queste ragioni confermano, inoltre, la necessità di un deciso passo in avanti nella riforma della governance europea. L’accordo di Londra è solo un primo passo e, come dichiarato in una lettera al Guardian dei 4 ministri delle finanze europei, compreso il Ministro Franco, il 15% é solo un punto di partenza. Continueremo a batterci con il Sindacato Europeo, in Europa, affinché si proceda spediti e vengano parallelamente adottate misure per assicurare la responsabilità sociale delle multinazionali e garantire milioni di lavoratori», conclude Bombardieri.

LE TRATTATIVE

In realtà le trattative per cercare un accordo fiscale internazionale risalgono addirittura al 2013. Ma le posizioni di Europa e Stati Uniti sono stati per anni distanti all'interno  dell’Ocse, in particolare sulla tassazione delle grandi società tecnologiche statunitensi. Il clima è però cambiato con l'avvio della presidenza  di Joe Biden che ha di fatto corretto la rotta di Donald Trump.

Le maggiori tensioni erano soprattutto tra Parigi e Washington. La Francia è stato il primo Paese a provare ad andare oltre il lento processo avviato dall'Ocse sulla tassazione degli utili, scegliendo la strada  del prelievo esclusivamente sui ricavi digitali delle grandi imprese. Dopo anni di minacce tra Usa ed Europa e i ripetuti tentativi dell'Ocse di trovare una linea comune, a cambiare la rotta è stato il cambio di testimone a Washington, unito alle crescenti pressioni dell'Europa per arrivare a un adeguamento del fisco all'era digitale, tanto più necessaria ora, dopo la rivoluzione anche digitale  impressa dalla pandemia.

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