«Reddito di cittadinanza, il 65% al Sud: ma gli aiuti Covid sono andati quasi tutti al Nord»

«Reddito di cittadinanza, il 65% al Sud: ma gli aiuti Covid sono andati quasi tutti al Nord»
«Reddito di cittadinanza, il 65% al Sud: ma gli aiuti Covid sono andati quasi tutti al Nord»
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Lunedì 17 Ottobre 2022, 15:41

Il presidente dell'Inps Pasquale Tridico, oggi a Palermo ha risposto ai cronisti a margine della presentazione del XXI rapporto annuale dell'Istituto, e ha dato numeri interessanti sul reddito di cittadinanza e sugli aiuti Covid: secondo il numero 1 dell'istituto previdenziale, gran parte dei fondi stanziati per il reddito vanno al Sud, ma gli aiuti Covid sono andati in maggioranza al Nord.

«La spesa totale dell'Istituto nel 2021 è stata di 385 miliardi di euro tra pensioni e assistenza: abbiamo speso circa 60 miliardi per prestazioni Covid tra cassa integrazione, bonus per gli autonomi e altro», ha detto Tridico. «Continuiamo a dire che il 65% del reddito di cittadinanza va al Sud, ma dimentichiamo di dire che il 70% delle prestazioni Covid sono andate al Nord. Anche per un fattore di onestà nei confronti di tanti cittadini del Sud bisogna guardare alla spesa nel suo complesso e non ai 7,6 miliardi che all'anno si spendono per il reddito di cittadinanza».

Quanto alla riforma delle pensioni e all'ipotesi quota 58-59 anni con un assegno più basso, Tridico specifica: «Credo che tutte queste riforme siano orientate a un principio giusto, ovvero quello di garantire una certa flessibilità in uscita rimanendo ancorati tuttavia la modello contributivo.

Su questo eravamo orientati anche durante il governo Draghi. Quindi se si va in questa direzione poi ovviamente la politica deciderà ma si sembra che si è abbastanza in linea rispetto a quello che si stava facendo». 

E ancora, sull'Opzione donna: «'L'Opzione donna' ha avuto un tiraggio rispetto alla platea del 25%, un dato che dimostra che la scelta è stata fatta da meno di un terzo delle donne. Dato basso? È una scelta. Tutti sanno che col modello contributivo se si va in pensione prima si va con un minore assegno pensionistico. È normale nel nostro modello contributivo, ce lo abbiamo dal '95, l'abbiamo riconfermato con la riforma Fornero», ha aggiunto. 

«Il rapporto individua il Paese in forte recupero nel 2021, in crescita occupazionale ed economica. Segnala tuttavia anche una frammentazione del mercato del lavoro in termini di occupazione, precarietà e di bassi salari», ha detto ancora il numero 1 dell'Inps. «Riportiamo un terzo di lavoratori che guadagna sotto i mille euro e un 22%, che è un picco storico, di lavoro a termine - ha detto Tridico - Sono problemi che riscontriamo rispetto anche a una transizione verso l'uscita dal mercato del lavoro, ovvero la pensione con redditi sempre più bassi. Il fattore di investimento offerto oggi dal Pnrr potrebbe essere soprattutto al Sud e città come Palermo un volano per risolvere quei problemi strutturali che ha il nostro mercato del lavoro».

Ipotesi pensione a 58-59 anni con 30% in meno

L'ipotesi di andare in pensione a 58-59 anni con un assegno più basso viene dalla futura premier Giorgia Meloni, che propone di andare via dal lavoro già a 58-59 anni e con 35 anni di contributi, ma perdendo fino al 30% della pensione. Una proposta, scrive Repubblica, che la Meloni starebbe valutando per superare definitivamente la legge Fornero. La cosiddetta 'Opzione Uomo' - si sottolinea - permetterebbe da una parte di mantenere le promesse elettorali di Fratelli d'Italia su una maggiore flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, dall'altra di realizzare una riforma senza compromettere in maniera eccessiva i conti pubblici. L'ipotesi si aggiungerebbe alla proposta di riforma previdenziale avanzata dalla Lega che invece prevede la cosiddetta 'quota 41'.

Landini boccia la proposta Meloni

La proposta è però bocciata sul nascere dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini: «Mandare in pensione le persone riducendogli l'assegno non mi pare sia una grande strada percorribile», afferma a margine dell'assemblea nazionale dei delegati della Fillea-Cgil a Milano. «Credo - aggiunge - che il tema sia quello di affrontare la complessità del sistema pensionistico». «Credo poi - sottolinea - che ci sia un altro tema di fondo per dare un futuro pensionistico a tutti i lavoratori: bisogna combattere la perecarietà».

«Quello che si sta determinando in questi anni - ha spiegato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini - è che la precarietà ha impoverito le persone, perché si può essere poveri lavorando, e sta mettendo in discussione anche il futuro dei diritti sociali del nostro Paese». «Credo - conclude Landini - che uno dei temi di fondo sia superare i rapporti di lavoro folli che non hanno ragione d'esistere e sancire che l'ingresso al lavoro dev'essere fondato sulla formazione con l'obiettivo di stabilizzare le persone».

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