Pensioni, rivalutazione assegni più bassa di quanto i pensionati devono versare a colf e badanti

Agli anziani adeguamento calcolato su una base più bassa e parziale oltre una certa soglia

Pensioni, rivalutazione assegni più bassa di quanto i pensionati devono versare a colf e badanti
Pensioni, rivalutazione assegni più bassa di quanto i pensionati devono versare a colf e badanti
di Luca Cifoni
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Martedì 17 Gennaio 2023, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 19:19

Si fa presto a dire rivalutazione: anche i pensionati quest'anno vedono i loro assegni adeguati all'inflazione, ma l'incremento percentuale effettivo sarà molto più basso di quello riconosciuto ai lavoratori domestici. Dei quali spesso sono datori di lavoro. Dunque gli anziani onoreranno gli impegni contrattuali nei confronti dei propri preziosi dipendenti, con il risultato però di dover consumare in proporzione più risorse finanziarie rispetto allo scorso anno.

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LE FORMULE


Per capire la situazione bisogna partire con un po' di pazienza da numeri e formule.

In comune tra le due categorie c'è l'indice dei prezzi utilizzato, ovvero quello calcolato dall'Istat per le famiglie di operai e impiegati (Foi). L'incremento contrattuale per colf e badanti è calcolato in misura dell'80 per cento dell'aumento del Foi a novembre 2022 rispetto allo stesso mese dell'anno precedente: quel valore è risultato pari all'11,5 e dunque la percentuale di aumento sarà del 9,2. Per i pensionati invece la rivalutazione viene calcolata sulla base dell'inflazione media dello scorso anno (più contenuta perché comprende anche i primi mesi che furono un po' meno caldi sul fronte dei prezzi).

Il dato ufficiale sarà diffuso oggi e si attesterà intorno all'8%. Ma in realtà il valore applicato sarà ancora più basso, perché si ferma alla stima provvisoria fatta dal governo un paio di mesi fa, pari al 7,3%. Che è già meno di 9,2%. Non tutti i pensionati però otterranno questo adeguamento: sarà attribuito per intero a chi ha un trattamento fino a quattro volte il minimo Inps, mentre per gli importi superiori la legge di Bilancio ha previsto una serie di decurtazioni, finalizzate a ridurre la spesa per il bilancio pubblico. Ad essere penalizzati sono assegni previdenziali certo non bassi ma nemmeno elevatissimi, soprattutto se buona parte è destinata a pagare indispensabili servizi in casa.


A questo punto facciamo un paio di esempi concreti. Immaginiamo un pensionato con un trattamento lordo di 2.800 euro al mese, che ne versa 1.200 ad una collaboratrice domestica. Avrà (da febbraio con gli arretrati del primo mese dell'anno) un incremento lordo del 3,87%, corrispondente al 55% del 7,3% che come abbiamo visto è la percentuale base della rivalutazione. Ma siccome sulla pensione viene automaticamente trattenuta l'Irpef, il suo aumento netto vale in realtà meno, circa il 3,2%. Alla domestica dovrà invece riconoscere il 9,2 per cento in più, dunque una maggiorazione quasi tripla di quella che ha avuto lui. La proporzione è ancora meno favorevole per una pensionata con un assegno un po' più alto (3.200 euro al mese) che fruisce dei servizi di una badante che ne guadagna 1.500, sempre lordi. In questo caso la sua rivalutazione del 3,42 per cento (il 47% del 7,3%) si assottiglia ancora dopo la trattenuta fiscale operata dall'Inps, scendendo al 2,9. Lo stipendio della dipendente va sempre rivalutato del 9,2 per cento.

 


LA DICHIARAZIONE


I pensionati con trattamenti più bassi, al di sotto dei 2.100 euro, hanno invece diritto all'intero 7,3% di rivalutazione. Che però diventa circa il 6 in termini netti. Dunque anche per loro c'è uno scarto rispetto al miglioramento retributivo che per legge deve andare ai collaboratori, pur se meno marcato. Va ricordato che anche le retribuzioni di colf e badanti sono soggette a Irpef, quando superano l'importo annuo di circa 8.200 euro. Ma le famiglie che danno loro lavoro non hanno il compito di operare la trattenuta (sarebbe un onere troppo impegnativo) e si limitano a certificare la retribuzione pagata. Per cui i lavoratori e le lavoratrici del settore domestico sono chiamati a versare le imposte l'anno successivo con la dichiarazione dei redditi ed eventualmente solo in quella sede perderanno una quota dei propri aumenti.
 

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