Pensioni, crollo del Pil e Quota 100 fanno schizzare la spesa nel 2020

Pensioni, crollo del Pil e Quota 100 fanno schizzare la spesa nel 2020
Pensioni, crollo del Pil e Quota 100 fanno schizzare la spesa nel 2020
di Luca Cifoni
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Giovedì 24 Settembre 2020, 00:48 - Ultimo aggiornamento: 00:52

Spesa per pensioni sempre più pesante sul Pil: il crollo del prodotto interno lordo indotto dal Covid 19, insieme all’aumento delle uscite in applicazione di Quota 100, spinge verso l’alto l’incidenza percentuale delle uscite previdenziali, che quest’anno toccherà il 17 per cento. La Ragioneria generale dello Stato ha aggiornato le proprie previsioni di medio e lungo periodo, che sono ora disponibili proprio nei giorni in cui è in corso il confronto tra governo e sindacati sulle possibili nuove forme di flessibilità in uscita.


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La nuove stime - è la premessa inserita nel testo - scontano l’assoluta incertezza determinata proprio dalla possibile evoluzione della pandemia, nel mondo e nel nostro Paese. Ma siccome le tendenze dei prossimi anni sono determinate dalle ipotesi demografiche ed economiche che si possono fare oggi, lo scenario base è costruito supponendo che ci sia «un rapido ritorno alla crescita» dopo la fine del lockdown. Sono però presi in considerazione anche sviluppi della situazione diversi e meno favorevoli, che avrebbero un impatto ancora più pesante sull’evoluzione della spesa da qui al lontano 2070, che è l’ultimo anno inserito nel quadro di previsione.
In ogni caso, anche senza immaginare esiti drammatici, il rigonfiamento della curva della spesa rispetto alle previsioni fatte meno di un anno fa è piuttosto evidente. Dipende in larga parte dal fatto che il prodotto interno lordo, che è il denominatore della frazione, risulterà molto più basso di quanto si potesse immaginare. Ma sul livello della spesa previdenziale incidono in modo sostanziale anche le misure messe a punto dal precedente governo: dunque l’uscita con Quota 100, ovvero con almeno 38 anni di anzianità contributiva e 62 di età e l’abolizione, fino al 2026, del legame tra evoluzione dell’aspettativa di vita e requisito richiesto per la pensione anticipata, conseguita a prescindere dall’età. Quota 100, come è noto, andrà ad esaurirsi il prossimo anno dopo tre anni di applicazione, ma gli effetti di questa misura - avverte la Ragioneria generale dello Stato - si protrarranno pur se con intensità contenuta anche nel medio-lungo termine.

Più nel dettaglio il rapporto spiega che tra il 2019 e il 2021 si registrerà un accesso al pensionamento a livelli superiori a quello del periodo precedente la riforma Fornero. Questo proprio perché, proprio mentre raggiungevano il diritto alla pensione lavoratori che erano stati bloccati dal drastico provvedimento adottato alla fine del 2011, a queste uscite si sono aggiunte quelle rese possibili dal più generoso canale di pensionamento. Con le nuove regole, si legge nello studio, non è più stato possibile mantenere «flussi di pensionamento sostanzialmente coerenti con l’obiettivo della sostenibilità delle finanze pubbliche pur in presenza del progressivo avvio della transizione demografica fortemente negativa per l’Italia». Proprio questa sostenibilità - è il ragionamento - è stata almeno in parte messa in discussione.
 

Effetto demografico



Dopo il picco di spesa previdenziale al 17 per cento del Pil quest’anno, nel 2021 è atteso un ripiegamento al 16,4. Poi ci sarà qualche saliscendi, quindi il livello delle uscite riprenderà a crescere stabilmente a partire dopo il 2029 per riportarsi al 16,6 per cento nel 2042. Un fenomeno legato soprattutto allo sviluppo demografico: in quegli anni infatti andranno gradualmente in pensione i lavoratori nati nel periodo di boom che ha avuto il suo culmine negli anni Sessanta. E a compensare questa ondata di pensionamenti non basteranno il passaggio a regime del sistema di calcolo contributivo e il progressivo innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento. Infine, negli anni ancora successivi, è attesa una rapida discesa del rapporto, che dovrebbe ridursi al 15,6% nel 2050 e poi al 13,2% nel 2070. A determinarla è essenzialmente l’applicazione ormai stabile e generalizzata del contributivo, accompagnata però dalla riduzione del numero dei pensionati: anche questo un effetto demografico inevitabile dopo l’esaurimento delle generazioni più numerose.
 

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