Sgravi solo al sud, calzaturieri delle Marche al braccio di ferro: «Pronti a trasferirci»

Sgravi solo al sud, calzaturieri delle Marche al braccio di ferro: «Pronti a trasferirci»
Sgravi solo al sud, calzaturieri delle Marche al braccio di ferro: «Pronti a trasferirci»
di Massimiliano Viti
3 Minuti di Lettura
Martedì 6 Ottobre 2020, 09:21

ANCONA - La scarpa marchigiana sta affrontando il periodo più difficile della sua storia. Se pensiamo alla crisi dell’export verso la Russia, ai terremoti, alla fine di Banca Marche e alla pandemia viene da chiedere quale altro distretto italiano sarebbe potuto restare a galla senza soffrire.



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E ora arriva pure il contestatissimo provvedimento con il quale il Governo concede sgravi al Mezzogiorno (dall’Abruzzo in giù, mentre con la Cassa per il Mezzogiorno si arrivava fino ai comuni del Piceno, ndr).
 
Uno sconto del 30% sui contributi per le imprese che assumeranno con un contratto stabile o stabilizzeranno un precario. Uno sconto valido per 10 anni.
Il rischio alle porte
Se la decisione sarà avallata dall’Europa si rischia di provocare una fuga delle produzioni marchigiane. Sono quelle che le griffe del lusso commissionano alle imprese del distretto Fermano-Maceratese e che potrebbero cedere al richiamo delle sirene delle aziende del Sud capaci di praticare dei prezzi migliori. Ma sono anche quelle delle stesse imprese marchigiane che stanno chiedendo informazioni sull’iter da compiere per trasferirsi in provincia di Teramo. 
Le critiche
«Un provvedimento insensato», commenta Valentino Fenni, presidente della sezione calzature di Confindustria Centro Adriatico che oltre ad esprimere la sua preoccupazione per le sorti del comparto, tocca il tema dell’Area di crisi complessa (Acc), lo strumento che il Governo ha pensato per poter ridare ossigeno al distretto. Uno strumento che, oltre alle infrastrutture (quali e con quale tempistica verranno realizzate?) e alle risorse destinate agli ammortizzatori sociali, prevede agevolazioni per gli imprenditori che vogliono investire. Sul piatto 30 milioni di euro, infrastrutture escluse. «Parlare di investimenti con magazzini pieni di scarpe invendute e con le vendite ferme ovunque è alquanto complesso», osserva Fenni. Agli imprenditori non solo mancano le risorse ma anche una chiara visione del futuro: due elementi chiave per investire. Il sentiment diffuso è che l’area di crisi complessa non sia più uno strumento adatto a risollevare le sorti economiche del territorio e che verrà sfruttata prevalentemente da quelle imprese con un trend positivo e bisognose di investire per ampliarsi.
I ritardi
«L’area di crisi complessa calzaturiera è arrivata con ritardo rispetto alle altre aree già presenti nella Regione Marche. È stata studiata sulla base di dati vecchi, purtroppo riscritti dal Covid-19, e su un contesto economico profondamente mutato. E soprattutto doveva essere abbinata alla Zona Economica Speciale. Quello che serve? Un provvedimento come lo “sconto Sud” da noi sempre chiesto», afferma Alessandro Migliore, responsabile Cna Federmoda Fermo e Macerata.
Il profondo rosso
Quanto ai dati del settore meglio non guardarli. In 30 mesi (tra il 2018 e il primo semestre 2020) la scarpa marchigiana ha perso 323 aziende e 2.412 addetti. Da luglio a dicembre è atteso un miglioramento che potrà solo attenuare il calo delle vendite sia all’estero che in Italia di quest’anno. Segnali di risveglio potranno arrivare solo nella seconda metà del 2021.

Ma quante imprese li vedranno?

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