Congedo di paternità anche per gli statali. Svolta dopo dieci anni, ecco come funziona

Congedo di paternità anche per gli statali. Svolta dopo dieci anni
Congedo di paternità anche per gli statali. Svolta dopo dieci anni
di Luca Cifoni
4 Minuti di Lettura
Domenica 26 Giugno 2022, 21:46

Papà a casa per condividere con le compagne - almeno in piccola parte - gioie e oneri della nascita di un figlio. I dieci giorni che la legge italiana prevede per il congedo di paternità obbligatorio dei lavoratori dipendenti sono pochi rispetto ai tre mesi di altri Paesi europei; ma finora di questa possibilità non hanno potuto fruire i neopadri che lavorano nella pubblica amministrazione. Un paradosso che nelle prossime settimane dovrebbe essere superato: il decreto legislativo appena approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri per adeguare la legislazione italiana a quella europea specifica all’articolo 1 che «nell’ottica della piena equiparazione dei diritti alla genitorialità e all’assistenza» permessi e congedi «sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni». L’idea che la legge potesse obbligare i padri a restare a casa e non semplicemente dare loro questa opzione in via facoltativa si è affacciata nel nostro Paese per la prima volta nel 2012. La norma dovuta all’allora ministra del Lavoro Fornero prevedeva per la verità solo un giorno: una novità più che altro simbolica. Parallelamente, era previsto anche un giorno di congedo facoltativo, da fruire in alternativa alla madre riducendo il periodo a lei spettante.

Congedo di paternità, i beneficiari

Nel corso del tempo la dotazione al maschile è stata via via aumentata, fino ad arrivare a dieci giorni. La legge di Bilancio per il 2022 ha poi inserito il congedo in via strutturale nell’ordinamento, mentre in precedenza si trattava di una novità sperimentale da confermare di anno in anno. Nel frattempo il numero dei beneficiari del congedo di paternità obbligatorio è cresciuto fino a superare quota 150 mila. I dieci giorni possono essere fruiti nel periodo che va dai due mesi precedenti il parto, fino ai cinque successivi, anche in contemporanea al congedo obbligatorio della madre. È importante notare che si tratta di un diritto autonomo del papà, che non influisce sull’astensione dal lavoro riconosciuta alla mamma. In caso di adozione, affidamento o collocamento temporaneo di minori si fa riferimento al momento dell’ingresso in famiglia del bambino. La relativa indennità è pari al 100 per cento della retribuzione e i giorni possono essere sfruttati anche non tutti insieme. Il padre lavoratore dipendente è tenuto ad avvisare il datore di lavoro con almeno quindici giorni di anticipo.
Mentre però la legislazione italiana tentava faticosamente di inseguire quella europea, i dipendenti pubblici non hanno potuto fruire di questo beneficio seppur limitato.

Quelli che hanno provato a richiederlo si sono scontrati con un parere dato dalla Funzione pubblica: siccome la legge del 2012 rinvia a specifiche norma applicative per la Pa, in assenza di queste il congedo non era possibile. Un messaggio alquanto incoerente da parte dello Stato, che anche in nome del sostegno alla natalità chiede alle aziende private di fare fronte alla mancanza di personale legata all’assenza dei papà, ma al suo interno non si fa carico di questo onere.

Il sindacato

Si attende dunque una svolta dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto che attua la direttiva europea 1158: quasi all’ultimo momento utile visto che questa risale al 2019. Verosimilmente la novità potrebbe concretizzarsi dopo l’estate: come già accennato non servirebbero ulteriori adempimenti, ma è possibile che sotto il profilo delle coperture finanziarie qualche difficoltà si manifesti nel settore scuola, vista la necessità di sostituire gli assenti.
La novità è stata salutata favorevolmente dalla Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche (Flp), sindacato che in tutto questo tempo aveva evidenziato l’anomalia della situazione. «È una situazione incredibile che è andata avanti per dieci anni - spiega il segretario generale Marco Carlomagno - ora speriamo che questa discriminazione venga meno e quindi che Funzione pubblica e Ragioneria generale dello Stato confermino in modo esplicito la piena applicabilità delle nuove norme ai dipendenti». 

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