Gas, dichiarato lo stato di pre-allarme in Italia: Draghi cerca nuove vie

Il premier studia progetti alternativi per evitare di trovarsi in emergenza. Il ridimensionamento delle forniture può avere effetti negativi sulla ripresa

Bollette, la sfida del carbone per diversificare: Draghi cerca nuove vie
Bollette, la sfida del carbone per diversificare: Draghi cerca nuove vie
di Francesco Bisozzi
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Domenica 27 Febbraio 2022, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 11:59

La parola d’ordine è: diversificazione. Governo al lavoro per cambiare la politica energetica, dopo che il premier Mario Draghi ha definito imprudente non aver puntato in questi anni su più fonti di energia e più fornitori. E proprio ieri, in serata, è stato dichiarato lo stato di pre-allarme in Italia per il gas a causa dell’attuale situazione in Ucraina. Si tratta, va detto subito, di un primo step di tre e che prevede solo un monitoraggio della situazione. Ma che la dice lunga sulla necessità di intervenire rapidamente.
 

I TEMPI
L’allarme è stato lanciato dal ministero della Transizione Ecologica, autorità competente per la sicurezza degli approvvigionamenti. In una nota riportata sul sito di Snam, si mette in luce «l’attuale stato di guerra presente tra la Federazione Russa e l’Ucraina e che tale situazione insiste sul territorio attraverso cui passa gran parte delle forniture di gas naturale che approvvigionano il sistema italiano». In sostanza, si aggiunge, considerando che «il livello di pericolosità della minaccia alle forniture è sensibilmente maggiore rispetto a quanto previsto nelle analisi di rischio svolte in passato, bisogna «predisporre eccezionali misure preventive volte a incentivare un riempimento dello stoccaggio anticipato rispetto alle procedure adottate in condizioni normali, come discusso durante la riunione del Gas Coordination Group del 23 febbraio scorso». Insomma, il ministro Cingolani alza il livello di attenzione, sulla scia delle preoccupazioni già avanzate bei giorni scorsi. E invita a far presto proprio per prevenire possibili emergenze.
 

Per fronteggiare un’eventuale chiusura dei rubinetti del gas da parte di Mosca non si pensa solo al carbone.

Si guarda anche al gas qatariota, a quello proveniente dal Nord Africa (Algeria e Libia). Ai rifornimenti via nave di Gnl dagli Usa. Alle rinnovabili e al nucleare pulito di ultima generazione. Nell’informativa alla Camera sulla guerra in Ucraina, Draghi ha parlato di interventi importanti per la politica energetica su più fronti. «Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione», ha sottolineato il premier, «per superare quanto prima la nostra vulnerabilità ed evitare il rischio di crisi future». Più nel dettaglio, per compensare l’assenza di gas russo si ragiona sul potenziamento del corridoio Sud per far passare più gas azero, algerino e libico. Fari puntati dunque sui flussi da gasdotti non a pieno carico come il Tap dall’Azerbaijan, il TransMed e il GreenStream. Altro obiettivo: aumentare il volume della produzione italiana di gas almeno al 20% dell’import. In Italia poi ci sono solo tre rigassificatori, troppo pochi se si considera che l’afflusso di metaniere, le navi che trasportano gas metano liquido, appare destinato a intensificarsi. Per quanto riguarda il possibile ritorno al carbone, potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali per colmare eventuali mancanze di gas nell’immediato. Gli impianti si trovano in Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Sardegna. A gennaio di quest’anno coprivano il 4,9 per cento del fabbisogno energetico italiano. Il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima prevede che le centrali vengano chiuse o convertite entro la fine del 2025 per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione della Ue. Tuttavia, complice l’impennata dei prezzi, la riconversione delle centrali dal carbone al gas aveva subìto una pesante battuta di arresto già nei mesi precedenti. E ancora. Gli eccessi della burocrazia e dei pasdaran del Nimby, quelli che “non nel mio cortile”, hanno pesato. Proprio la burocrazia si è rivelata uno dei maggiori freni allo sviluppo delle rinnovabili, così adesso il governo non esclude semplificazioni e la sostituzione dello Stato centrale sugli enti locali inadempienti. 

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