Assegno unico figli da 800 a 3.000 euro l'anno, ma partenza rinviata: cosa sta succedendo

Assegno unico figli da 800 a 3.000 euro l'anno, ma partenza rinviata: cosa sta succedendo
Assegno unico figli da 800 a 3.000 euro l'anno, ma partenza rinviata: cosa sta succedendo
di Giusy Franzese
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Lunedì 10 Maggio 2021, 18:16 - Ultimo aggiornamento: 20:47

La partenza è rinviata: dal primo luglio si passa al primo gennaio 2022. Il debutto dell’assegno unico universale per i figli, pilastro del family act, avverrà meno tempestivamente rispetto a quanto per mesi dichiarato enfaticamente dalla ministra Elena Bonetti che ha seguito la riforma come titolare delle Pari opportunità e della Famiglia sia durante il governo Conte 2 che durante l’attuale esecutivo Draghi. La stessa ministra già da qualche giorno sta mettendo le mani avanti parlando di «una misura ponte» in attesa che la riforma entri in vigore appieno a gennaio 2022: «L‘assegno unico è una misura che stiamo costruendo, l‘idea è di partire da luglio, per farlo bisogna introdurre una misura ponte. In questa prima fase ci siamo orientati a mantenere le detrazioni che le famiglie hanno, nessuno ci perderà, e si aggiunge un assegno calibrato in base al reddito. Una fase transitoria che però deve già avere la dimensione della misura definitiva che da gennaio riassorbirà con tutte le detrazioni fiscali».

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la scadenza di luglio - La misura ponte consisterebbe nell’erogare l’assegno unico per il momento solo a chi attualmente è escluso dai benefici. Ma è ancora a livello di ipotesi non meglio dettagliata. D’altronde per rispettare la scadenza del primo luglio prossimo bisognava correre a più non posso per l’emanazione dei decreti attuativi che, tra l’altro, devono fissare la cosa che interessa di più ai beneficiari: l’entità dell’assegno. Ma dei suddetti decreti attuativi per ora non c’è nemmeno l’ombra.

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Cosa osserva la Cisl - Ci sono però delle proposte e delle simulazioni fatte da enti terzi, da ultimo la Cisl, che sono posizionati su un assegno per figlio che va da un minimo di 800 euro all’anno fino a un massimo di 2400 euro per i nuclei con i redditi più bassi. L’unica cifra “ufficiale” circolata finora è quella annunciata in una delle prime  conferenze stampa del premier Draghi che parlò di un massimo di 250 euro mensili a figlio. Se così fosse l’asticella annuale salirebbe a tremila euro l’anno a figlio.

CHE COSA È L’ASSEGNO UNICO

L’assegno unico spetterà per ogni figlio, dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del 21esimo anno d’età. Sarà un sostegno mensile per tutte le famiglie, al di là della situazione economica, anche se la cifra sarà parametrata al reddito familiare. Ne potranno usufruire quindi anche gli incapienti e le partite Iva, finora esclusi perché gran parte dei sostegni alle famiglie sono legati al contratto di lavoro (dipendente) o a detrazioni (che non si percepiscono con livelli di reddito sotto la no tax area). Potranno richiederlo non solo i cittadini italiani, ma anche gli stranieri Ue ed extra Ue purché rispettino cumulativamente quattro condizioni: avere il permesso di soggiorno (per soggiornanti di lungo periodo o per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale); pagare l’Irpef in Italia, senza limitazioni; vivere con i figli a carico in Italia; essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o di durata almeno biennale.

L’ENTITÀ DELL’ASSEGNO

I decreti attuativi che saranno emanati da due ministeri (Famiglia e Mef) stabiliranno, tra l’altro, anche l’importo dell’assegno, che dovrebbe essere compreso tra un massimo di 250 euro al mese per figlio (per le famiglie con Isee basso) fino a un minimo di 40 euro.

La delega impone comunque di modulare l’assegno in base all’Isee, di dividerlo in parti uguali tra i genitori, di prevedere una maggiorazione a partire dal secondo figlio e di aumentarlo tra il 30% e il 50% in caso di figli disabili. Non solo: fino a 18 anni andrà ai genitori poi potrà proseguire fino ai 21 anni e dato direttamente ai figli, su richiesta, «per favorirne l’autonomia». Il sostegno sarà corrisposto dopo la maggiore età però solo se i ragazzi studiano, fanno un tirocinio o hanno primi lavori a basso reddito.

LE MAGGIORAZIONI

A ogni modo i decreti attuativi dovranno prevedere due maggiorazioni: una dal terzo figlio in poi (non ancora quantificata); l’altra, tra il 30 e il 50%, per i figli disabili a carico, per i quali è previsto anche il mantenimento dell’assegno dopo il 21esimo anno d’età. Per i maggiorenni under 21 (ancora a carico dei genitori) la cifra base sarà comunque più bassa rispetto a quella per i minorenni e si prevede possa essere corrisposta direttamente al ragazzo «per favorirne l’autonomia». L’assegno unico è cumulabile con il reddito di cittadinanza. In caso di separazione l’assegno spetta al genitore affidatario e, in caso di affidamento congiunto o condiviso l’assegno è ripartito, in mancanza di accordo, al 50% tra i genitori. L’erogazione potrà essere cash (per gli incapienti) o come credito d’imposta.

LA PROPOSTA

Un assegno minimo uguale per tutti di 800 euro a figlio (circa 67 euro al mese) e una quota legata al reddito che può aumentare la dote fino a 1.600 euro l‘anno in più (133 euro al mese), per arrivare ad un massimo di 2.400 euro a figlio (200 euro mensili) per il 20% delle famiglie con i redditi più bassi. Per misurare la parte legata al reddito non dovrebbe essere usato l‘intero Isee, ma solo la sua componente reddituale (Isr). È la proposta avanzata dalla Cisl per il nuovo assegno unico e universale a sostegno dei figli a carico, nel corso di un webinar sul tema. Per la Cisl occorre sostituire l’indicatore Isr con l’Isee perché quest’ultimo presenta «il difetto di contemplare un rilevante peso del patrimonio».

Secondo questa proposta la componente variabile dell‘assegno unico comincia a ridursi linearmente, all‘aumentare dell‘Isr dai 16.000 euro fino ad azzerarsi per le famiglie con un Isr superiore ad 80.000 euro. L‘importo massimo dell‘assegno per figlio, pari a 2.400 euro annui, secondo le stime del sindacato, riguarderà il 20% delle famiglie interessate, quelle con redditi più bassi, mentre al 10% delle famiglie con redditi più elevati andrà un assegno d‘importo minimo pari a 800 euro annui; la restante parte (il 70%) riceverà un importo tra i due estremi in base alla propria situazione reddituale. Sono previste maggiorazioni annue per le famiglie numerose (+800 euro per ogni figlio oltre il secondo), per i figli disabili (dal +30% al +50%) e per le famiglie con madri al di sotto dei 21 anni (+1.000 euro). Per i figli maggiorenni fino a 21 anni, l‘importo è dimezzato. L‘elaborazione - sottolinea il sindacato di via Po - «risponde pienamente ai principi indicati nella normativa nonché al vincolo di bilancio, con un costo tra i 20 ed i 21 miliardi di euro».

ALTRE SIMULAZIONI

In base alle stime fatte da uno studio a cura del Gruppo di lavoro Arel/Feg/Alleanza per l’infanzia l’assegno universale con un Isee fino a 30 mila euro viene stimato in 1.930 euro all’anno (161 euro al mese) per ogni figlio minorenne e a 1.158 euro all’anno (97 euro al mese) per ogni figlio maggiorenne. A partire da 30mila euro di Isee, il valore dell’assegno decresce in modo non lineare. Oltre i 52 mila euro di Isee, l’assegno è costante a 800 euro all’anno (67 euro al mese) per ciascun figlio minorenne a carico e a 480 euro all’anno (40 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne.

CHI CI GUADAGNA E CHI CI PERDE

L’assegno unico interesserà circa 9 milioni di nuclei familiari (stima dell’Ufficio parlamentare di bilancio). Oltre 12,5 milioni di ragazzi molti dei quali ancora minorenni. Come detto, saranno i decreti attuativi a stabilire l’importo preciso dell’assegno unico universale. Secondo i calcoli dell’Istat con la riforma dell’assegno unico il 68% delle famiglie ci guadagnerebbe. In particolare quelle dei lavoratori autonomi e degli incapienti. Per una piccola platea (2,4% delle famiglie) non cambierebbe nulla. Il 29,7% invece andrebbe a perderci: si tratta dei nuclei familiari con figli over 21 a carico dei genitori che attualmente possono usufruire di detrazioni fiscali; le famiglie particolarmente con più di quattro figli con Isee basso; le coppie di fatto che dal momento della riforma dovranno cumulare i redditi di entrambi i genitori, mentre attualmente per il calcolo degli assegni per i figli possono computare il solo reddito del richiedente; le famiglie con redditi e patrimoni elevati.

GLI OVER 21

Le famiglie con figli a carico conviventi di età compresa tra 21 e 24 anni, ci perderanno di sicuro: attualmente possono beneficiare di una serie di detrazioni Irpef. Con la riforma dell’assegno unico scompare qualunque agevolazione fiscale.

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