Vittime del Covid, la parabola Valvitalia da brand nazionale a scommessa pubblica

In arrivo la terza manovra finanziaria per tentare di rilanciareun gruppo che in soli tre anni ha perso due terzi del fatturato

Vittime del Covid, la parabola Valvitalia da brand nazionale a scommessa pubblica
di Rosario Dimito
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Mercoledì 1 Marzo 2023, 14:20 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 07:49

La società è oggi una delle realtà più importanti nel settore delle valvole, tra i primi 5 produttori a livello mondiale con un fatturato 2020 di 196 milioni e più di 1.000 dipendenti in 10 stabilimenti, 7 dei quali in Italia, gli altri situati in UK, Cina e Canada.

I prodotti Valvitalia sono oggi installati in 113 Paesi nel mondo». Così si può ancora leggere nella presentazione del gruppo Valvitalia, dove si racconta orgogliosamente dell’idea di Salvatore Ruggeri che nel 2002 irrompe sul mercato della produzione di valvole con una propria azienda – Valvitalia appunto – con l’obiettivo di sfidare le grandi multinazionali americane.

REALTÀ IMPIETOSA

 Ma l’orgogliosa presentazione, si presume scritta a fine 2020, oggi si confronta con la realtà impietosa di un brand che, raggiunte le vette dell’apprezzamento nazionale e internazionale, è costretto a sottoporsi ai rigori di un piano di salvataggio il cui successo al momento è poco più di una scommessa. Bastano poche cifre per dipingere il declino che ha travolto Valvitalia a cavallo tra la pandemia e la crisi energetica: 303 milioni i ricavi 2019 a fronte di 18 milioni di margine operativo lordo; 118 milioni i ricavi 2022 a fronte di una perdita di 23 milioni accompagnata dal crollo degli ordini. Oggi il destino del gruppo fondato da Ruggeri, che ancora si fregia della produzione di valvole e raccordi per il settore oil & gas, con un numero di dipendenti ridotto a 850, non è più nelle sole mani della Finalv (la finanziaria della famiglia Ruggeri) ma è controllato al 50% da Cassa depositi e prestiti. E soprattutto deve fare i conti con una cura da cavallo che a metà marzo si concretizzerà in una nuova durissima manovra finanziaria, la terza, assistito dall’advisor Lazard che sta negoziando con Cdp, a sua volta assistita da Vitale&Co. Va detto che il comitato rischi di via Goito venerdì 17 febbraio ha dato l’ok, per la sua parte dell’operazione, dopo aver superato alcune divergenze con le banche creditrici.

UN PERCORSO COMPLESSO

Il piano è molto articolato e alla fine porterà la società del Tesoro ad aumentare la presa su Valvitalia, dove era entrata nel 2014 tramite Fondo Strategico, acquisendo lo 0,5% e poi sottoscrivendo un bond convertibile di 150,2 milioni che nel 2021, attraverso un nuovo accordo quadro, è stato convertito per 52 milioni. In particolare, il gruppo milanese deve fronteggiare un debito di 191 milioni, di cui 107 relativi a un prestito in pool del 2016 di originari 150 milioni concesso da Intesa Sp, Unicredit e Bpm che aveva rifinanziato un precedente prestito.

Questo debito rientra nella nuova manovra sul tavolo in questo momento. Al più presto le banche dovranno erogare linee di firma per 12 milioni cui seguiranno altre linee nell’arco di piano. Cdp è chiamata a sottoscrivere una cash iniection per 70 milioni, di cui 40 tramite finanziamento supersenior con interessi pik (in obbligazioni) e 30 tramite un finanziamento chirografario. Su questa iniezione straordinaria erano sorti distinguo perché per rendere l’operazione coerente con la normativa sugli aiuti di Stato, il tasso deve essere di mercato (12%) e sul rimborso Cdp gode di una priorità.

L’ARRIVO DI FORZI

 A loro volta le banche dovranno riscadenzare 30 milioni del pool attraverso un rimborso in 10 rate fino a giugno 2029 con una maxi-rata finale e stralciare 77 milioni circa in cambio di un diritto di ristoro da attingere dall’eccesso di cassa da dicembre 2025 rispetto a una soglia minima di 25 milioni che per 2/3 verrà utilizzata per rimborsare gli istituti e per il residuo Cassa depositi e prestiti. Valvitalia ha preso l’impegno a dismettere immobili non strumentali il cui ricavato superiore a 20 milioni verrà destinato a rimborsare prima Cdp poi le banche. Cdp dovrà inoltre convertire in strumenti finanziari di semi-equity il bond emesso ai sensi del fondo Patrimonio Rilancio (31 milioni). I soci di Valvitalia si impegnano inoltre, appena la situazione lo consentirà, a trovare un compratore a fronte del nuovo piano 2022-2029 fondato su sette priorità che vanno dalla stabilizzazione del prezzo delle materie a nuove iniziative commerciali nel Nord America, miglioramento delle marginalità delle commesse riducendo il numero dei fornitori a quelli più competitivi. Naturalmente forte discontinuità del top management peraltro già avviata a luglio con la nomina del ceo Andrea Forzi indicato da Cdp. Non solo, ma nel piano è disegnata la governance futura in caso di conversione anticipata del prestito di Cassa: riguardo al presidente, il potere resta in capo a Finalv fino a quando verrà designato Salvatore Ruggeri, diversamente il diritto di nomina passerà a Cdp. Sulla base di queste assunzioni, il business plan elaborato fattorizza in arco di piano un aumento dei ricavi consolidati di 144 milioni rispetto ai 150 milioni attesi nel 2022 e ai 294 del 2027, accompagnato da un margine di 39 milioni (dai -27 milioni del 2022), crescita quest’ultima che dovrebbe venire per 46 milioni dalla ripresa del mercato ma anche dall’incremento del margine delle commesse. Basteranno questi radicali interventi a rilanciare Valvitalia nel campo della redditività come auspica il suo fondatore? La sfida è lanciata.

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