Robinhood a Wall Street ma Marx non c’entra nulla: multata per aver ingannato i clienti

Robinhood a Wall Street ma Marx non c’entra nulla: multata per aver ingannato i clienti
di Flavio Pompetti
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 8 Settembre 2021, 12:11 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 12:03

Togliere ai ricchi per dare ai poveri. Questa promessa che ha attraversato la storia umana dalla Bibbia agli scritti di Karl Marx, ha trovato una nuova incarnazione militante nel mercato azionario con l’arrivo della piattaforma di servizi finanziari Robinhood: ma è tutto un inganno, che chi frequenta il mercato finanziario ha smascherato fin da subito, purtroppo inascoltato da una stampa inesperta che pensava di aver intravisto una nuova incarnazione di Occupy Wall Street. Il copione è ben rodato nel capitalismo made in Usa di ultima generazione: due compagni di università a Stanford, in California, inventano una app che permette ai loro clienti di aggirare i tradizionali ostacoli che normalmente tengono lontani dalla piazza finanziaria gli investitori più giovani: le credenziali finanziarie e la richiesta di un fondo minimo di deposito con il quale iniziare gli acquisti. Il bonus gettato nel piatto è poi la promessa di abolire le odiate commissioni che i broker «sanguisughe del sistema» riscuotono su ogni transazione. Il pacchetto è così completo: Robinhood e la sua armata di investitori in sedicesimo sono pronti ad attaccare la foresta di Sherwood – cittadella del potere finanziario – e scardinare il potere dei grandi monopoli che governano la Borsa.

I PROTAGONISTI

L’offerta era così appetitosa, e la crociata alla quale si era chiamati così impellente, che molti dei clienti che hanno aderito all’offerta (tutti giovani intorno ai 26 anni sin dal momento del debutto di Robinhood nel 2015, e poi precipitosamente ancora più in erba negli ultimi anni) non si sono preoccupati di porre la domanda più elementare: «Ma questi chi li paga?». I cinque dollari al mese riscossi dai “Gold account” della piattaforma non sono certo tanti da giustificare i miliardi di dollari finiti nelle tasche dei due co-amministratori. I due compagni di scuola Vald Tenev e Baiju Bhatt non sono dei giovani ribelli, ma professionisti che per anni si sono fatti le ossa a New York disegnando software per il trading ad alta frequenza, gli algoritmi che hanno rivoluzionato il sistema degli scambi nell’ultimo ventennio.

IL MECCANISMO

Agli investitori di Robinhood hanno raccontato che lavoravano al loro fianco per realizzare la rivoluzione finanziaria, ma i loro clienti erano altri. Lo ha scoperto l’agenzia Bloomberg lo scorso ottobre, quando ha scritto che il piatto forte degli affari di Robinhood è la cessione dietro pagamento dei flussi di ordini al dettaglio che raccoglie con la sua app. Robinhood non è un intermediario tra gli investitori e il mercato; è un raccoglitore di ordini con i suoi attuali 31 milioni di clienti. Ordini che vengono poi impacchettati e ceduti dietro compenso a una manciata di operatori ad alta frequenza, che oggi sono i veri padroni del mercato.

Robinhood passa il 46% degli ordini alla Citadel, la regina delle HFT (traders ad alta frequenza), la quale è arrivata a piazzare il 27% delle transazioni a Wall Street e addirittura il 46% del flusso degli ordini al dettaglio. La dipendenza tra le due aziende è tale da aver generato il sospetto che Robinhood sia una semplice sussidiaria dell’altra. Citadel a sua volta, grazie alla rapidità delle transazioni ad alta frequenza, ha la possibilità di investire i suoi fondi sugli stessi titoli segnalati da Robinhood prima ancora di eseguire gli ordini, e poi incassa nel momento in cui l’ondata degli acquisti provoca un’impennata del valore delle azioni.

LA SANZIONE

Il sistema del flusso degli ordini, incluso l’atipico pagamento da parte delle HFT a chi raccoglie al dettaglio, non è mai stato dichiarato illegittimo. Quando però la Sec ha multato Robinhood per 65 milioni di dollari lo scorso dicembre, lo ha fatto perché l’azienda aveva «ingannato i suoi clienti riguardo alle fonti dei suoi profitti», e perché era venuta meno all’imperativo di «eseguire gli ordini alle condizioni più vantaggiose». Nonostante la bacchettata sulle dita, Robinhood ha continuato la marcia trionfale che l’ha portata al debutto nel Nasdaq a luglio, e il suo titolo oggi viene scambiato con un certo successo. Ma la dinamica che sta dietro ai compensi da lei riscossi è tale da far concludere che Tenev e Bhatt non sono gli alfieri di una rivolta da barricata; sono loro stessi parte del sistema che dicono di combattere, e forse in quel sistema occupano uno spazio al limite della legalità.

IL RISVOLTO

 La loro irruzione nel mercato ha avuto almeno una conseguenza positiva per gli investitori: le grandi intermediarie come E Trade, TD Ameritrade e persino una veterana come Charles Schwab hanno dovuto abolire a loro volta la richiesta del pagamento di commissioni sugli ordini che ricevono dagli investitori, per tenere il passo con la concorrenza e continuare ad attrarre clienti. Basta questo per riscattare la pericolosità sociale dell’impresa condotta dai due giovani imprenditori? O per giustificare la frequenza con la quale Robinhood promuove via cellulare l’assunzione del rischio a giocatori in erba con Warren Buffett negli occhi, fino a concedere credito da “giocare in Borsa” - in questo caso l’uso dell’espressione è lecito - a diciottenni che hanno in tasca solo la paghetta elargita dai genitori? Il suicidio di un cliente ventenne di fronte ad una passività di 730.000 dollari, che tra l’altro era stata generata per sbaglio dalla piattaforma elettronica di Robinhood, la dice lunga sulla moralità dell’operazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA