Responsabilità sociale dell'impresa, è record di investimenti: quasi 2 miliardi di euro

Responsabilità sociale dell'impresa, è record di investimenti: quasi 2 miliardi di euro
di Marco Barbieri
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Mercoledì 3 Febbraio 2021, 10:14 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 18:13

Si potrebbe dire che l’idea della responsabilità sociale delle imprese (CSR, Corporate Social Responsibility) si affermò definitivamente anche per contrastare l’articolo di Milton Friedman sul “New York Times Magazine” (1970) che si era posto l’obiettivo proprio di stroncarla, quasi sul nascere: «Un’impresa ha una e una sola responsabilità sociale: avvalersi delle proprie risorse e svolgere attività miranti ad accrescere i suoi profitti». Il profitto come unica finalità sociale dell’impresa viene riproposto, cinquant’anni dopo da Franco Debenedetti (nel suo recentissimo volume “Fare profitti”), con il quale tira una sassata nello stagno della CSR, proprio quando tutto sembra muoversi nella direzione dell’imperativo sostenibilità, come ultima traduzione delle pratiche di CSR. E per questa “indebita” (per Debenedetti) commistione tra business e socialità contesta la lettera di Larry Fink, ceo di Blackrock agli imprenditori, critica il documento della Business Roundtable, e taccia di populismo l’enciclica di papa Francesco. Stefano Zamagni, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, oltre che economista di lungo corso, è uno strenuo difensore della CSR. «Preferisco chiamarla responsabilità civile delle imprese – precisa – perché l’impresa deve concorrere, con gli altri soggetti che agiscono nella società a valorizzare la civitas. Nell’espressione “responsabilità sociale” forse si evoca un contesto socialista più che sociale, che non attiene al mondo degli imprenditori. Ma la responsabilità civile è irrinunciabile. E profittevole. Veda l’attenzione crescente al welfare aziendale. Le imprese hanno compreso che un buon rapporto con i propri collaboratori aumenta la reputazione e la produttività».

INTENZIONALITÀ SOCIALE

«Forse il concetto della CSR è un po’ logorato dopo decenni di evocazione del tema, si potrebbe meglio dire che alle imprese spetta una irrinunciabile intenzionalità sociale» sostiene Paolo Venturi, direttore del Centro studi Aiccon (che analizza il mondo della cooperazione sociale e del Terzo settore): cioè la “responsabilità sociale” non deve più indicare delle esternalità, ma è ormai parte fondante del “purpose” aziendale. «E poi si confonde il valore con il profitto – aggiunge Venturi – il profitto è parte del valore, che comprende anche la reputazione, o il rischio di credito a esempio, molto più basso per le imprese sostenibili».

Zamagni aggiunge il sospetto che Debenedetti abbia anche confuso il «profitto con l’extraprofitto, cioè con la rendita da capitale. Molti nostri capitalisti sono ormai dei rentier, non degli imprenditori. E poi Friedman si riferiva a un mercato perfetto per quanto riguarda la concorrenza».

VENT’ANNI DI OSSERVATORIO

«Volenti o nolenti la CSR ha cambiato il modo di stare sul mercato» commenta Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis, che da vent’anni monitora il comportamento delle imprese italiane a proposito di CSR: «Le imprese hanno fatto i conti con una maggiore sensibilità dei consumatori, con la necessità di doversi considerare parte del mondo circostante e di dover rivedere la propria scala di valori. Non è poco, ed è un trend inarrestabile, confermato dai numeri di 9 Rapporti statistici dell’Osservatorio Socialis, che hanno registrato una crescita degli investimenti in CSR delle aziende in Italia da 450 milioni di euro stimati nel 2001 (40% delle imprese impegnate) al record di 1 miliardo e 770 milioni di euro del 2019 (92% delle aziende impegnate)». Mario Calderini, che dirige l’Osservatorio Tiresia del Politecnico di Milano aggiungeva sul tema un’osservazione mediata dai suoi studenti: «Tra impresa profit e non profit a volte si crea una confusione che potremmo risolvere così: abbiamo bisogno di imprese responsabili, dove la responsabilità sociale non sia più solo misurata ex post dal bilancio sociale, ma entri ex ante nella predisposizione del business plan».

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