Èquipe medica eccellente, ma in ospedale l’assistenza è da bocciare

Èquipe medica eccellente, ma in ospedale l’assistenza è da bocciare
di Marco Barbieri
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Mercoledì 3 Novembre 2021, 13:48 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 14:06

All’origine di un peccato c’è sempre una mela. Quella che gli viene offerta nel reparto di un grande ospedale di Roma, appena dopo il ricovero, è verde. Dura.

Il paziente che la riceve cerca invano un coltello per tagliarla. Quello di plastica in dotazione è inadeguato e si spezza al primo assalto. Per questo ricorda – nelle sue precedenti peripezie ospedaliere – di aver sempre ricevuto mele cotte. Questa no, non è cotta. Senza coltello dovrebbe aggredirla a morsi, mettendo a dura prova l’impianto odontoiatrico non recentissimo e il fissante della dentiera. Rinuncia alla mela. Poco male. È la prima di una lunga serie di rinunce. Dopo l’intervento (momento di eccellenza di un ricovero degno di essere dimenticato: gli esseri umani ricordano l’assistenza ospedaliera più di quanto accade durante l’anestesia), tornato in reparto, deve rinunciare al tè, servito – incredibile, ma vero – in un piatto, non in una prevedibile tazza o in un banale bicchiere.

La bevanda resta irraggiungibile anche per il lieve tremore di parkinsoniano (lo aveva fatto presente, si era portato il farmaco da casa, ma non glielo hanno fatto recuperare dalla valigia). Dopo l’intervento chirurgico rinuncia a un antidolorifico (l’unico disponibile in reparto), oggetto di una improbabile riffa (persa) con il suo vicino di letto. Rinuncia anche alla coscia di pollo bollita, sigillata in un contenitore a prova di tremore manuale. La vaschetta oltre a garantire l’igiene del piatto, assicura il mancato consumo per un parkinsoniano, privo di assistenza: i parenti sono tenuti lontani per l’emergenza Covid, il personale c’è, ma sembra intento a verificare orari e straordinari. Rinuncerà anche – per più di quaranta giorni (40!) – al referto istologico. Cosa meno banale della mela e della coscia di pollo. Rinuncia a sedersi nella sala di aspetto dell’ambulatorio per la medicazione della ferita operatoria; quattro sedie sono rotte. Le altre sono occupate dai pazienti arrivati con anticipo. In verità un cartello intima di non arrivare in anticipo. Peccato che ci siano cinque convocati per la stessa ora e per un unico ambulatorio. Avrebbe rinunciato volentieri al ricovero (con prestazione professionale intramoenia, a pagamento) se non avesse avuto la consapevolezza della eccellenza dell’équipe chirurgica. Per la qualità dell’assistenza? Speriamo nella missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, augurandoci che produca i suoi effetti per i pazienti prima della prossima ospedalizzazione.

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