Calcio, mai tanti miliardi per i nuovi ingaggi: il record è della Premier inglese

Calcio, mai tanti miliardi per i nuovi ingaggi: il record è della Premier inglese
di Stefano Boldrini
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Mercoledì 7 Settembre 2022, 13:46 - Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 10:23

Spese record nel calcio nell’estate dei timori per l’economia e l’ambiente.

E ancora una volta la vecchia Inghilterra è riuscita a sorprenderci. La Premier League ha sfondato il muro dei 2 miliardi di spesa: 2,246 per l’esattezza, legati a 273 acquisti. Le 254 cessioni hanno fruttato 884,8 milioni: il saldo finale è di -1,362 miliardi. Il campionato made in England, vera NBA del football, ha pareggiato negli acquisti le cifre combinate di Serie A (749,23 milioni), Ligue 1 (557,95 milioni), Liga (505,69 milioni) e Bundesliga (484,08 milioni), totale 2,296 miliardi. Il primato inglese precedente era del 2017: 1,62 miliardi. La frenata legata al Covid del 2020 e in parte del 2021 è stata abbondantemente superata. E qui c’è la sorpresa nella sorpresa: nonostante l’inflazione al 10,1% (dato di luglio), le spese energetiche moltiplicate e la crisi di governo conclusa solo in queste ore, il calcio continua la sua fuga in avanti.

I CONTI

 Nove club su venti hanno speso più di 115 milioni di euro. Il Chelsea ha celebrato il cambio di proprietà con l’esborso maggiore della storia della Premier: 281,99 milioni. È il secondo in assoluto nel mondo, dopo i 335,36 del Real Madrid nel 2019. Il Manchester United ha superato il suo limite precedente, investendo 238,02 milioni. Il Nottingham Forest, tornato nel massimo campionato dopo 23 anni, ha arruolato 21 giocatori, più altri 4 legati a operazioni minori. Un movimentismo incredibile, che ha l’indubbio merito di muovere le acque nel mercato europeo ristagnante, ma preoccupa alcuni osservatori, nel timore che anche nel settore calcio possa verificarsi un effetto bolla. Tim Bridge, partner principale dello Sports Business Group di Deloitte, contattato dalla BBC, osserva: «Il livello record di spesa in questa finestra di trasferimento è una chiara indicazione della fiducia dei club della Premier: i tifosi tornano negli stadi e inizia un nuovo ciclo. Attenzione, però: anche nella convinzione che il calcio sia a prova di recessione, non sarà facile mantenere il trend positivo. Sarà incredibilmente dispendioso per i club attirare i fan, mantenere la fidelizzazione e rendere sostenibile il sistema. Il senso di responsabilità deve avere come punto di riferimento la sostenibilità finanziaria.

I club di calcio ricoprono un ruolo importante all’interno della comunità».

IL CASO

 I timori di Tim Bridge non sono infondati: nel 2020, quando la Premier si fermò per la pandemia dal 13 marzo al 17 giugno, alcuni club misero in cassa integrazione i dipendenti e centinaia di persone persero il lavoro. In questo caso, il timore è un altro: c’è la paura di rivivere la crisi del 2008, in una nazione in cui gli indicatori inducono al pessimismo. La micidiale combinazione Brexit-Covid-guerra ha riportato l’economia del Regno Unito ai livelli d’inflazione degli anni Ottanta e, sul piano sociale, ai turbolenti Settanta, con ondate di scioperi in diversi settori vitali, su tutti quelli dei trasporti e delle poste. Il rialzo dei tassi base dell’1,25% è stato una prima mossa, ma ora il nuovo governo dovrà allestire un piano di emergenza: le bollette dell’energia sono raddoppiate e secondo le previsioni saranno triplicate all’inizio del 2023. Ad aggravare la situazione, la crisi ambientale: l’estate dalle temperature record ha prodotto danni pesanti, aggiungendo nuove ombre a uno scenario negativo. La Premier poggia però su basi solide e per questa ragione ha surfato con leggerezza in questa strana estate 2022, sebbene sia doveroso distinguere: la Championship, la serie B inglese, nono torneo d’Europa per movimento economico, ha chiuso con un attivo di mercato di 129,74 milioni. La Premier è un unicum. È il campionato più seguito in assoluto, diffuso in 212 territori del pianeta e con un potenziale pubblico televisivo di 4,7 miliardi di persone: questo spiega, ad esempio, la superiorità sulla Champions, premi compresi (tanto per dire, l’ultima della Premier incassa più della vincitrice della coppa). Non solo: nel boom di questi 30 anni – la Premier nacque nel 1992 – una cospicua parte degli introiti è stata investita nelle strutture. La ripartizione più equilibrata delle risorse e la forza della commercializzazione sono le altre ragioni di un benessere che potrebbe reggere l’urto della crisi economica britannica, ma l’invito alla riflessione di Tim Bridge è un monito da non trascurare. IL “RIPARTO” Dove sono finiti i soldi spesi dalla Premier? I grandi beneficiari sono stati tre campionati: la Liga portoghese ha celebrato un incredibile +260,7 milioni, quella olandese +184,1 e quella belga +61,39. Nelle altre quattro leghe maggiori d’Europa ha prevalso l’equilibrio: la serie A ha chiuso con -3,41 milioni, la Bundesliga ha avuto un attivo di 44,66 milioni e la Ligue 1 un +40,47. La Liga ha registrato un passivo di 52,44, ma in Spagna ha pesato la crisi del Barcellona: -115 milioni. Per rientrare nei parametri, il club catalano ha venduto il 49% della compagnia audiovisuale e i diritti tv dei prossimi 25 anni. Un esempio da non seguire.

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