L’ultima sfida dei borghi rilanciati dal Recovery, è gara di ripopolamento

L’ultima sfida dei borghi rilanciati dal Recovery, è gara di ripopolamento
di Alessandra Camilletti
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Mercoledì 2 Febbraio 2022, 13:03 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 20:42

Storici borghi sede di centri di ricerca e campus universitari. Oppure residenza sanitaria diffusa.

Residenze da smart working. O un borgo-azienda. Suggestioni che potrebbero diventare realtà. Uno spaccato di Pnrr immaginato per “rigenerare” borghi in abbandono o già abbandonati, trattandoli come un unicum. In ballo ci sono 420 milioni di euro, 20 a borgo per ciascuno dei 21 totali indicati da Regioni e Province autonome, anche nell’ambito di comuni grandi. È una prima linea d’azione: i borghi pilota. «Si vogliono creare le basi per ripopolare i borghi disabitati», spiegano dal ministero della Cultura. Al Mic arriveranno anche i progetti della seconda linea d’azione sui borghi prevista dal Pnrr, la B, rivolta ai Comuni fino a 5mila abitanti: rigenerazione culturale e sociale. Ci sono 580 milioni di euro provenienti dal Recovery Fund: 380 per 229 borghi e 200 per le imprese pronte a investirci. Un’importante fetta d’Italia. «Sono 5.500 enti, il 69 per cento dei Comuni italiani, con 10 milioni di abitanti, circa il 17% della popolazione nazionale residente», ha riepilogato in un recente webinar (organizzato da Cdp con Mic e Associazione dei Comuni) Anselmo Baroni, responsabile finanziamenti pubblici, area infrastrutture e Pa di Cdp, che ha predisposto il portale di accesso alle misure e fornirà assistenza tecnica al ministero.

LA STRATEGIA

 In tutto, un miliardo di euro. L’obiettivo è creare un volano socioeconomico. Insomma, non semplicemente restaurare ma creare attrazione, comunità, futuro. Vale per la finalità di ripopolamento dei borghi abbandonati, per cui vanno individuate delle vocazioni. E vale per la linea B. Un’indicazione chiara è arrivata ai Comuni durante lo stesso webinar da Angelantonio Orlando, direttore dell’Unità di attuazione del Pnrr del Mic: «Non ci aspettiamo il singolo progetto di tutela, ma una proposta integrata sostenibile nel tempo. I progetti dovranno avere a corredo un piano di gestione sostenibile anche oltre il 2026». L’occasione è storica. I tempi serrati. Regioni, Province autonome e Comuni devono presentare istanza entro il 15 marzo.

L’assegnazione dei fondi avverrà entro giugno e i progetti andranno completati entro il primo semestre 2026. Preoccupazioni arrivano da Uncem, l’organizzazione che rappresenta enti e realtà montane.

«Al momento i sindaci si trovano uno contro l’altro, in una corsa ai bandi e con studi di consulenza che da Londra a Parigi si fanno avanti per lavorare ai progetti – spiega il presidente Marco Bussone – Sono disorientati. La prima cosa per spendere bene le risorse è invece aiutare gli enti a lavorare insieme e a darsi obiettivi comuni». E quanto alla linea A, aggiunge, «è come strappare il biglietto della lotteria: milioni e milioni premiano un fortunato e quello che rimane arriva a pochi altri». Duecentocinquanta borghi sono comunque tanti – si spiega dal Mic – e se è vero che 20 milioni di euro sono una bella cifra è altrettanto vero che i 21 borghi pilota sono una palestra per un nuovo approccio di intervento. Un format replicabile oltre il Pnrr, che ha anche finalità di impulso. «È difficile pensare di risolvere il problema dello spopolamento con il solo progetto sul sito, perché un borgo si spopola ad esempio per mancanza di strade e scuole: servono interventi di sistema. Ma vediamo cosa succederà. Intanto, va ricordato che se le Regioni non riuscissero a spendere i fondi, questi andrebbero a scalare sui progetti della linea B», sottolinea a proposito degli interventi della linea A Vincenzo Santoro, responsabile del dipartimento Cultura e Turismo dell’Anci, che si dice invece fiducioso sul piano d’azione B: «C’è un ampio coinvolgimento dei Comuni. Il bando è innovativo, per gli interventi di rigenerazione e per la previsione di partenariato con soggetti privati e associazioni». Con qualche diversità competitiva da zona a zona: «Al Sud è minore il numero di piccoli Comuni ed è più facile vincere». A tentare di completare il puzzle sulla rinascita di borghi e aree interne il Pnrr interviene in settori diversi. Ci sono 830 milioni proprio per le aree interne, per il potenziamento di servizi e infrastrutture sociali di comunità, con il miglioramento dei collegamenti, e servizi medici di prossimità. Ci sono 140 milioni per le Green Communities (per 30 aree), a sostegno dello sviluppo sostenibile e resiliente dei territori rurali e di montagna. Altri 600 milioni vanno alla valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale. E poi ci sono i fondi “trasversali” al Piano, come quelli sul digital divide. Secondo i dati Uncem il 75 per cento dei 3.850 Comuni montani ha ancora il server sotto la scrivania, in carenza di fibra. «Per vivere e lavorare nei borghi è necessario avere dotazioni infrastrutturali, proprio come la connettività – ha spiegato al webinar Antonella Galdi, vice segretario generale Anci, citando la missione 1 del Pnrr – E c’è la necessità di scuole e di presidi sanitari. È importante innescare meccanismi che portino le persone a ripopolare questi luoghi, garantendo loro i servizi essenziali».

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