Ugo Brachetti Peretti, presidente Ip: «Benzina in rialzo per effetto delle accise, nessuna speculazione. Il prezzo si può controllare sulle app»

Ugo Brachetti Peretti
Ugo Brachetti Peretti
di Rosario Dimito
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Mercoledì 1 Febbraio 2023, 13:25 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 07:40

Presidente Ugo Brachetti Peretti, impossibile non partire dal tema dei prezzi dei carburanti. In queste settimane si è parlato di speculazione e mancanza di trasparenza. Qual è la sua versione?

«La mia versione è quella dei numeri: nelle scorse settimane l’aumento dei prezzi è stato determinato solo dall’aumento dell’accisa, decisione comprensibile del governo per finanziare altre misure. Si è creato un caso totalmente staccato dalla realtà dei fatti. Questo non aiuta a creare fiducia verso un settore strategico per il nostro paese ancora per molti anni. Le compagnie petrolifere, aiutate anche dalle condizioni del mercato, sono state molto attente a contenere gli aumenti. In certi casi, parlo di IP, siamo stati sotto l’aumento di 18,6 centesimi determinato dalla cancellazione dello sconto».

E che cosa pensa del decreto carburanti del governo?

«Si sarebbe potuto fare in maniera diversa, ma c’è spazio per migliorarlo, ascoltando chi lavora nel settore da sempre con serietà. I consumatori vanno informati, non confusi esponendo una miriade di prezzi diversi. Basterebbe una app dedicata, cui tutti possono avere accesso, da poter visionare quotidianamente i prezzi. Il settore va poi aiutato a ridurre i costi, mantenendo la qualità e aiutando la transizione verso la sostenibilità».

Quanto pensa durerà la situazione critica sui prezzi?

«Difficile dirlo: la domanda di greggio è ai massimi storici, come ci ha detto pochi giorni fa l’Agenzia dell’energia. L’embargo alla Russia non aiuterà a migliorare la situazione. È però certo che è nell’interesse delle compagnie offrire il prezzo più competitivo possibile. Un lavoro non facile: i costi industriali dei carburanti in Italia sono già tra i più bassi d’Europa, perché la nostra industria di raffinazione e la logistica sono molto efficienti. Ma oltre al costo della materia prima siamo gravati da una tassazione tra le più alte d’Europa e da alti costi obbligatori sulla qualità dei prodotti».

Lo scorso dicembre avete acquisito Esso, con la raffineria di Trecate, la logistica e i contratti di fornitura di 2200 distributori. Un’operazione importante per il nostro sistema industriale. Può descriverla?

«Una bella operazione: Exxon Mobil è la multinazionale energetica più importante al mondo, presente in Italia da un secolo. Il fatto che il nostro Gruppo, dopo aver acquisito cinque anni fa TotalErg, abbia potuto acquisire anche Esso italiana è un segno di maturità, ma anche una responsabilità che ci prendiamo davanti al Sistema Italia. Abbiamo informato il governo, che si è dimostrato molto attento a un’operazione importante per il made in Italy e per la sicurezza energetica».

Che ruolo gioca un’azienda come IP nella transizione?

«Siamo al centro della transizione per due ragioni.

La prima: è la rete dei distributori che dovrà garantire l’infrastruttura di ricarica ultra-fast che consentirà alle auto elettriche di ricaricarsi velocemente e diventare così utili anche nelle tratte extraurbane. Spetta a noi portare anche la ricarica “ovunque c’è strada”. Altrimenti l’elettrica resterà un’auto solo per ricchi. Nelle nostre stazioni ci sono già 103 punti di ricarica, di cui 75 ultrafast, e aumenteranno».

La seconda ragione?

«Non possiamo tenere i motori a combustione fuori dai programmi di sostenibilità futuri. Anzitutto perché c’è anche il trasporto pesante, aereo e navale, in cui l’elettrificazione è lontana. E poi per strada in Italia ci sono circa 50 milioni di veicoli, di cui 38 milioni di auto. Nel 2022 ne sono state vendute 1.300.000 nuove, di queste solo il 3,5% sono elettriche. Se anche le vendite elettriche decuplicassero, lo stock di 38 milioni di auto a combustibili liquidi cambierebbe poco. Per questo, mentre prepariamo l’infrastruttura per ricaricare più elettriche, dobbiamo abbassare le emissioni della stragrande maggioranza dei chilometri percorsi: quelli fatti a benzina e gasolio».

E come fare a risolvere questa complessa equazione?

«Nel brevissimo periodo lo abbiamo fatto sostituendo i carburanti tradizionali con Optimo, carburante premium che vendiamo al prezzo del normale e che contribuisce a migliorare le emissioni di chi fa rifornimento da noi, migliorando anche le prestazioni del motore. Poi con i biocarburanti che già oggi sono miscelati a gasoli e benzine. In futuro con gli E-fuel, combustibili sintetici, prodotti tramite processi alimentati da energia rinnovabile, fino all’idrogeno. Ci stiamo lavorando, anche con progetti di Ricerca e Sviluppo in ambito Pnrr, insieme a Politecnico di Torino, Istituto Italiano di Tecnologia e Cnr».

Lei ci racconta di uno scenario molto articolato, ma l’Europa sembra aver scelto: il futuro sarà solo elettrico. Che ne pensa?

«Penso che non sarà solo elettrico. Il divieto europeo al 2035 sarebbe un errore tecnologico e geopolitico. Tecnologico perché, come ha detto correttamente il capo di Toyota, “il nemico è la CO2, non una particolare propulsione”. I governi dovrebbero fissare obiettivi di riduzione delle emissioni per tutti, non scegliere con quale tecnologia farlo. Col divieto al 2035 si rischia di dare un brusco stop agli investimenti su biocarburanti, carburanti avanzati e carburanti sintetici, che richiedono tempi lunghi e stabilità regolatoria e che servono per rendere sostenibile il grosso delle emissioni: quello fatto dal parco già circolante e dal trasporto pesante».

E qual è l’errore geopolitico?

«Vietando una produzione che è il fiore all’occhiello dell’industria Ue facciamo un favore alla Cina, che è un inquinatore più grande di noi e in questo momento controlla le materie prime della filiera elettrica e ha un vantaggio tecnologico sulle batterie. Dovremmo aver imparato dalla crisi russa che dipendere da un solo attore è un pericolo». 

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