Desio, Credem, Asti: la guerra non frena le grandi manovre

Alessandro Decio
Alessandro Decio
di Rosario Dimito
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Mercoledì 4 Maggio 2022, 12:36 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 01:02

La guerra dichiarata dalla Russia all’Ucraina ha sconvolto gli equilibri politici ed economici mondiali che pure avevano retto ai colpi micidiali della pandemia.

Perciò era convincimento diffuso che il risiko bancario in Italia fosse finito in stand-by per almeno un anno. Tanto più che l’unica fragilità oggettiva del sistema - il Montepaschi - è sorretta dalle attenzioni del Tesoro e affidata alle solida esperienza dell’ad Luigi Lovaglio. Sicché, quando nella tarda serata di giovedì 7 aprile il Credit Agricole Italia ha annunciato l’ingresso in Banco Bpm con il 9,18% la sorpresa è stata generale. Una mossa che potrebbe stimolare gli appetiti di istituti della “cintura intermedia” del sistema, dal Credem al Banco Desio e Brianza fino alla Banca di Asti che da tempo sono alla finestra. Sempre che nel frattempo l’apertura del ministro dell’Economia Daniele Franco verso soggetti stranieri per la destinazione finale del Montepaschi (lo stesso Credit Agricole?) non riproponga una combinazione con Unicredit su base diverse da quelle dell’autunno. Per tornare alla cintura intermedia, in verità il Banco Desio si è già mosso all’inizio dell’anno: in cordata con il fondo Cerberus, è sceso in campo su Carige, ma è stata stoppata da Credit Agricole e dall’accelerazione di Bper. Quanto alla combinazione Agricole-Bpm, da mesi l’ipotesi era accreditata come alternativa vista con favore da Piazza Meda per ripararsi da una eventuale scalata di Unicredit. Che effettivamente aveva allo studio un’Opa su Bpm dalla fine di gennaio, quando il ceo Andrea Orcel aveva portato in cda l’opzione e messo al corrente Bce e Bankitalia, secondo gli obblighi delle banche “significant”: l’esame avrebbe però richiesto una fase di verifiche di almeno un mese per far partire l’operazione a cavallo tra fine febbraio e inizio marzo.

L’indiscrezione pubblicata venerdì 11 febbraio dal Messaggero, proveniente da fonti governative, ha però provocato un gran balzo del titolo Bpm, facendo saltare i concambi ipotizzati. Poi l’entrata in scena dei carrarmati russi su Kiev e le sanzioni dell’Europa, hanno pregiudicato l’interscambio con Mosca costringendo l’istituto guidato da Orcel a rivolgere altrove le sue attenzioni.

IL CONFERIMENTO

Non tutti però devono fare i conti con esposizioni verso Mosca. Ci sono banche di seconda fascia che stanno facendo riflessioni potendo contare sulla loro solidità patrimoniale e una leadership sul territorio. Come appunto Banca Asti, Credem, Banco Desio. Diversi gli scenari per Credem controllata dalla famiglia Maramotti (78% tramite Credem Holding) e reduce dallo shopping di Cassa Cento, la 14° acquisizione dagli anni ‘90 e che oggi sotto la guida di Nazzareno Gregori ha i titoli per proporsi come polo aggregante nella fascia media. Sulla carta il Credem potrebbe essere il partner ideale per Desio e Brianza, anch’essa banca di famiglia (Lado e Gavazzi) tramite Brianza Unione. Nel 2018 i vertici dei due istituti provarono a confrontarsi su una possibile unione, ma non se ne fece nulla perché nessuno era disponibile a rinunciare al 51%. Da allora più nessun colloquio, anche se c’è chi ritiene che entro fine anno si possa riaprire uno spiraglio per una combinazione finanziaria: Brianza Unione potrebbe conferire Desio al Credem entrando così nel capitale di Credem Holding, siglando un patto con i Maramotti che potrebbe assicurare una coabitazione nella gestione. Alla finestra c’è infine Banca Asti, che fa capo a tre fondazioni (Asti, Biella, Vercelli) con il 48,90%. Il direttore generale Carlo Demartini mira a un ruolo aggregante e non di aggregato, forte di una solidità patrimoniale e di performance decisamente positive. Ebbene, secondo alcuni analisti Asti potrebbe essere un partner ideale per Credem (qualche anno fa qualche abboccamento non è andato a buon fine) o di Desio. 

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