Caccia ai capitali e rinvio delle perdite per salvare le Pmi

Il governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco
Il governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco
di Roberta Amoruso
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Mercoledì 2 Dicembre 2020, 16:10 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 15:33

Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, lo ha detto chiaramente: «Potrebbero essere necessarie misure a sostegno della ricapitalizzazione delle imprese per evitare un problema generalizzato di eccesso di indebitamento». E se lo dice il governatore, è il caso di credergli. Come al solito, però, giocare d’anticipo fa la differenza. Vale anche per la catena di fallimenti che la crisi-Covid potrebbe far scoppiare l’anno prossimo se non si troverà subito una macchina anti-crac. Tra moratorie, prestiti garantiti, blocco delle dichiarazioni di fallimento, espansione della Cig, stop ai licenziamenti, e posticipo degli adempimenti fiscali, finora le misure del governo hanno evitato il peggio per centinaia di migliaia di imprese. Ma il rischio di produrre un esercito di aziende zombie è dietro l’angolo. Se prima di allentare le misure d’aiuto non si troverà il capitale necessario per ripartire, nel 2022 il conto busserà alle banche.

Due sole leve

E allora ci sono due leve sulle quali agire: evitare che il buco da Covid finisca di colpo nel bilancio erodendo il patrimonio e ripatrimonializzare l’impresa anche con incentivi pubblici che spingano nuovi soci a sostenere il progetto di rilancio.

Sul primo fronte, diversi interventi sono già in campo e altri sono allo studio. Il quarto Decreto Ristori prevede lo stop delle tasse alle aziende con meno di 50 milioni di ricavi o compensi: se le perdite del primo semestre supereranno il 33% si potrà rinviare il pagamento fino al 30 aprile 2021. Stessa scadenza per lo stop ai licenziamenti, mentre la moratoria per i prestiti è già slittata al 30 giugno grazie alla legge di Bilancio. Fino ad allora si potrà ancora avanzare domanda per i prestiti garantiti dallo Stato. Già quest’estate, poi, il Decreto Rilancio ha permesso la deroga al principio della «continuità aziendale» nella redazione dei bilanci 2020. Il cuore della strategia di rilancio si gioca sulla seconda leva: gli aumenti di capitale, da affiancare alla crescita dei mini-bond. Secondo Unioncamere e Innolva (Gruppo Tinexta), le imprese con patrimonio netto negativo sono oltre il 9% del totale dei bilanci finora depositati (64.000 aziende su 717.000 bilanci analizzati, per un totale di circa 900.000 aziende), senza considerare i 4 milioni di micro-imprese che non depositano i bilanci. Non solo. Dall’analisi in questione emerge come sulla base dei dati disponibili a dicembre 2019, a fronte di un 17% di imprese in situazione “critica”, circa l’80% del campione presenta una certa solidità strutturale ed è in grado di superare, seppur con un possibile peggioramento della valutazione, la fase difficile.

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Dati allarmanti

Nello stesso tempo, non si possono sottovalutare dati allarmanti come quelli che arrivano dal commercio. Il tasso nati/mortalità di imprese è pari allo 0,9: nascono meno imprese di quante ne chiudono. Mentre il numero di procedure concorsuali aperte è in linea con quello degli anni scorsi: un segnale da non sottovalutare, tenuto conto del minore tempo a disposizione per depositare procedure e di tutte le moratorie in corso. Ecco perché «soprattutto in vista dell’avvio a settembre delle nuove procedure previste dal Codice della crisi d’impresa», sottolinea Sandro Pettinato, vice segretario generale di Unioncamere, «serve affiancare alla tradizionale valutazione di tipo economico finanziario, una valutazione che si basi su segnali “deboli” anticipatori di una potenziale crisi». Altrimenti «si finisce per arrivare tardi e perdere un pezzo importante di rischiosità dell’impresa», dice Pettinato. Ancora più urgente è la tempestiva modifica del nuovo Codice della crisi, che fa scattare da settembre stringenti segnalazioni di insolvenza a carico delle imprese.

Decollo difficile

Intanto, il Fondo Patrimonio Pmi da 4 miliardi di Invitalia per la patrimonializzazione delle imprese tra i 10 e i 50 milioni di fatturato stenta a decollare: non sono molte le aziende disposte a puntare risorse fresche in una fase di incertezza. Anche il Fondo di Cdp per sostenere gli aumenti di capitale delle grandi imprese, è ancora ai blocchi di partenza. Mentre il sostegno della Simest in questa direzione, presuppone la spinta all’estero. Un buon inizio, ma non basta. Per ricostruire, anche attraverso strumenti ibridi, centinaia di migliaia di patrimoni bruciati dal Covid, serviranno nuove strade.

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