Camelia Ceasar portiere della squadra che domina la serie A: l'idolo Neuer e la spinta del papà. «Gioco senza paura»

La calciatrice: sono contenta se grazie a noi i genitori si sentono liberi di far vivere alle figlie i loro sogni

Camelia Ceasar, portiera della Roma
Camelia Ceasar, portiera della Roma
di Alessandro Angeloni
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Mercoledì 22 Marzo 2023, 12:54 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 13:32

Alla fine, è sempre Roma contro Juve, e ormai da un pezzo non siamo negli anni ‘80, quando le ragazze non pensavano a giocare a calcio, in esclusiva agli uomini, e quando i riferimenti di tutti erano Platini, Bruno Conti, Paolo Rossi, Falcao eccetera. Il calcio giocato dalle donne era fenomeno raro, invisibile. Roma contro Juve, anche oggi. La sfida si ripete, sull’altra sponda del sesso, ci si gioca uno scudetto, come un tempo, come spesso. Sara Gama contro Camelia Ceasar, compagne ai tempi del Brescia, ora nemiche, duellanti in campionato: loro le portabandiere dell’innovazione. Poi, c’è la Champions e tanto altro: siamo nel futuro, La Roma donne è cresciuta, insieme con tutto il movimento, sono sempre più le tesserate e sempre più numeroso è il pubblico che le accompagna. Il professionismo ha dato la spinta che tanti aspettavano, è la conquista con la maiuscola. Le donne ora sono come gli uomini, anche se i guadagni non sono (ancora) gli stessi. E soprattutto non ci sono più i pregiudizi.

 

LA GRATIFICAZIONE

È finita anche la storia che le donne devono giocare su campi più piccoli, con palloni più leggeri e con porte più strette. Le bambine che oggi si rotolano su un campo da calcio guardano le loro indole, che ora hanno una maggiore responsabilità perché protagoniste di uno sport non più “clandestino”. «In questi ultimi anni, è cresciuto un po’ tutto, ognuna di noi - anche grazie ai social - ha un seguito maggiore rispetto a qualche anno fa. Ogni singola cosa che facciamo, ogni parola che pronunciamo può essere un esempio per qualcuno. Sentiamo una responsabilità ma è bella, gratificante, oggi i genitori si sentono liberi di far vivere alle proprie figlie i propri sogni e se lo fanno grazie a noi sono contenta», parole di Camelia Ceasar, anni 25, di professione, sì professione, portiere della Roma. «E nessuno si stupisce più».

Camelia è romena, nata a Bacau, è in Italia da quando ne aveva cinque, Torino la sua meta iniziale, quella granata la sua prima maglia, dopo aver giocato per un po’ con il Rebaudengo, da centravanti. «Come tutte, vengo dall’oratorio, stavo sempre con i miei cugini e quando loro giocavano a calcio, mi aggregavo. I miei amici erano protettivi, oggi sono orgogliosi per quello che rappresentiamo. La passione me l’ha trasmessa mio padre, mentre mamma era contraria», ricorda Camelia. Dall’oratorio al professionismo, il passo non è stato proprio breve, anzi.

 

«È stata una svolta per il movimento e per noi solo vantaggi: tutele, assicurazioni, maternità e poi i contributi pagati. È un sostegno per il nostro futuro e io che ho sacrificato tutto per giocare a calcio, mi sento più al sicuro. A chi comincia oggi dico di godersi quello che hanno e non darlo per scontato. Noi abbiamo cominciato in condizioni diverse, c’era solo la passione. Ad esempio, agli inizi io non avevo un preparatore, mentre le bambine che fanno calcio adesso, sì. Cominciare a lavorare con uno specialista a otto anni e farlo, come me, a quindici, è differente». La Roma è la sua nuova casa, dopo le esperienze a Torino, Brescia, al Milan. In rossonero, un anno non bellissimo: solo 4 presenze, Carolina Morace la teneva in disparte. «Ma è stata proprio quell’annata a farmi crescere. È stata un’esperienza positiva, proprio perché non sono stata bene». L’idolo portiere per Camelie è uomo, Manuel Neuer (Bayern Monaco), mentre la sportiva che ammira di più è «Serena Williams, l’ho sempre ammirata per il percorso che ha fatto e per la sua storia». Due numeri uno. Viaggiano pulite le sue parole, in un italiano fluido, e i concetti non sono banali. Idee chiare anche sul caso Jakub Jankto, che recentemente ha fatto coming out: il primo ad urlare la sua omosessualità al mondo maschile, storicamente chiuso e omertoso. «Credo non ci sia bisogno di dichiarare per chi si prova un sentimento. Magari, certe rivelazioni possono tornare utili a chi non ha la forza di ammetterlo. In fondo sono rivelazioni di una felicità. Il mondo del calcio maschile fa ancora fatica».

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