La protesta dell'ago e del filo:«Tessere contro la violenza»

La protesta dell'ago e del filo:«Tessere contro la violenza»
di Elena Marisol Brandolini
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Sabato 23 Ottobre 2021, 14:49

Tessono la storia di quelle che non ci sono più, uccise dai loro compagni. Su fazzoletti bianchi ne ricamano i nomi a colori per farle uscire dall'astrazione dei numeri. In alcuni paesi del Centro e del Sud America, le donne usano ago e filo in luoghi pubblici per denunciare la tragedia dei femminicidi, dando un altro significato a un'attività tradizionalmente femminile e da sempre relegata all'ambito domestico.
IL FENOMENO
In Sud America le organizzazioni di donne che hanno scelto la tessitura o il ricamo per denunciare la violenza di genere sono nate in quei Paesi dove il fenomeno dei femminicidi assume dimensioni imponenti. Le prime a farlo sono state le donne messicane. Nel corso della cosiddetta guerra contro il narcotraffico, sotto il governo di Felipe Calderón (2006-2012), nacque un movimento di tessitrici denominato Bordando por la Paz, tessendo per la pace, per denunciare le 150.000 vittime mortali e le 30.000 persone scomparse di quell'epoca. Ben presto, però, si capì che molte delle donne assassinate erano state vittime di femminicidio, piuttosto che di uno scontro tra bande nel mercato della droga. Nacque allora, nel 2012, l'associazione di donne Bordamos Feminicidios, tessiamo femminicidi, coordinato dall'attrice e militante femminista Minerva Valenzuela.
Queste donne tessono le storie delle vittime facendole parlare in prima persona, dando loro visibilità. Perché ogni giorno in Messico vengono uccise 10 donne (dati Onu Donne) e il paese è al secondo posto al mondo per quanto riguarda i delitti di odio contro il collettivo Lgbti.
LA PROTESTA
Negli anni, in Messico, sono nate altre esperienze di questo genere, come Vivas en la memoria, vive nella memoria, un collettivo di donne creato nel 2015, dove le tessitrici vanno dagli otto agli oltre 50 anni, in uno scambio intergenerazionale. O come Las Siempre Vivas, le sempre vive, un'associazione formatasi nel 2017 di giovani donne, tra cui un gruppo di studentesse dell'UNAM, l'Universidad Autónoma de México, al cui interno fu trovata uccisa una loro compagna. O ancora Puntadas Filosas, punti affilati, uno spazio web nato durante la pandemia.
Una protesta che è andata oltre i confini messicani, arrivando in Guatemala. Dove le donne, riunite nel collettivo Bordamos para no olvidar, tessiamo per non dimenticare, hanno ricamato in uno stesso fazzoletto la storia di due vittime, una in Guatemala e l'altra in Messico. Mentre a Montevideo, in occasione dell'ultimo 8 marzo, le donne del Sindicato de la Aguja de Uruguay, il sindacato del settore tessile uruguaiano, hanno appeso dai balconi delle tele cucite con messaggi femministi.
In Argentina, il primo gruppo di donne a utilizzare la tessitura come strumento di denuncia dei femminicidi fu Bordamos por la Paz Córdoba, nato nel 2012. «Un atto silenzioso di protesta, di resistenza, di occupazione dello spazio pubblico», che porta la gente ad avvicinarsi per leggere i fazzoletti ricamati e a cui chiunque può aggiungersi, spiegava Télam Carola Margara, una delle fondatrici. Nel gennaio di quell'anno nacque un altro collettivo di donne Tejiendo Feminismos, tessendo femminismi. Confezionarono una bandiera di 300 metri fatta di 4.000 quadratini di lana verde tessuti e ricamati coi nomi delle vittime di femminicidio e le parole d'ordine del movimento delle donne.
 

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