Donne pescatrici, le storie di chi ha rilevato la licenza e ha scelto il mare. Dall'ex parrucchiera alle sorelle a caccia di pesce spada

Sveglia alle 3 del mattino, in mare per 12 ore. Ma non tornerebbero alla vita di prima. Perché?

Donne pescatrici, le storie di chi ha rilevato la licenza e ha scelto il mare. Dall'ex parrucchiera alle sorelle a caccia di pesce spada
Donne pescatrici, le storie di chi ha rilevato la licenza e ha scelto il mare. Dall'ex parrucchiera alle sorelle a caccia di pesce spada
di Maria Lombardi
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Sabato 30 Luglio 2022, 13:11 - Ultimo aggiornamento: 3 Settembre, 19:19


«Barbara Lo Sparviere, ormai tutti mi conoscono così». Con il nome del suo peschereccio di tredici metri. Barbara, capo barca, adesso è a largo dell'area marina protetta di Porto Cesareo con un gruppo di turisti. «Hanno appena preso con la lenza uno sgombro, un sarago e una donzella. D'estate facciamo pesca turismo. D'inverno è più faticoso, si va con le reti. Sveglia alle tre e mezzo del mattimo e subito in mare: è dura, molto, ci vuole resistenza e forza fisica. Ma questa vita l'ho scelta e mi piace». Barbara Orlando, 50 anni, la mamma pescatrice. «Quante me ne hanno dette: resta a casa con la tua famiglia, con i tuoi tre figli. Che cosa è questa storia della pesca? Mi vedevano sbrogliare le reti, pitturare la barca, aiutare mio marito a tirarla a secco anche quando ero incinta. Mi guardavano strano: sei anomala. Un altro lavoro l'avevo, facevo la parrucchiera. L'ho lasciato, preferisco pescare».


LA COOPERATIVA


Dal mare del Salento a quello di Messina. Le sorelle Giusy e Antonella Donato sono sulla Feluca dello Stretto, un veliero di quasi dodici metri con un ponte di ferro lungo 18. «L'abbiamo appena varata, è la novità dell'estate. Antonella è il capo barca. Avvistiamo il pesce spada e poi lo arpioniamo. È una pesca appassionante, una sfida tra l'uomo e il pesce, alla pari. Non usiamo radar, lo vediamo saltare a occhio nudo e lo catturiamo con l'arpione, questo compito è affidato a mio zio. È il massimo della sostenibilità.

Mica buttiamo cento ami e catturiamo tanti esemplari. Ne prendiamo uno per volta, questa è la bellezza. Ne stiamo pescando tanti, anche due al giorno. Quest'anno il mare è ricco».


Storie di mare e di donne, di onde e di vento, un'alba dietro l'altra nell'aria umida che sa di sale. Anche le sorelle Donato, di Ganzirri, hanno scelto questa vita. Facevano tutt'altro. Giusy ha 34 anni e una laurea in Lingue, sognava di fare l'insegnante. Antonella ne ha 38, dottoressa in Scienze politiche, pensava di dedicarsi alle pubbliche relazioni, lontano dal borgo a pochi chilometri da Messina. Poi ha vinto il mare, un destino di famiglia. «Abbiamo cominciato nel 2012 rilevando la ditta del nonno materno Marco Mancuso», racconta Giusy. «Pescava il pesce azzurro dello Stretto, con la rete a tramaglio, ma non ci portava con lui: non è roba da donne, diceva. Quando non ha avuto più l'età per fare questo lavoro avrebbe dovuto restituire la licenza. Ci sembrava assurdo rinunciare alla barca, era una parte della nostra vita. Così abbiamo deciso di continuare, fondando la cooperativa I Mancuso, con il cognome del nonno».


Le prime sveglie alle 3 non si scordano. «Vi stancherete, ci ripetevano. Non ci prendevano sul serio. E invece ce l'abbiamo fatta». All'inizio solo con la barca Pina di sei metri, la stessa del nonno, pesca con la rete a tramaglio. «Da qualche anno abbiamo cominciato a portare in giro i turisti, e da questa estate abbiamo la Feluca: è una pesca completamente diversa, quella del pesce spada, molto più faticosa. Si sta in mare 12 ore, quando torni a casa sei distrutto», Giusy ha una figlia di 4 anni che l'aspetta. «Il periodo è da aprile, maggio fino ad agosto. Poi torniamo alle reti e al peschereccio Pina. Restiamo vicino alla costa per il pesce azzurro, triglia, boga, scorfano». Antonella oltre che capo barca, è presidente del consorzio dei molluscocultori e dell'associazione Feluche dello Stretto. «D'inverno ci dedichiamo anche ad animare i borghi di pescatori, abbiamo proposto alla Regione Sicilia di fare di Ganzirri un museo a cielo aperto. Andiamo diritte per la nostra strada, nessun ripensamento per la scelta che abbiamo fatto».


SOSTENIBILITÀ


Anche Barbara non ha alcuna nostalgia del suo salone di parrucchiera. «Mi annoiavo, era un lavoro monotono. Tutto il giorno in piedi. Adesso sto in mezzo alla natura, lontano dal caos. È rilassante. Ho cominciato quasi per gioco, con mio marito che è pescatore, come i nostri i nostri nonni. Ma non avrei mai pensato di fare questo salto, di mollare tutto per comprare il peschereccio e dedicarmi al mare. Da questo inverno sono anche marinaio motorista».
Barbara, la timoniera, ha aderito al presidio Slow Food della Piccola Pesca di Porto Cesareo, la prima esperienza in Italia (con l'Oasi Blu di Ugento e di Torre Guaceto) che tutela il metodo di pesca e non il prodotto, attivata attraverso il progetto Cap Salento e il sostegno della Fondazione con il Sud. L'obiettivo è portare avanti un'attività artigianale e sostenibile dal punto di vista ambientale. «Siamo selettivi, usiamo particolari reti, se sale un pesce piccolo lo ributtiamo a mare. E puntiamo sul pesce povero, quello meno commerciale ma tanto pregiato dal punto di vista nutrizionale».
Barbara, Giusy e Donatella, ma anche Elisa, 42 anni, che pesca vongole e comanda il peschereccio Nikita, a Gorino, in Emilia Romagna, e Chiara che dopo aver tirato le reti va con il suo Adriana III a raccogliere i rifiuti per mare (si è aggiudicata l'Oscar Green di Coldiretti Marche). Secondo l'Istat, delle 4.016 imprese di pesca in Italia sono 598 quelle gestite da donne. «Ma siamo sempre di più - dice Barbara - ci incontriamo ai convegni, diventiamo amiche. Si creano bei rapporti». Noi, e il mare.

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