Scuola, rivoluzione per gli insegnanti
tra meritocrazia e formazione

Scuola, rivoluzione per gli insegnanti tra meritocrazia e formazione
di Mario Ajello
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Domenica 24 Agosto 2014, 10:12 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 10:51
ROMA - Che cosa contiene il vi stupir, a proposito della scuola, con cui Matteo Renzi torna e rilancia il suo pallino di sempre?.



Quello su cui anche Tony Blair insisteva di continuo riassumendolo nello slogan «education! education! education!»? C’è qualcosa di stupefacente nel fatto che, per la prima volta, i soldi non vengono tagliati alla scuola ma investiti nella scuola. Un miliardo e poi altri per l’edilizia scolastica. Ma soprattutto, si può parlare di rivoluzione per quanto riguarda il reclutamento, la formazione, l’orario di lavoro (i sindacati già sono sul piede di guerra, ma Renzi ha il gusto di sfidare i «frenatori») e la valutazione dei meriti degli insegnanti.



Il premier - arci-convinto fin dai tempi delle primarie e prima ancora quando era sindaco di Firenze e presidente della Provincia che «nella scuola sta il cuore del futuro dell’Italia e la sua capacità di avere un ruolo di punta nella sfida globale» - sta lavorando personalmente alla riforma. L’ha voluta prendere nelle proprie mani. Ha la moglie insegnante. Ha il consiglio della Ue che tifa per questa riforma e la considera necessaria quanto la ritiene doverosa e urgente lo stesso premier.



Il suo slogan «tornare a credere nella scuola» ora diventa testo legislativo. A firma Matteo. Il quale si è fatto consegnare dagli uffici del ministero di Viale Trastevere i dati, gli studi e gli altri materiali utili e si è messo al lavoro. «Dobbiamo avviare le cose prima dell’inizio dell’anno scolastico», è il suo concetto di velocità. E dopo che la scuola è cominciata, il piano del governo verrà per due mesi sottoposto al dibattito e messo al centro di una ampia consultazione popolare - secondo il metodo seguito anche per altre riforme - tra gli insegnanti, gli studenti, le famiglie, le istituzioni locali, i comitati dei cittadini e le associazioni varie.



Prima del momento della decisione politica, ci sarà la fase dell’approfondimento tecnico da parte degli operatori e degli interessati. E insomma, è «stupefacente» e rivoluzionario - se ci si riesce - il fatto che gli insegnanti non saranno più tutti uguali, livellati tendenzialmente verso il basso e dunque demotivati. I meriti - più dei diritti acquisiti e stancamente conservati nell’Italia dove tutto è intoccabile compresa l’ingiustizia - verranno riconosciuti ai meritevoli anche in termini di retribuzione, appena si potrà.



ANTI-LIVELLAMENTO

Nel Piano Renzi verrà meno un principio che pareva incrollabile ma basta scuoterlo e può venire finalmente giù. Ossia quello secondo cui l’unico modo per valutare un insegnante è l’anzianità. Nel libro «Oltre la rottamazione», dove di scuola Renzi parla a lungo, su questo punto il premier è stato molto preciso: «Vinceremo la sfida culturale del cambiamento nella scuola, quando il professore medio capirà che scommettere sulle valutazioni non è il modo per punire ma per premiare».



Oggi la formazione per i docenti non è obbligatoria ma lo diventerà con la nuova legge. E nella valutazione e nei riconoscimenti di carriera degli insegnanti entrerà anche il merito di partecipare a corsi di formazione e di aggiornarsi di continuo. Chi più si aggiorna e chi più è più disponibile per la scuola verrà premiato. Da questo punto di vista, la rivoluzione non potrà applicarsi subito. Ma dal prossimo contratto nazionale della scuola, successivo a quello in corso che scadrà nel 2015.



Fine dell’egualitarismo non meritocratico (e non democratico) e dunque rilancio della «dignità degli insegnanti». Cambiamento dei programmi. Con l’informatica che diventerà materia sperimentale fin dalle elementari. Con l’inglese già alle primarie e nell’esame di maturità. L’autonomia scolastica, che esiste dai tempi del ministero di Luigi Berlinguer ma mai ha avuto un’attuazione completa, sarà rafforzata. Lotta contro la dispersione scolastica (167mila gli studenti che dal 2009 al 2014 hanno abbandonato le aule).



C’è questo e altro nella categoria «stupore» di cui Renzi si fa vanto. Ma anche lui sa benissimo che per prosciugare la «palude» scuola dovrà combattere con il righello ma anche col coltello tra i denti.

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