Rovigo. Bambino adottato da più di un
anno, ma per l'Italia è un clandestino

Bambino adottato bloccato all'aeroporto di Venezia
Bambino adottato bloccato all'aeroporto di Venezia
di Marina Lucchin
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Domenica 8 Agosto 2010, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 22:42
ROVIGO (8 agosto) - Dovevano partire alla volta di Madrid, ma all'aeroporto di Venezia sono stati bloccati perch i documenti del loro bambino, adottato da un anno, per lungaggini burocratiche, non risultavano validi. Questa la storia della famiglia Buzzi, residente a Rovigo, padre italiano, madre nata in Spagna ma vissuta in Francia e il loro piccolo di origine filippina che sembra non voler essere tutelato da nessuna istituzione. I coniugi Buzzi raccontano la loro vicenda che comincia a Torino nove anni fa, quando la coppia decide di adottare un bambino per coronare il sogno di diventare finalmente genitori.



«Ci siamo rivolti - ricorda Roberto, il papà - all'associazione Amici di Don Bosco, a Torino, dove vivevamo all'epoca. Dopo psicologi, colloqui, trafile burocratiche durate otto anni, ci hanno detto che c'era un bambino filippino di due anni che poteva essere adottato. Quindi, arrivato il momento, giungiamo alle Filippine e concludiamo la prima parte dell'iter. Ci consegnano il passaporto del piccolo, dotato di un visto per arrivare in Italia (e girare in Europa) valido per un anno, in attesa dei nuovi documenti che attestano che è nostro figlio».



Arrivati in Italia i neo genitori attendono il decreto di adozione definitiva e nel frattempo hanno la certificazione dello stato di famiglia, che attesta che il piccolo è loro figlio adottivo. Da quando è arrivato il bambino, i tre si sono recati già tre volte a Madrid per trovare i parenti della madre, l'ultima volta un paio di mesi fa quando morì il nonno, senza incontrare particolari problemi. Sono, dunque, partiti sereni un paio di giorni fa alla volta dell'aeroporto di Venezia, pronti per tornare nella capitale spagnola, quando ai controlli della dogana sono stati fermati perché i documenti del piccolo non risultavano validi.



E qui inizia l’odissea. «A questo punto - racconta il padre - telefono alla questura di Rovigo per avere delle informazioni e mi rispondono che non è di loro competenza. Quindi mi rivolgo al Tribunale dei Minori e mi dicono che per avere il documento servono tra i 30 e i 40 giorni. Alla disperazione, telefono anche all'ambasciata filippina che ci dice che serve il visto spagnolo. Dunque chiamiamo il consolato spagnolo che ci informa che per farlo serve un permesso di soggiorno, che noi non possediamo, dato che il bambino è adottato e non immigrato».



Presi dallo sconforto, ai genitori non resta che tornare a casa. «Siamo esiliati in Italia, perché per delle lungaggini burocratiche il visto sul passaporto è scaduto prima che il Tribunale ci rilasciasse l'atto di adozione definitiva che ci permetterà di inserire il nostro bambino nel nostro passaporto, come se fosse figlio naturale. Possibile che ci voglia un anno e mezzo?».



Oltre il danno la beffa. «Durante la telefonata al Tribunale - ricorda il padre - ci hanno addirittura risposto che "non è estremamente necessario andare all'estero". Peccato che il nostro non fosse solo un viaggio di piacere, ma un modo per tornare nella casa natale di mia moglie. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, senza contare tutti i disagi, la delusione e i soldi buttati via per il biglietto aereo».
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