Pensioni, no dei sindacati ai tagli
L'opposizione attacca: colpiti i più deboli

Tremonti e Berlusconi (foto Pier Paolo Cito - Ap)
Tremonti e Berlusconi (foto Pier Paolo Cito - Ap)
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Sabato 2 Luglio 2011, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 1 Agosto, 18:14
ROMA - Cresce la protesta contro la stretta sulle pensioni varata con la manovra. Il provvedimento colpisce infatti anche gli assegni previdenziali non particolarmente ricchi, quelli sopra 1.400 euro lordi al mese.



Il decreto varato dal governo prevede la mancata rivalutazione per il biennio 2012-2013 delle pensioni superiori a cinque volte il minimo, cioè 2.300 euro al mese, mentre quelle più basse, comprese tra 1.428 e 2.380 euro mensili, saranno rivalutate per tener conto dell'inflazione, ma solo nella misura del 45%. La platea colpita dal blocco riguarda 4,4 milioni di pensioni, su un totale di circa 16 milioni e la stretta, secondo Il Sole 24 Ore, dovrebbe garantire una minor spesa cumulata, nel triennio 2012-2014, pari a 2,2 miliardi.



L'Inps ha oggi precisato che le pensioni tra 1.428 e 2.380 euro mensili saranno rivalutate al 100% nella fascia fino a 1.428 e la rivalutazione al 45% ci sarà solo per la quota eccedente. Le pensioni superiori a 2.380 euro mensili saranno rivalutare invece al 100% nella fascia fino a 1.428 euro, al 45% nella fascia da 1.428 a 2.380 e solo nella quota superiore a 2.380 euro mensili non avranno alcuna rivalutazione.



Il provvedimento mette in allarme i sindacati, pronti alla mobilitazione, e scatena la protesta tra i partiti dell'opposizione, che attaccano a testa bassa il governo. Ma si lamenta anche la base del Pdl che critica i tagli alle pensioni ma anche i rincari sulle auto di lusso. Un coro di "no" arriva anche sulle altre misure, quelle che gravano comunque sui redditi medio-bassi e che tagliano i trasferimenti agli enti locali, incidendo inevitabilmente sui servizi socio-assistenziali.



«Le pensioni non si toccano», ha detto anche il leader della Lega Umberto Bossi durante un comizio nel bergamasco. «Le pensioni delle donne non si toccano fin dopo il 2030» ha aggiunto.



È «un provvedimento ingiusto e socialmente non sostenibile» si indigna il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni che reclama da governo e Parlamento la correzione delle norme che bloccano l'adeguamento all' andamento dell'inflazione. Anche i pensionati della Cgil parlando di una «vergogna» e sottolineano che ad essere colpiti saranno anche gli anziani che percepiscono assegni da 800 euro netti al mese. «Oltre a essere tassati maggiormente - dice la Spi Cgil - avranno una riduzione drastica dell'assistenza socio-sanitaria, un ulteriore balzello per salvaguardare la loro salute».



«Una misura inaccettabile, inserita in una manovra che ancora una volta colpisce i soliti noti, che non affronta i temi della crescita e che picchia duro sui lavoratori e sui pensionati», afferma il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, che poi annuncia: il sindacato «si opporrà con forza anche con la mobilitazione».



«L'eventuale mancata rivalutazione delle pensioni vuol dire impoverire una platea molto ampia di cittadini e significa scaricare nuovamente sulle solite categorie il peso della crisi e del bilancio dello Stato», dichiara Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl.



Ma è dal fronte politico che si prefigura un forte fuoco di fila nei confronti della manovra Tremonti. Non solo ai 47 miliardi annunciati non si arriva «nemmeno lontanamente» ma «almeno 30 miliardi investono direttamente politiche sociali e del territorio, aggredito nei servizi e negli investimenti» denuncia il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. E tutto questo, avverte il leader democratico, avviene «scaricando il problema sui governi che verranno, con l'uso del voto di fiducia da parte di chi non ha più la fiducia degli italiani».



Di manovra iniqua parla anche Marina Sereni del Pd. «È abbastanza chiaro che i tagli, quelli più consistenti, verranno realizzati nell'immediato nei settori della sanità, della previdenza, del welfare, della scuola, degli Enti Locali mentre le scelte per lo sviluppo e per modernizzare davvero il sistema Italia sono rinviate ancora una volta a data da destinarsi. Una manovra sleale verso il Paese, priva di coraggio e di onestà, che lascia in eredità ai futuri Governi un fardello pesantissimo di debito pubblico, bassa crescita e diseguaglianza sociale», sottolinea l'esponente del Pd.



«Mano mano che emergono i dettagli viene fuori il segno sociale di una manovra che ancora una volta è molto negativa per i redditi medi e bassi dei lavoratori e pensionati», attacca il responsabile economia e lavoro del Pd, Stefano Fassina, sottolineando che il dimezzamento dell'indicizzazione per le pensioni di 1.400 euro va a colpire redditi netti che sono di circa mille euro. «Questo è un colpo non solo all'equità ma che ha riflessi evidenti anche sui consumi di queste fasce sociali. È quindi una manovra che ha un effetto sistemico», fa notare Fassina. Se al dimezzamento dell'indicizzazione dell'inflazione, «che non verrà mai più recuperata» si aggiunge che lo stesso gruppo sociale, quello dei pensionati con condizioni di reddito basso e medio, «verrà colpito anche dall'aumento del ticket sanitario, ne emerge un quadro molto preoccupante».



Per non parlare - aggiunge il responsabile economico del Pd - del capitolo dei tagli agli enti territoriali: «si tratta di 9,5 miliardi che si aggiungono ai 13 miliardi dello scorso anno». «In totale sono 24 miliardi di euro che, come hanno detto anche i sindaci leghisti, sono assolutamente insostenibili. Anche questi tagli si scaricheranno sulle prestazioni sociali», continua Fassina che rileva come pure le norme che

aumentano l'imposta di bollo sui titoli si applica su pacchetti di oltre 1.000 euro in titoli, dove l'imposta sale da 34 a 120 euro. Insomma «il segno sociale di questa manovra è quello di colpire i redditi medio-bassi», conclude Fassina.



«La manovra Berlusconi-Tremonti candida chi dirige le amministrazioni territoriali, presidenti di Regione, di Province e sindaci a diventare esclusivamente dei curatori fallimentari», afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra ecologia libertà e della regone Puglia. «La manovra era partita con gli effetti speciali degli annunci, che riguardano sempre il futuro, mai il presente, dei tagli alla casta e alla politica. E poi quando uno osserva il contenuto vero della manovra capisce - guardando ad esempio l'incredibile vicenda del blocco delle pensioni - che si tratta della patrimoniale sui ceti medio bassi del nostro Paese. È - conclude Vendola - la patrimoniale sui poveri. Nientaltro».



«E' un vero e proprio insulto colpire da un lato 13 milioni di pensionati molti dei quali già stentano ad arrivare a fine mese e, dall'altro, pesare con il misurino del farmacista, dilatandoli nel tempo, i tagli dei costi della politica. Questo governo continua a prendere a schiaffi precari, pensionati e dipendenti pubblici con parole e fatti. Non sono questi gli interventi di cui l'Italia ha bisogno», dice il capogruppo dell'Italia dei Valori in Senato, Felice Belisario.



«La manovra è una truffa, scarica il peso sul prossimo governo, non contiene misure strutturali, non rilancia l'economia ed offende pure i cittadini. Taglia sanità e scuola ma non i costi della politica. Un'offesa, una beffa ai danni dei cittadini da parte di una casta sempre più arrogante», aggiunge il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi.



Che la manovra si scarichi sugli anni e sul governo a venire è anche Italia Futura a lamentarsene. «È un assegno post-datato», sostiene il think-tank che fa capo a Luca Cordero di Montezemolo che parla di un provvedimento che è il «minimo sindacale»,con «alcune ridicole prese in giro sui costi della politica». Tuttavia, «considerata la situazione della maggioranza, non era realistico aspettarsi di più» si osserva. Critiche arrivando anche da Fli e dall'Udc, che lamenta l'assenza di sostegni alle famiglie.



«Il governo nazionale coniuga il verbo del risanamento mettendo le mani in tasca ai siciliani e all'intero Mezzogiorno mentre insiste con un federalismo ingiusto e penalizzante per il meridione, riducendo al minimo le perequazioni», afferma il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. «La manovra da 47 milioni di euro - aggiunge il governatore - dispiegherà effetti micidiali su bilanci della Regione, delle Province regionali e dei Comuni che verranno letteralmente falcidiati rendendo arduo il risanamento che stiamo portando

avanti tra mille difficoltà. Una vera e propria mazzata. Mi chiedo - osserva il presidente Lombardo - dove si trovavano i ministri e i parlamentari siciliani quando sono stati approvati questi decreti. Oggi più che mai occorre che le Regioni del Sud facciano fronte comune».



I piccoli comuni non ci stanno, meno ancora di Roma, Milano, Torino e Napoli, e minacciano di essere pronti a scendere in piazza. Lo hanno detto chiaro all'XI conferenza nazionale dell'Anci-Piccoli Comuni, a Riva del Garda, in Trentino. I piccoli enti, quelli cioè sotto i 5.000 abitanti, sono il 70% dei Comuni italiani, con popolazione residente pari al 17% del totale e superficie uguale al 54% della complessiva protestano contro una manovra con una manovra «che taglia per altri 3 miliardi di euro i fondi per i Comuni». E per voce di Mauro Guerra, coordinatore nazionale Anci-Piccoli Comuni affermano: «è il momento di fare sentire maggiormente la nostra voce, di prendere iniziative, di partecipare ai tanti tavoli che decideremo di creare e di scendere in piazza, se necessario».


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