Parolisi, anche gip Teramo ordina arresto
Melania uccisa perché sapeva un segreto

Salvatore Parolisi scortato dai carabinieri
Salvatore Parolisi scortato dai carabinieri
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Martedì 2 Agosto 2011, 16:34 - Ultimo aggiornamento: 1 Settembre, 22:35
ROMA - stato Salvatore Parolisi ad uccidere la moglie, Melania Rea, il 18 aprile scorso: ne sono convinti la Procura della Repubblica e il Gip di Teramo. Quest'ultimo, Giovanni Cirillo, ritiene, in particolare, che l'alibi del marito sia falso e che il movente dell'omicidio non sarebbe passionale, ma legato al fatto che la moglie nascondeva un segreto inconfessabile di qualcosa accaduto nella caserma "Clementi" di Ascoli Piceno, dove il marito addestrava le reclute. Inoltre, dispone nuovi accertamenti sui tabulati telefonici di Salvatore e Melania e insinua, più del suo collega di Ascoli Piceno, la possibilità che il caporalmaggiore sia stato aiutato nella «deturpazione» - la definisce così - del cadavere e nei tentativi di depistare le indagini.



Comunque, pur se con alcune novità, anche i magistrati di Teramo sono dello stesso avviso dei loro colleghi ascolani che il 18 luglio avevano chiesto e disposto l'arresto del caporalmaggiore dell'esercito, prima di dichiarare la propria incompetenza territoriale - perché il delitto è avvenuto a Ripe di Civitella del Tronto (Teramo) e non a Colle San Marco (Ascoli Piceno) - trasmettendo gli atti a Teramo.



Altra novità è il fatto che, oltre all'accusa di omicidio aggravato dal grado di parentela e dalla crudeltà e concorso in vilipendio di cadavere, il pool di magistrati teramani - il procuratore, Gabriele Ferretti, e i sostituti Greta Aloisi e Davide Rosati - contesta a Parolisi anche l'aggravante di aver «profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa». Ovvero, Melania è stata uccisa mentre era accovacciata a terra, in posizione in cui era difficile potersi difendere.



Il gip ha accolto in toto la richiesta della Procura motivando il nuovo arresto con un'ordinanza di circa 200 pagine, il doppio di quella redatta dal Gip di Ascoli Carlo Calvaresi. I punti cardine della nuova ordinanza sarebbero il falso alibi e la «deturpazione» del cadavere. Parolisi - che dal carcere di Teramo continua a proclamarsi innocente - avrebbe «sbagliato» dal primo momento volendo far credere di cercare la moglie scomparsa. Ha messo su un alibi non credibile: a Colle San Marco non c'era stato con Melania e l'ha cercata troppo tardi, se è vero che il suo telefonino era spento mentre la moglie «scompariva».



Sulla deturpazione, il Gip ipotizza la presenza e il ruolo di un'altra persona che potrebbe essere intervenuta nella seconda fase del delitto. Infatti, si chiede: mentre tutti cercavano Melania, Parolisi sarebbe tornato a Ripe di Civitella per accanirsi sul cadavere, ma può aver fatto tutto questo da solo o qualcuno può averlo aiutato?



Poi evidenzia che Parolisi aveva il telefonino spento, lo riaccese poco dopo il suo arrivo a Colle San Marco e un minuto dopo chiamò sul cellulare la moglie, che era già morta. Inoltre, il 19 mattina, tra le telefonate alla sua amante Ludovica non andate a buon fine, Salvatore scompare per un'ora. In questo frangente organizza la messinscena della siringa, dei colpi post-mortem.



Intanto si accentuano le baruffe tra i legali di Parolisi - Valter Biscotti e Nicodemo Gentile - e della famiglia Rea. I primi si aspettavano l'arresto e annunciano che giovedì, all'interrogatorio di garanzia, il loro assistito non parlerà: lo farà davanti ai giudici del Riesame. Il secondo, Marco Gionni, evidenzia che «due Procure e due gip diversi sono concordi nell'indicare in Parolisi l'assassino della povera Melania». Poi replica ai colleghi i quali avevano sostenuto che sul corpo di Melania vi erano capelli femminili non appartenenti alla vittima: «Purtroppo - dice Gionni - ancora una volta, le affermazioni della difesa di Parolisi non sono vere. Nessun capello è stato trovato sul cadavere della povera Melania, tantomeno di donna».
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