Papa Francesco in Terra Santa
50 anni dopo Montini

Papa Bergoglio
Papa Bergoglio
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Sabato 24 Maggio 2014, 11:10 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 12:16

ROMA - Papa Francesco arriva oggi in Terra Santa, prima ad Amman e a Betania oltre il Giordano e poi a Betlemme e Gerusalemme, per portare il suo messaggio di distensione e di pace, sia in senso religioso che politico, in una delle aree più travagliate del pianeta. Il secondo viaggio internazionale di Bergoglio - il primo, se si considera che quello alla Gmg di Rio era stato pensato per Benedetto XVI - lo porta come «pellegrino» nei luoghi d'origine del cristianesimo: l'occasione è prima di tutto ecumenica e «di preghiera», voluta a cinquant'anni dallo storico incontro a Gerusalemme tra Paolo VI e il patriarca Atenagora, ma si carica anche di forti significati politici, in un momento di stallo dei negoziati tra israeliani e palestinesi e mentre nella vicina Siria infuria ancora una guerra civile che da più di tre anni continua a seminare morte e distruzione. E proprio l'incontro e la cena con i profughi siriani, sulle rive del Giordano, nel luogo dove la tradizione vuole il battesimo di Gesù, sarà uno dei momenti più significativi della prima giornata e di tutto il viaggio: un modo per ricordare al mondo che la tragedia di questi esuli, tra cui molti bambini, e del loro Paese non può essere dimenticata.

Francesco è il quarto Papa a recarsi nei luoghi dove visse Gesù, dopo Paolo VI nel 1964 - primo viaggio internazionale di un Pontefice - Giovanni Paolo II nel 2000 e Benedetto XVI nel 2009.

Un viaggio breve, di soli tre giorni come quello di 50 anni fa di Montini, e dal programma intensissimo. Tre tappe in tre Paesi, in Giordania, Palestina e Israele, ognuna con le sue caratteristiche, le sue esigenze «diplomatiche», il suo eventuale impatto per quanto riguarda le reazioni locali. Ad accomunarle è comunque la volontà del Pontefice di manifestare vicinanza e sostegno alle comunità cristiane locali, minoranze dalla vita non facile. E allo stesso tempo di rilanciare sia i rapporti intercristiani (uno dei momenti centrali sarà l'incontro domenica col patriarca Bartolomeo e l'inedita e storica preghiera ecumenica nel Santo Sepolcro) sia quello con le altre religioni: e da questo punto di vista, un segnale molto forte è che del seguito papale faranno parte per la prima volta anche un ebreo e un musulmano, vecchi amici di Bergoglio, il rabbino Abraham Skorka, che sarà al suo fianco lunedì mattina nella visita al Muro del Pianto, e Omar Ahmed Abboud, segretario dell'Istituto di Dialogo interreligioso di Buenos Aires.

Francesco, anche se il suo è e resta un «pellegrinaggio», sarà anche il primo Papa a visitare quello che ora è lo Stato di Palestina, incontrando anche il presidente Abu Mazen: domenica vi celebrerà la messa nella piazza della Mangiatoia a Betlemme, restando a pranzo con famiglie palestinesi e anche qui visitando bambini ospiti di campi profughi. Uno degli aspetti, questo, insieme alla brevità della permanenza in Israele, che hanno creato attriti alla vigilia, sottolineati anche da un lungo sciopero del personale diplomatico israeliano che ha fatto persino ipotizzare che la visita saltasse. In Israele, comunque, Francesco arriverà domenica pomeriggio, incontrando subito Bartolomeo per celebrare e ripetere l'abbraccio Paolo VI-Atenagora, storico momento di riavvicinamento tra Chiesa di Roma e d'Oriente e di superamento delle rispettive scomuniche (ora gli apostoli Pietro e Andrea sulla stessa barca e il motto «Ut unum sint» campeggiano sul logo del viaggio). Quindi per la prima volta i capi delle tre comunità cristiane dello status quo, la greco-ortodossa, la armena-apostolica e la cattolica, pregheranno insieme nel Santo Sepolcro.

Grande attesa c'è poi per la visita, lunedì mattina, prima alla Spianata delle Moschee e poi al Muro del Pianto, tra le cui pietre anche Bergoglio, come già fecero Wojtyla e Ratzinger, poserà il suo biglietto e la sua preghiera. Subito dopo sul Monte Herzl, come in ogni visita di protocollo, visiterà la tomba del fondatore del movimento sionista e allo Yad Vashem commemorerà le vittime dell'Olocausto, prima di incontrare il presidente Shimon Peres, ormai a fine mandato, e il premier Netanyahu.

Prima di ripartire per Roma, riunirà vescovi e patriarchi cattolici in una messa al Cenacolo, il sito dell'Ultima Cena, luogo conteso per il quale gli ebrei oltranzisti respingono ogni ipotesi di cambio di status a favore della Chiesa cattolica. Tanto che proprio in occasione della visita del Papa in Israele c'è allarme per un'escalation di attacchi e vandalismi anti-cristiani. L'aspetto della sicurezza è uno di quelli cruciali in un viaggio di tale delicatezza, e in tutta l'area i livelli sono innalzati al massimo grado. Il Papa, di suo, non rinuncerà comunque a gesti inattesi, a momenti e parole di alto significato simbolico. Intanto ha rinunciato a utilizzare auto blindate, a dispetto anche dei rischi personali: un modo anche questo per essere ancor di più testimone di pace. Prima della partenza, oggi, come aveva già fatto per Rio, è andato a pregare nella basilica di Santa Maria Maggiore dinanzi alla venerata icona mariana della «Salus populi romani».

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