Melania aveva le unghie intatte
non ha cercato di difendersi

Melania Rea
Melania Rea
di Nino Cirillo
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Lunedì 18 Luglio 2011, 10:21 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 00:20
ROMA - Mentre il giudice Calvaresi lavora sulle carte - la sua stata una domenica per modo dire - la relazione medico legale sul corpo di Melania Rea continua a riservare frammenti di terribile verit. In attesa che Calvaresi decida sulla richiesta di arresto del marito Salvatore Parolisi, cioè - e questo potrebbe avvenire, verosimilmente, a metà settimana - dalle 88 pagine del professor Adriano Tagliabracci continuano a venire fuori altri elementi utili alle indagini e tutti, ancora una volta, sono contro il caporal maggiore. Melania Rea, quel pomeriggio di aprile, non ha avuto neppure il tempo di difendersi. Ha cercato di scappare, questo sì, questo lo ipotizza anche l’autopsia, ma non di difendersi fisicamente dal suo assassino. Una certezza che il professor Tagliabracci ricava dalle condizioni in cui è stato trovato il corpo: «Le mani sono curate, con unghie integre e di discreta lunghezza...».



Non c’è mai stata, insomma, quella colluttazione che si era immaginata all’indomani della scoperta del cadavere
, altrimenti delle unghie di discreta lunghezza non sarebbero rimaste integre come le descrive la relazione medico legale. E se colluttazione non c’è stata vuol dire che fino all’ultimo - come la stessa tranquilla e fiduciosa pipì nel bosco ha sempre fatto pensare - Melania ha ritenuto di trovarsi al sicuro, in una situazione a lei familiare, con persone a lei conosciute. Sono queste le considerazioni che rimandano a Parolisi, che rendono ancora più vacillante la sua posizione. La relazione chiarisce, a una lettura un poco più approfondita, anche la storia del famoso dna femminile trovato sul dito anulare della mano sinistra di Melania, il dito dell’anello di fidanzamento recuperato quel giorno stesso proprio accanto al cadavere. Innanzitutto si tratta di un profilo genetico misto, di diversi dna quindi, uno sicuramente femminile ma impastato con altre tracce, forse addirittura con il dna di Melania. Usava la destra, la moglie di Parolisi, il che offre almeno altri due spunti. Primo: se anche per assurdo quella traccia di dna femminile volesse essere interpretata come l’abbozzo di uno scontro fisico con un’altra donna, resta difficile immaginare che Melania l’abbia affrontata con la mano sbagliata e perfino con un dito solo. Secondo: risulta molto più credibile, a questo punto, l’idea della banale stretta di mano, con un’altra donna, magari la mattina del giorno del delitto. Melania che la incontra, che le offre la sua mano destra e poi sempre con quella va a giocherellare con l’anello sull’altra mano, creando così quel profilo genetico misto rilevato dall’autopsia. Un anello che per giunta, essendo da un po’ di tempo dimagrita, le stava proprio largo. Lo hanno raccontato spesso anche i suoi genitori.



Intanto i carabinieri puntano a ricostruire ora per ora, anche a distanza di tre mesi, tutte le mosse di Salvatore Parolisi nelle 48 ore che passano dalla denuncia della scomparsa della moglie al ritrovamento del cadavere. Il caporal maggiore del Reggimento Piceno sarà sicuramente chiamato a spiegare meglio non solo perché uscì dalla casa del suo amico Paciolla alle cinque del mattino del 20 aprile, poche ore prima, quindi, che Melania fosse trovata morta, nell’arco di tempo più plausibile per le ferite post mortem e la messa in scena della siringa infilata nel petto. Ma soprattutto perché decise di passare praticamente tutto il martedì, il 19 aprile, inspiegabilmente lontano dai riflettori delle ricerche, addirittura rintanato in caserma con la piccola Vittoria. Prima o poi Parolisi spiegherà anche perché decise di non andare a riconoscere il cadavere della moglie, di mandarci il fido Paciolla e il fratello di Melania al bosco delle Casermette, in una zona che lui conosce perfettamente perche è quella del poligono di tiro, delle esercitazioni con le sue soldatesse. Sembra un secolo fa, certo, quando Salvatore era ancora uno degli istruttori di soldatesse più apprezzati del Reggimento Piceno, reduce del Kosovo e dell’Afghanistan, scrupoloso e severo quel che bisognava essere. Perché oggi istruttore non è più: è stato relegato a un compito di scrivania, in attesa che tutto si chiarisca, se mai si chiarirà. La stessa scrivania che lo aspetta questa mattina al suo rientro da Napoli. Una sola buona notizia per lui: tornando da Frattamaggiore potrà recuperare a Roma la sua Renault blu, l’auto che guidava il pomeriggio della scomparsa della moglie, l’auto delle prime ricerche di Melania al pianoro di Colle San Marco. I carabinieri del Ris di Roma, che gliel’hanno sequestrata una settimana fa, hanno completato tutti gli esami. E non sembra che ne sia venuto fuori niente di particolarmente utile alle indagini.
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