I disboscamenti hanno
dato forza al virus Ebola

Massimiliano Ossini
Massimiliano Ossini
di massimiliano ossini*
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Giovedì 16 Ottobre 2014, 19:33 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 18:05
ANCONA - ​Il virus Ebola evoca paure ancestrali e visioni apocalittiche. In effetti l’umanità ha dovuto fronteggiare più volte nel corso della storia terribili “pandemie” che hanno decimato la popolazione. Molte di queste si sono originate come “zoonosi” cioè facendo passare l’agente patogeno dagli animali all’uomo. E’ stato questo il caso del comune raffreddore, ma anche la tubercolosi, l’Hiv, la peste, la salmonella e la Malattia di Lyme possono condividere questa origine. Secondo i ricercatori, il fattore che più contribuisce all'aumento delle nuove zoonosi nella popolazione umana è il contatto tra esseri umani e animali selvatici, che avviene in seguito alla colonizzazione di zone selvatiche con insediamenti umani a fini di sfruttamento massiccio delle risorse forestali o minerarie.

Allo stesso modo, la riduzione degli areali originari provoca il movimento di animali selvatici in aree antropizzate. Insomma deforestazione e sviluppo incontrollato di metropoli degradate in aree limitrofe a quelle selvatiche sono all’origine di questi fenomeni. Nel caso del virus Ebola l’ipotesi accreditata è che esso sia passato all’uomo perché gli operai impegnati nei disboscamenti si nutrivano di animali selvatici, in particolare delle “volpi volanti”, ospiti asintomatici del virus. In altri casi il passaggio ha interessato gli animali messi in allevamento intensivo in zone fino a poco prima selvatiche; in questo modo essi svolgono un ruolo di ospite amplificatore, consentendo quindi la trasmissione del virus agli allevatori.

Il punto principale che spiega l’attuale rischio è che nella preistoria gli uomini erano organizzati in piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori di non più di 100 individui, perlopiù isolati, che non entrando in contatto con altri gruppi permettevano una naturale “quarantena” che bloccava le infezioni attraverso la sopravvivenza dei soli individui immuni. Per sopravvivere, un patogeno deve rimanere infatti vitale nell'ospite per lunghi periodi di tempo, o avere un serbatoio non umano, un vettore, fino all’arrivo di un nuovo ospite.

*conduttore televisivo
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