Letta, sì alla fiducia e sfida a Grillo
"I Forconi non sono il Paese"

Alfano e Letta
Alfano e Letta
di Mario Stanganelli
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Giovedì 12 Dicembre 2013, 08:12 - Ultimo aggiornamento: 14:45
La fiducia che il governo ottiene alla Camera con 379 s contro 212 e al Senato con 173 a 127, Enrico Letta l’ha chiesta ieri al Parlamento in nome di un nuovo inizio del suo esecutivo, sottolineando la determinazione a lottare per evitare di rigettare il Paese nel caos. Un caos che sembra però serpeggiare nel Paese sulla protesta dei forconi, contro i quali il premier si scaglia: «Sono una piccola minoranza non rappresentano il Paese.



Quando il governo deve discutere - spiega Letta - affronta il problema con le categorie economiche di riferimento, con chi rappresenta il 90 per cento di quelle categorie. Se si viene a dire che quelli che manifestano rappresentano il Paese, io rispondo che non è vero, si tratta della piccola minoranza di una categoria economica. E - conclude il presidente del Consiglio - blandire le minoranze stravolge le regole della democrazia».



Dedicando tutta la prima parte del suo intervento alle Camere a chi «manca di rispetto a istituzioni», Letta si rivolge, pur senza citarlo espressamente, a Beppe Grillo. Cioè a chi «con parole e azioni figlie di una cultura politica che mette all’indice i giornalisti, avalla la violenza, vuole fare macerie degli edifici stessi della democrazia rappresentativa arrivando ad incitare all’insubordinazione le forze dell’ordine». Forze dell’ordine che, invece, il premier loda e ringrazia per «la loro fedeltà ai valori repubblicani». La reazione dei 5 Stelle non si fa attendere: deputati grillini tutti i piedi ad urlare contro Letta, mentre dai banchi del Pd gli si risponde gridando «fascisti, fascisti». Poco più avanti il premier ne ha anche, pur senza citarlo, per Silvio Berlusconi evocando la «necessità di archiviare un ventennio sprecato».



E contro tutti i populismi - Lega ovviamente compresa - Letta si rivolge nel passaggio del suo discorso riguardante l’Europa, intimando: «Chi vuole isolare l’Italia non voti la fiducia. Chi vuole conquistare consenso con il populismo antieuropeo non dia la fiducia al mio governo». E se dai grillini il premier viene ripagato con una bagarre d’aula, dagli azzurri gli arriva una pioggia di giudizi negativi aspramente negativi, tra cui spiccano quelli di Renato Brunetta che bolla il discorso di Letta «pessimo, arrogante, fuori dal mondo». Del raptus polemico del capogruppo di FI fa le spese anche il capo dello Stato che ha biasimato il ricorrente «frastuono di polemiche sempre dannatamente elettorali». «Per Napolitano - dice Brunetta - è una ”dannata moda“ invocare le elezioni. Ma perché dannata? Solo in realtà come quella sovietica le elezioni sono dannate».



Ma se un ventennio è stato «sprecato», oggi Letta guarda con fiducia a una situazione cambiata, anche in virtù di «una coalizione di governo diversa e più unita», che potrà consentire la definizione di un patto di governo, che il premier battezza «Impegno 2014». Per realizzare nei «18 mesi» che l’esecutivo si è dato a suo tempo riforme come la riduzione del numero dei parlamentari; l’abolizione delle Province; la fine del bicameralismo perfetto; la riforma del Titolo V della Costituzione; lo stop al finanziamento pubblico dei partiti e, certamente non ultima, una nuova legge elettorale». Il tutto accompagnato da robuste misure a favore del lavoro e da un ”semestre di presidenza italiana della Ue“ tutto «giocato in attacco» per promuovere la crescita.