Letta: no dimissioni né rimpasto
Fare presto per blindare l'esecutivo

Enrico Letta (foto Roberto Monaldo - LaPresse)
Enrico Letta (foto Roberto Monaldo - LaPresse)
di Alberto Gentili
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Martedì 3 Dicembre 2013, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 11:31
ROMA - Sarebbe ardito parlare di mossa anti-Renzi. Ma al segretario in pectore del Pd che aveva fatto sapere di avere bisogno di qualche giorno di tempo, Napolitano e Letta hanno risposto picche. La fiducia al ”nuovo governo” il Parlamento la voterà mercoledì 11, quando ancora a Renzi girerà la testa per il clamore delle primarie appena concluse. E probabilmente non sarà pronto per discutere, con piena cognizione di causa e pieno controllo del partito, del nuovo programma di governo e del ”Nuovo patto di coalizione”.



Al Quirinale spiegano che non è stata scelta una data più in là, perché Forza Italia premeva per avere il passaggio parlamentare già questa settimana. E a palazzo Chigi sostengono che la settimana dal 16 al 21 dicembre «è già super ingolfata»: «Bisognerà votare la fiducia sulla legge di stabilità alla Camera e lo stesso voto dovrà essere replicato in Senato per il via libera definitivo». «In più», aggiungono i collaboratori di Letta, «in quella stessa settimana è previsto un delicato passaggio sulle riforme costituzionali». Insomma, nessun dolo. Nessuna volontà di mettere Matteo Renzi in difficoltà. Ma è agli atti che il sindaco aveva chiesto più tempo e che gli è stato negato.



IL PATTO PROGRAMMATICO

Tanto più che dal voto di fiducia dell’11 dicembre, Letta vuole uscire «con un documento programmatico forte». E vuole incassare il sì di Renzi al ”Nuovo patto di coalizione”. Obiettivo: blindare il governo per almeno un anno e arrivare indenne alla fine del 2014, quando si chiuderà il semestre italiano di presidenza dell’Unione europea.



C’è da capire se Renzi avrà la forza, appena eletto segretario, di puntare i piedi. Di chiedere la sigla del ”Patto” in un secondo tempo, limitandosi a concedere un voto di fiducia sub judice. Oppure, per evitare di spaccare il partito, deciderà di far buon viso a cattivo gioco, provando a dettare durante questa settimana le sue proposte programmatiche.



Il premier fa sapere di essere «prontissimo ad ascoltare» le ricette renziane. «Del resto, da quello che è già uscito non c’è alcun problema. Le sue proposte sono le mie». A cominciare dal taglio dei costi della politica con la nascita del Senato delle autonomie e dal ”gigantesco” piano per il lavoro. «Piena sintonia» (al momento) anche sul versante europeo. Non a caso proprio l’11 dicembre Letta avrebbe dovuto svolgere alla Camera un discorso di presentazione del semestre italiano di presidenza. Dove avrebbe parlato, appunto, «di una nuova Europa più attenta alla crescita e assillata dal rigore». «Ma in Europa si può avere voce in capitolo solo se si hanno i conti in ordine».



«Non abbiamo paura di leader e di partiti forti», ripetono a palazzo Chigi, «anzi leader e partiti forti sono i benvenuti per realizzare ancora meglio le cose in programma». Così nei prossimi giorni, in vista del voto di fiducia e della stesura del patto programmatico, Letta avvierà il «giro di consultazioni» che aveva preannunciato. Con tutta probabilità vedrà Renzi, ma anche Gianni Cuperlo e Pippo Civati per una questione di galateo politico: «Fino a domenica nessuno ha vinto», dicono gli uomini del premier. E sicuramente incontrerà Angelino Alfano, Mario Mauro e Mario Monti, gli altri soci di maggioranza.



Letta, ieri sera al Quirinale, non ha dovuto battagliare con Napolitano per allontanare da sé l’amaro calice della dimissioni. Il capo dello Stato è convinto di aver già ”soddisfatto” le richieste di Forza Italia concedendo «il sollecito passaggio parlamentare» per sancire la fine delle larghe intese. E dunque non ha chiesto a Letta - decisamente contrario a questa ipotesi - di aprire la crisi e di presentarsi in Parlamento dimissionario. «Del resto sarebbe stato assurdo, il governo non è mai stato sfiduciato», dice un parlamentare molto vicino al premier, «in più le dimissioni avrebbero reso Enrico troppo debole e vulnerabile nei confronti di Renzi». Scenario cui anche il Colle è «fortemente contrario».



Bocciata anche l’ipotesi del rimpasto. «La squadra lavora bene così e così deve andare avanti», ripete Letta. Così il premier si dovrebbe limitare a «qualche costituzione chirurgica» dei sei sottosegretari di Forza Italia.